Olimpiadi, come la Rai ci disinforma sul Covid

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In questi giorni di passione sportiva, dominati dalle Olimpiadi di Tokio, prosegue senza soluzione di continuità la propaganda del terrore sanitario sulle maggiori emittenti televisive del Paese. Tra queste, in lizza per la medaglia d’oro sul piano della disinformazione, spicca ancora una volta mamma Rai, la quale anche dal Giappone impone ai suoi inviati speciali di esibirsi con tanto di mascherina di ordinanza all’aperto, probabilmente con il solito intento demagogico di dare il buon esempio.

Così come ha fatto, mercoledì scorso per il Tg1 delle 13,30, il buon Marco Clementi il quale, oltre a presentarsi in splendida solitudine davanti alla telecamera regolarmente mascherato in quel di Kioto, è stato autore di un resoconto tra lo sportivo e il sanitario che potremmo benevolmente definire surreale. Roba da guinnes dei primati, tanto per restare in tema di performance agonistiche. Riprendendo quanto riportato da una sua collega in collegamento dalla Capitale nipponica, il nostro ci propina un discorsetto giornalisticamente memorabile, che riportiamo testualmente: “Di Olimpiadi vi devo raccontare di altre imprese, come il nuovo record del mondo dei 400 metri femminili; dopo quello di ieri nei 400 ostacoli maschili. Vi devo raccontare però anche purtroppo il nuovo record di casi di Covid a Tokio: pensate 4.166 positivi in un giorno, e in tutto il Paese sono 14.207, nonostante lo stato d’emergenza.”

Tutto ciò, occorre sottolineare, Clementi lo ha espresso con un tono caratterizzato da profonda afflizione, dando l’idea ai telespettatori più propensi a bersi le pozioni tossiche del giornale unico del virus che queste poche migliaia di contagiati fossero quasi sulla soglia dell’obitorio. Ora, senza dilungarmi oltre circa la poetica di questo illustre esponente del servizio pubblico televisivo, vorrei limitarmi a citare alcune cifre, sperando che in viale Mazzini ci sia ancora qualcuno in grado di leggere i numeri in modo corretto.

Il Giappone, con una popolazione oltre due volte quella italiana (circa 126 milioni di abitanti contro i nostri poco più di 60 milioni), registra 15.232 morti con il Covid-19, mentre il Belpaese ha superato i 128.000 decessi. Inoltre, elemento che la nostra informazione finanziata col canone non ci dice,  questa enorme differenza tra le due nazioni diventa apparentemente inspiegabile, adottando la visione ristretta dei chiusuristi ad oltranza, se consideriamo che la Costituzione giapponese proibisce in modo assoluto ogni forma di lockdown. Tant’è che solo a livello locale è stato possibile adottare qualche blando provvedimento di contrasto alla diffusione del virus.

Ma forse, analogamente a quanto accaduto in Svezia, la chiave di tale differenza potrebbe risiedere proprio in una maggiore diffusione del contagio tra le persone meno fragili della popolazione, soprattutto nei mesi caldi, in modo tale da raggiungere quella sorta di immunità di gregge che noi, nonostante i vaccini, siamo ancora ben lontani da ottenere.

Sta di fatto che, alla fine di questa catastrofe molto auto inflitta, qualcuno ci dovrà spiegare per quale motivo il Paese che ha imposto ai suoi cittadini le misure più restrittive registra danni ben superiori rispetto a chi tali misure ha adottato solo in minima parte.

Claudio Romiti, 5 agosto 2021

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