(Non) lasciate perdere Fedez

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Non occupatevi di Fedez, occupatevi delle cose serie. Ma Fedez è una faccenda seria: non certo in quanto tale ma per quello che ha intorno, dietro. Intanto ha un partito disperato, il Pd che cavalca i balletti di questi ragazzotti arricchiti, questi rapper o trapper che girano in Lamborghini a tirar buste coi soldi, non loro, ai mendicanti mentre si riprendono: questo non è un affare serio? Non lo è prendere atto della deriva ideale di un partito che resta ideologico ma senza più riferimenti credibili? Fedez straparla del decreto Zan facendolo passare per una garanzia di pluralismo democratico quando è tutto l’opposto, è la quintessenza della norma liberticida: non è serio, non è grave? E non è il caso di dirlo, magari invitando gli esaltati e gli ingenui a leggerselo questo famigerato decreto? Fedez, cantante in disarmo – è finito a Sanremo dopo anni che disprezzava il Festival – pretende e ottiene carta bianca alla diretta della liturgia sindacale, il concerto del primo maggio mai così ipocrita e insopportabile, ma non parla dei diritti dei lavoratori, è lì per la propaganda che piace al segretario piddino Letta, quella di grana grossa contro Salvini, contro la Lega, accusati di essersi intascati i soliti 49 milioni, cioè di essere dei ladri a man salva; e Salvini non lo denuncia, gli propone un caffè, gli mendica un incontro considerandolo degno di stima umana e artistica. Come fai a far finta di niente?

Testimonial Amazon

Ovviamente Fedez, testimonial di Amazon insieme alla moglie “imprenditrice digitale”, cioè influencer dei selfie, non si sogna di spendere una parola per le maestranze di Amazon che denunciano condizioni da prima rivoluzione industriale. E si potrebbe continuare: l’icona contestatrice del regime, il rivoluzionario coi carabinieri, prima fa una canzone dove offende pesantemente Tiziano Ferro che non nasconde la sua condizione gay, poi conciona contro i discorsi d’odio che il decreto Zan dovrebbe stroncare. Una disinformazione colossale, insopportabile: non è urgente, non è a suo modo importante, cioè non esce dal gossippaio autoreferenziale per entrare nello zeitgeist? A questa stregua, smettiamo anche di occuparci di Scanzi e delle sue fobie vaccinali.

Arma di distrazione di massa

Lasciate perdere Fedez, parlate delle cose urgenti. Come lo scandalo nello scandalo della magistratura che si tiene stretta i dossier su mezzo Paese e all’occorrenza investe il capo del Csm, ossia quello dello Stato, che non fa una piega; come il coprifuoco senza ragioni e senza limiti che ha ucciso quel lavoro per il quale i menestrelli di regime s’improvvisano prefiche. Sì, tutto giusto, ma come non vedere che le cose sono collegate? Se Fedez serve come specchietto per le allodole, non significa forse che le vicende torbide stanno tutte nello stesso vado di Pandora? Chi è che avrebbe interesse a dirottarle dalla pubblica opinione? La sinistra di potere, il Pd che vedi caso ha la coda di paglia ogni volta che si tira in ballo la magistratura e il lockdown e vedi caso colonizza le figurine della sottocultura pop un po’ ridicole e un po’ inquietanti, i Fedez, gli Achille Lauro, non bastandogli più quelle invecchiate della Mannoia e dei Modena City Ramblers. Ma parlare di questi è anche parlare degli scandali a matrioska, degli insabbiamenti, delle presunte logge Ungheria, sorta, secondo il magistrato Cantone, di P2 riveduta e corretta.

Allora non diciamo che le cose sono staccate, non diciamo che occorre parlare di queste non di quelle; diciamo che è il caso di parlare di tutto perché tutto è collegato, prova ne sia che i Fedez e i menestrelli militanti hanno cura di non toccare mai i fili scoperti: accusano “la fine del lavoro” ma non chi ha fatto finire il lavoro, quel poco che restava prima della pandemia; lanciano strepiti da cornacchie contro il capitalismo, ma si guardano bene dall’attaccare il capitalismo di Stato che, sul modello cinese, il ministro Speranza vorrebbe introdurre a botte di autoritarismo chiamandolo “nuova egemonia”.

Ma no, diciamolo invece che questa specie di libertari è improbabile quanto tetra; che fa sorridere ma fa anche un po’ spavento perché tradisce il solito inguaribile virus della sinistra per cui simili zdanoviani lavorano visto che li fa lavorare: la prepotenza, l’odio mascherato da rispetto, l’incoerenza virtuosa, la censura sistematica. E che proprio il Fedez si lamenti della censura è un altro fatto, grottesco, di cui prendere nota. È stato fatto osservare che la destra è in miserabile ritardo nelle strategie di comunicazione specie quelle rivolte ad un possibile elettorato giovanile: giustissimo, ma se così è, se questo è rimarchevole, allora va altrettanto analizzata la strategia opposta, di una sinistra che usa i giovani cafoni arricchiti per appiattire qualsiasi dialettica.

Fedez è uno che, con l’aura del Che Guevara, tuona per il diritto di smaltare le unghie di suo figlio treenne e poi lancia una linea di smalti, quanto a dire il talento di fare soldi senza scrupoli e senza rimorsi; che la sinistra uno così lo adotti a modello non sarebbe notevole, non sarebbe discutibile?

Max Del Papa, 3 maggio 2021

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