Occhio al trappolone per far fuori Salvini

Con gli occhi puntati sulla guerra in Ucraina, rischiamo di dimenticare i referendum sulla giustizia

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La guerra in Ucraina probabilmente non giungerà presto a conclusione. E comunque le tematiche della sicurezza europea, dei nostri rapporti con le ambizioni imperialistiche di Putin e delle conseguenze economiche e geopolitiche del conflitto terranno ancora banco per vari mesi.

Il rischio di oscurare i referendum

D’altronde, nei media la guerra ha sostituito il Covid come elemento catalizzatore dell’interesse, a discapito di ogni altra notizia che viene relegata in un angolino o addirittura oscurata. Ed oggi, nell’epoca del mondo ridotto alla sua immagine, per citare il celebre filosofo, non far vedere una cosa è in sostanza non farla esistere. In particolare, rischia di non esserci quel sano dibattito democratico e di opinione pubblica, in cui noi ingenuamente avevamo sperato, sulle problematiche del più grande male italiano, cioè quello della malagiustizia, non sempre e da tutti percepito come tale né correttamente inquadrato.

Quando si vota sulla malagiustizia?

Lo avevamo auspicato il dibattito come necessario accompagnamento della campagna elettorale sui referendum promossi da Lega e Radicali, che dovranno svolgersi in una data (non ancora fissata) compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno prossimi. E come propedeutico, ovviamente, al raggiungimento del quorum e all’esito positivo degli stessi. Un esito non scontato in partenza, già in situazioni normali, sia perché i referendum in genere non hanno un appeal presso l’elettore, e direi soprattutto in un momento di crisi della partecipazione politica come l’attuale, sia perché le pulsioni giustizialistiche nel loro semplicismo sono nel nostro Paese molto forti e possono essere smontate solo con la riflessione e il ragionamento.

Rischio trappolone per Salvini

La bocciatura dei referendum su suicidio assistito e legalizzazione della cannabis cooperano da parte loro al rischio del non raggiungimento del quorum, visto che le loro tematiche erano molto divisive e appassionanti per un vasto pubblico che considera invece erroneamente troppo tecniche e asettiche le questioni messe in gioco dai referendum sulla giustizia, Ovviamente, una situazione del genere, cioè di oscuramento mediatico e sostanziale delle ragioni del voto, non può che essere agevolato da quelle forze politiche, segnatamente il Partito Democratico, per cui al primo posto non ci sono gli interessi del Paese ma l’isolamento, la delegittimazione e l’eliminazione dell’avversario politico. Che ieri era Silvio Berlusconi e oggi risponde al nome di Matteo Salvini. Il quale, avendo gettato come al solito il cuore oltre l’ostacolo, si è esposto anche questa volta in  prima persona e si è intestato politicamente questa battaglia liberale e di civiltà.

Tanto più necessaria visto che governo e parlamento, sotto ricatto della lobby della magistratura politicizzata, non riescono a legiferare con l’incisività dovuta e richiesta dai fatti (si pensi solo alle perversioni denunciate da Alessandro Sallusti e Luca Palamara nei loro libri). Non per fare chissà cosa ma solo per adeguare il nostro sistema giudiziario ai comuni standard dei Paesi democratici.

Insomma, quello che si presenta all’orizzonte è un vero e proprio, ed ennesimo, “trappolone” per il leader della Lega. Che però, se riuscisse, costituirebbe un danno non irrilevante per l’intero Paese, che rischia di confermarsi irriformabile e quindi destinato a un sicuro declino e ad una ulteriore deriva illiberale. Forse è l’ultimo treno che ci si presenta. E il mio non vuole essere che un appello a tutti i liberali e agli uomini di buona volontà a non lasciare soli Salvini e i radicali in questa battaglia decisiva per la nostra libertà sostanziale.

Corrado Ocone, 13 marzo 2022

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