Misteri e retroscena dell’esplosione a Beirut

11.8k 9
generica_porro_1-1200

Cosa abbia innescato, e alla presenza di quali sostanze, la potentissima esplosione, seguita da almeno altre due o tre esplosioni secondarie anche loro di grandissima potenza, che hanno distrutto il porto di Beirut e seriamente danneggiato alcuni quartieri limitrofi, non è chiaro e, probabilmente, la verità non la sapremo mai.

Sia la prima esplosione che quelle che sono seguite, le secondarie, sono state di una violenza tale che anche edifici più lontani sono stati parzialmente distrutti o seriamente danneggiati. Anche l’aeroporto, che dista 10 km di distanza dal luogo dell’esplosione ha riportato dei danni causati da detriti ricaduti nell’area aeroportuale.

Nella serata di ieri, prima ancora che si conoscesse la portata delle perdite in vite umane e il numero dei feriti, molti dei quali non sono stati neanche accettati dagli ospedali perché saturi, era già partita la protesta dei cittadini che oltre a chiedere aiuto esortavano i politici a non raccontare storie strane come l’asserire che quello saltato fosse un magazzino di fuochi d’artificio.

A rafforzare l’idea che il deposito saltato contenesse armamenti arrivati via mare o via aerea dall’Iran è chefin dai primi minuti dopo le esplosioni i militanti di Hezbollah si sono subito mossi per chiudere ai media la zona colpita. Non è un segreto che negli ultimi anni la città sia stata trasformata da Hezbollah in una santabarbara, e proprio nei giorni scorsi c’erano stati alcuni articoli che rivelavano la presenza di rampe di lancio missili di fabbricazione iraniana, puntate verso Israele, nascoste fra la popolazione civile.

Il 13 luglio scorso Anna Ahronheim sul Jerusalem Post, rivelava che erano stati scoperti almeno 28 siti di lancio di missili appartenenti a Hezbollah, siti che erano stati posizionati nel mezzo di aree civili di Beirut. Notizia questa poi confermata da un rapporto dell’Alma Research and Education Center, un centro dedicato alla ricerca e sensibilizzazione sulle sfide alla sicurezza che Israele deve affrontare ai suoi confini settentrionali.

La ricerca rivelava che i siti sono concentrati principalmente nelle aree di Beirut dominate da Hezbollah e sono collegati alla produzione, allo stoccaggio e al lancio di missili a medio raggio del gruppo Fateh 110/M600, gli stessi che sono al centro del progetto missilistico a guida di precisione portato avanti da Hezbollah. Tal Beeri, capo del Dipartimento ricerca presso il Centro Alma, in una sua dichiarazione ha esortato il mondo a capire che questi siti di lancio, situati nel cuore delle infrastrutture civili e urbane, sono la prova che Hezbollah usa la popolazione di Beirut come scudi umani e non esita a posizionare i suoi siti di lancio vicino a edifici pubblici, istituti scolastici, fabbriche e altro. Tattica questa ormai in uso da anni e che non viene mai denunciata all’opinione pubblica.

È evidente che il movimento sciita abbia molto da nascondere anche perché dai colori del fumo salito verso il cielo dopo le deflagrazioni si capisce che quelli detonati sono diversi tipi di esplosivi, esplosivi che generalmente sono mescolati all’interno delle testate dei missili. Anche se al momento la versione ufficiale, alla quale è difficile dare credito, rimane quella dell’esplosione di un magazzino che conteneva 2750 tonnellate di nitrato di ammonio sequestrate da più di un anno.

Nonostante il governo israeliano abbia immediatamente dichiarato di non essere in nessun modo coinvolto in queste esplosioni ed abbia offerto i suoi ospedali per curare una parte dei feriti, alla fine, e dopo le più disparate spiegazioni del governo libanese e anche di Hezbollah, le accuse a Israele stanno arrivando e questo, dopo il disastro di cui siamo stati testimoni, potrebbe portare ad altre e più gravi conseguenze, soprattutto dopo le minacce nel 2006 di Hassan Nasrallah, il capo di Hezbollah, dove disse di voler colpire i serbatoi di nitrato di ammonio di Haifa nel nord di Israele creando un effetto bomba atomica.

Identica cosa che è successa ieri a Beirut, il vecchio discorso di 14 anni fa oltre ad essere stato profetico al contrario, è diventato ieri il grido del popolo di Beirut. Intanto il Capo di Stato Maggiore dell’esercito israeliano ha messo in stato di massima allerta tutti i confini al Nord di Israele, sia con il Libano che con la Siria, anche perché l’esplosione di Beirut è avvenuta dopo giorni di tensione e scontri che, almeno per il momento, sono rimasti limitati.

Difficile a questo punto fare previsioni sia a breve che a lungo termine, l’unica cosa certa è che la tragedia di ieri ha cambiato le carte sul tavolo mediorientale e la speranza è che i libanesi colgano l’occasione per liberarsi dei proxy iraniani e si avviino verso una politica di pacificazione interna e con Israele.

Sperare che da un disastro nasca una cosa buona non è vietato e non costa nulla.  

Michael Sfaradi, 5 agosto 2020

Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version