“Parigi bombardata”. Attenti al messaggio del video ucraino

Spunta un video che mostra le città occidentali sotto le bombe. Può portare alla terza guerra mondiale?

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Bisogna stare attenti a giocare col fuoco. Attenti a inviare armi all’Ucraina, come spiegato da Toni Capuozzo oggi in un’intervista. Ma attenti anche alla propaganda, alla reazione emotiva, a farsi guidare dalla rabbia per i civili uccisi a Kiev. La guerra è una cosa seria, nasce da gesti se volete criminali (l’invasione di Putin) e poi si propaga come un virus. È un domino fatto di azioni e reazioni, difficilmente controllabile. Escalation, in una parola.

In queste ore sta facendo il giro del mondo un video dal forte impatto mediatico e dal possibile effetto tragico. Si vede una ragazza in posa vicino alla torre Eiffel a Parigi: sembra una normale domenica da turisti, improvvisamente rotta da un bombardamento aereo. Bambini che piangono, monumenti che cadono, caccia russi che sfrecciano nei cieli francesi, l’inferno della guerra nel cuore dell’Europa. È così realistico da sembrare vero. Invece si tratta di un filmato realizzato con le tecniche dei videogiochi, prodotto da chissà chi ma sicuramente pubblicato dal ministero della Difesa ucraino su Twitter per “spingere” l’Unione Europea a realizzare la “No Fly Zone” richiesta da giorni da Volodymyr Zelensky. “Pensate se succedesse in un’altra capitale europea”, si legge nel messaggio finale che riporta una frase del presidente ucraino. “Combatteremo fino alla fine. Dateci una chance di vivere. Se cadiamo noi, cadete anche voi”.

Il video è efficace. E anche il messaggio che invia. Chi di noi potrebbe esimersi dall’aiutare gli ucraini che vogliono resistere? Perché abbandonarli a loro stessi? “Chi si difende dall’aggressione ha bisogno degli strumenti della resistenza”, gridano gli interventisti. Vero. Però, come dice Capuozzo, “passare armi a Kiev non cambia le sorti del conflitto, e accresce il rischio di coinvolgimento, dopo che i convogli sono stati definiti obbiettivo militare”. Attuare la No Fly Zone significa esporsi al rischio di abbattere un caccia russo. A quel punto Mosca reagirebbe, metterebbe in atto una “ritorsione adeguata” che a sua volta provocherebbe una “ritorsione adeguata” della Nato. Un domino, appunto. Se potete, andatevi a leggere l’ultimo libro di Ken Follet “Per niente al mondo”: un assaggio incredibilmente veritiero di come, a forza di ritorsioni, si arriva al conflitto atomico. “Il clima informativo, politico, culturale è quello di una escalation”, dice Capuozzo. E l’escalation significa guerra. Magari guerra nucleare. Dove nessuno può vincere. E a milioni rischiano di morire.

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