Navi, soldati, F35 in assetto ‘combat ready’: così l’Italia si prepara alla guerra

La crisi in ucraina mobilita anche le nostre truppe. Tutti i numeri del nostro coinvolgimento

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di Giancarlo Maria Palombi

“L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, l’articolo 11 della Costituzione, quella “più bella del mondo” come amano definirla spesso gli intellettuali di sinistra, è chiaro: il Tricolore sventola solo sulle missioni di pace, mai nei conflitti. Eppure in questa complessa crisi bellica tra Russia e Ucraina, il nostro Paese è più che coinvolto. In modalità ‘unofficial’, si direbbe. D’altra parte durante i venti anni di Guerra fredda tra Stati Uniti e Urss nessuno di noi poteva mai immaginare che la più grande base Nato per le operazioni in caso di conflitto nucleare si trovasse, operativa e in funzione, proprio sotto il nostro sedere, a 20 metri di profondità nel cuore di una collina della provincia di Caserta in Campania: nome in codice ‘Proto’. Abbandonata in fretta nel 1996, la base è ancora lì a ricordarci che la guerra si combatte anche, e soprattutto, senza farne propaganda. Oggi la situazione non è poi così cambiata. Chi immagina che la crisi ucraina sia distante da noi e ci veda al riparo da eventuali azioni sensibili dovrebbe tenere a mente un po’ di numeri.

Mille. È il numero dei soldati di fanteria dell’Esercito italiano, 250 alpini e 750 bersaglieri che sono già schierati lungo il confine in Lettonia. Un contingente che conta la presenza di cinque carri armati Ariete, autoblindo Centauro e carri leggeri Lince.

Quattro. Sono gli aerei F35 in assetto ‘combat ready’, cioè pronti al combattimento, di stanza in Romania che da settimane sorvolano i cieli lungo il confine. All’aeroporto di Costanza sono stati trasferiti d’urgenza 140 avieri italiani.

Quattordici. È il numero di ‘scramble’, cioè di interventi di emergenza per rischio attacchi effettuati dai caccia della nostra Aeronautica.

Tre. Sono invece le unità della Marina Militare in navigazione, ufficialmente per esercitazioni nel Mediterraneo davanti alle coste di Cipro, in appoggio alla Sesta flotta navale Usa.

Ci sono poi le numerose basi Nato presenti sul territorio italiano e in massima operatività e allerta, da Sigonella – aeroporto di partenza dei droni che da 15 giorni sorvolano il Donbass – a Pisa dove un gruppo di 250 soldati italiani sotto le insegne Nato (in gergo un ‘battle group’) è già pronto a salire su C-130 Hercules e su C-27 Spartan della 46a aerobrigata destinazione: Polonia e Romania.

Un ultimo numero, quello forse che desta maggiore interesse, è il 4. Esiste una scala di valutazione del pericolo di guerre e conflitti con uso di armi nucleari. Un parametro internazionale che abbreviato si scrive sugli atti come ‘Defcon’, Defense condition. Una scala che parte da 5, situazione di pace, e arriva a 1 che rappresenta il coinvolgimento in un conflitto internazionale. Da gennaio l’Italia è in ‘Defcon4’, un livello d’allerta che prevede la mobilitazione di servizi segreti e aumento delle misure di sicurezza, certificato proprio in quei giorni in cui gli italiani assistevano al balletto delle schede bianche per l’elezione del Presidente della Repubblica. L’Europa è in ‘Defcon3’.

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