Netanyahu non vince, ma è ancora vivo. Che succede in Israele

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La risposta uscita dalle urne israeliane della consultazione elettorale di ieri è lo specchio preciso della situazione reale della società da almeno una decina d’anni, situazione che chi vive in Israele affronta giorno per giorno. L’elettorato fisso di centro destra, lo zoccolo duro fedele al Premier Netanyahu, non ha smentito se stesso ed ha riconfermato il Likud come partito rappresentativo della destra democratica e una delle maggiori forze politiche israeliane. Il partito di Lieberman, formato in prevalenza dalla popolazione di origine russa, ha visto premiata l’intransigenza del suo leader che non solo ha fatto di tutto per far cadere il vecchio governo, ma, dopo le elezioni di aprile 2019, è stato anche in grado di far saltare gli equilibri e riportare gli israeliani alle urne nel giro di pochi mesi.

Lieberman vorrebbe trasformare Israele, che nasce come stato ebraico, laico, ma con forte senso di appartenenza al popolo che lo ha creato e alle sue tradizioni millenarie, in una nazione dove il senso di tutto ciò che ha caratterizzato Israele dalla sua fondazione venga stravolto. È chiaro che anche se ora può godere di un successo iniziale dovuto a un malessere sociale, perché si sa che il sociale e il politico da sempre camminano a braccetto, alla lunga si scontrerà con i più tradizionalisti che vedono nella totale laicizzazione dello Stato la fine di Israele come Nazione Ebraica faro dell’ebraismo mondiale. Visto quello che succede nel mondo la recrudescenza dell’antisemitismo che sta toccando i record che si registrarono alla vigilia della seconda guerra mondiale, il tempismo per mettere in cantiere certe politiche è sicuramente sbagliato e Liberman, a meno di grandi stravolgimenti, lo capirà presto a sue spese.

D’altro canto i risultati delle urne hanno fortemente ridimensionato il potere dei partiti religiosi che non sono più l’ago della bilancia e, necessariamente, dovranno fare un passo indietro limitando le loro richieste che negli ultimi anni sono state oggettivamente esagerate. I cittadini arabo israeliani, che sono il venti per cento della popolazione totale di Israele, sono riusciti a far diventare la loro lista, nelle passate elezioni hanno corso più liste di rappresentanti arabo israeliani, la terza forza del paese. Ciò nonostante, vista la vicinanza e fratellanza che larghi strati della popolazione araba ha palesemente manifestato con le organizzazioni palestinesi Fatah e Hamas, da sempre in guerra con Israele, sfiorando e a volte superando il limite del tradimento, questa lista difficilmente potrà svolgere un importante ruolo politico all’interno del parlamento democratico di una nazione che, nonostante garantisca alla popolazione arabo israeliana una libertà e un benessere economico senza eguali in Medioriente, in troppi vorrebbero distruggere.

Considerando l’attuale situazione qualsiasi altro partito dell’arco costituzionale facesse un’alleanza con la lista araba verrebbe visto dalla maggioranza degli israeliani come traditore. Questo non toglie, anzi è auspicabile, che nel caso di un cambiamento della società araba israeliana nei confronti della nazione la situazione potrebbe cambiare con beneficio per tutti. Poi c’è il partito Blu e Bianco di Benny Gantz, come già detto l’unione di tre forze politiche che nasce per abbattere Netanyahu, sia Gantz che Lapid, l’altro leader, non ne fanno mistero, che anche se hanno ottenuto un buon successo non hanno un numero sufficiente di rappresentanti in Parlamento per permettergli, anche con alleanze strane, di raggiungere la maggioranza.

Pertanto, a meno che il presidente Rivlin non decida una terza tornata elettorale, e sarebbe davvero un’esagerazione, i vincitori- sconfitti, Gantz e Netanyahu, insieme a Liberman, nuovo ago della bilancia, dovranno fare un passo indietro e creare un governo di unità nazionale. Ma non è tutto, considerando gli importanti appuntamenti ai quali Israele non può mancare, per esempio il Presidente Trump aspetta di sapere con chi parlare a Gerusalemme prima di rendere pubblico il suo piano di pace, dovranno sedersi uno accanto all’altro e, per il bene della nazione, far finta di sopportarsi.

Michael Sfaradi, 18 settembre 2019

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