Per un presidente è meglio un solo mandato

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L’esito a dire poco controverso e sorprendente, avversato dai media, dai poteri forti, perfino da non pochi repubblicani storici delle elezioni del 2016 – come ho già ricordato – mi aveva portato nei giorni precedenti l’Insediamento di Donald Trump (fissato al 20 gennaio 2017) a scrivere che una buona idea avrebbe potuto essere annunciare nella circostanza l’intenzione di restare in carica un solo mandato, assicurando che non avrebbe sollecitato una seconda nomination per il 2024. Annuncio promessa che avrebbe assai fortemente stemperato polemiche e contrasti.

A parte le ovvie considerazioni contingenti, mi portava all’idea la conoscenza del pregresso storico e di una oramai antica proposta del vecchio e scomparso partito Whig, negli anni Trenta/primi Cinquanta del trascorso Ottocento attivo e a volte (due, nel 1840 e nel 1848) vincente.
(Va qui riportata una opportuna è molto vicina al vero considerazione: il Presidente Usa in realtà, se forte e fortunato, governa di sua impronta, volontà e scelta al massimo i primi diciotto mesi del primo incarico. Dopo, è condizionato dalle vicine Mid Term, dai doveri nei confronti del partito e dalla seconda sempre più prossima campagna. E storicamente sarà assai meno brillante e produttivo se confermato).

Orbene, tornando a noi, non davvero molti – pochi e tutti antichi – i Presidenti capaci di impegnarsi in questa maniera e poi conseguenti. Peraltro – ecco la motivazione del suggerimento – per quanto per definizione “minori”, alcuni fra loro, giustamente bene trattati dagli storici. (Va qui detto che i Vice subentrati mortis causa nel secolo diciannovesimo – John Tyler con qualche tormento, Andrew Johnson, Chester Arthur – non intesero riproporsi dopo avere concluso il percorso riservato in origine al predecessore. Con la parziale eccezione di Millard Fillmore che inutilmente lo fece, ma quattro anni dopo l’uscita da White House. Fu Theodore Roosevelt, succeduto all’assassinato William McKinley, nel 1904 a decidersi vincendo, in seguito imitato da Calvin Coolidge, Harry Truman, Lyndon Johnson e – situazione particolare perché non era stato eletto neppure come Vice ma subentrato per l’applicazione di uno specifico Emendamento del 1967 – Gerald Ford, il solo sconfitto).

Il primo da ricordare fu James Polk, in carica dal 1845 al 1849. Il secondo non Franklin Pierce, come potrebbe sembrare, perché fu sconfitto nel cercare la nuova investitura nel Congresso dem del 1852. Pertanto, James Buchanan, che lasciò l’Executive Mansion dichiarandosi felice di farlo. Terzo, Rutherford Hayes (1877/1881), personalmente avverso alle rielezioni. Tornando ai whig, nel loro programma elencavano una riforma costituzionale per limitare ad uno soltanto il mandato dei Capi dello Stato ai quali doveva essere vietata la ricandidatura. (Non si tratta ovviamente della determinazione alla quale si è arrivati nel 1951 attraverso l’Emendamento che impedisce una terza elezione).

Scherzando (si può in tema di morti?), ho più volte sottolineato che sia William Harrison che Zachary Taylor, i due eletti di quel dimenticato movimento politico, al fine di dare concreto seguito alla proposta, morirono in corso di mandato! Così è andato il mondo.

Del tutto oppostamente si è comportato Trump annunciando proprio nel momento cruciale che si sarebbe ricandidato assolutamente. Così vanno le cose oggi.

Mauro della Porta Raffo, 25 novembre 2020

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