Mascherine all’aperto, lo stop è una farsa

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“Dal 28 giugno superiamo l’obbligo di indossare le mascherine all’aperto in zona bianca, ma sempre nel rispetto delle misure precauzionali stabilite dal Cts.” Così ha trionfalmente annunciato sulla sua pagina Facebook il ministro della Salute, il mortifero Roberto Speranza.

Ora, tralasciando il fatto inquietante secondo cui un ministro della Repubblica dà per scontata la facoltà al Comitato tecnico-scientifico di “stabilire misure obbligatorie”, analizzando il cambiamento nei dettagli facciamo fatica a rilevare la differenza rispetto all’attuale regime imposto dai talebani della mascherina.

Secondo il decreto ancora in vigore, infatti, l’obbligo di utilizzare questi molto presunti dispositivi di protezione all’aperto non sussiste quando, “per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto,  sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi.”

A partire invece dal 28 giugno non sarà più doveroso indossare le mascherine all’aperto, ma solo nelle cosiddette zone bianche. Tuttavia, si specifica a chiare lettere nel documento elaborato dal Cts, “in ogni caso il dispositivo di protezione individuale dovrà essere portato con sé per essere indossato nei luoghi all’aperto a rischio di assembramento.” In pratica secondo questi fenomeni, che si sono duramente confrontati per oltre due ore prima di giungere a questa impressionante svolta copernicana, quando non è possibile mantenere la minima distanza interpersonale di un metro, occorre rimettersi questa sorta di burka democratico sulla faccia.

Quindi, ci chiediamo, ma cosa diamine sarebbe cambiato rispetto a prima, quando per non indossare questo inverosimile feticcio sanitario bastava restare isolati dagli altri? Rimane l’identica costrizione di portarci appresso il medesimo feticcio e l’obbligo di utilizzarlo quando cessa la condizione di isolamento dal prossimo. In attesa che gli artefici di questo manicomio sanitario ci svelino l’arcano, segnalo che il Centers for Disease Control and Prevention, ossia l’agenzia governativa di controllo sulla sanita degli Stati Uniti,  ha recentemente divulgato un documento ufficiale in cui è scritto sulla pietra che le misure imposte sull’utilizzo all’aperto si sono basate su studi sbagliati e su stime completamente inesatte.

In una recente ricerca realizzata dall’ente irlandese che controlla la situazione epidemiologica nel Paese, su 232.164 casi esaminati solo 262, lo 0,1%, derivano da una trasmissione del virus in spazi aperti. Ci sono tuttavia anche molti autorevoli scienziati mondiali che ritengono ancora più bassa la percentuale di persone realmente contagiate all’aperto.

Ovviamente nell’Italietta dei burocrati virali col camice bianco, dei protocolli demenziali e delle misure magiche spacciate per verità scientifiche,  non c’è studio che tenga: il matrimonio forzato con la mascherina resterà fino a che morte non ci separi.

Claudio Romiti, 22 giugno 2021

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