Perché alla fine comanda sempre il Pd

Dal 2011 la sinistra al potere senza mai vincere le elezioni. E ha il monopolio sul Colle

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Ci sono due circostanze della politica italiana che hanno grande importanza ma non sono quasi mai citate. La prima è l’esclusiva sulla Presidenza della Repubblica che vanta la sinistra: dal 1992, cioè da un trentennio, un tempo lunghissimo in politica, il Quirinale è abitato da un esponente del Pd (Mattarella, Napolitano) o da un amico degli eredi Pci (Ciampi e, quasi inaspettato, Scalfaro). La seconda circostanza, solo in apparenza scollegata dalla prima, è la permanenza dal 2011 in maggioranza o al governo del Pd (fa eccezione il Conte 1 gialloverde) che nel periodo non ha mai vinto un’elezione nazionale (quella del 2013 fu, come disse Bersani, “una non-vittoria”).

Il lungo dominio della sinistra

Entrambi i fatti sono segnalati con onestà intellettuale da Francesco Cundari su Linkiesta (quotidiano on line orientato a sinistra) del 18 novembre. Interessante è anche la spiegazione del fenomeno che viene considerato effetto di abilità tattica, di grande “capacità di adattamento”. Cundari ammette che si tratta di “un’interpretazione molto benevola” anche perché il gioco di prendere pochi voti e pesare molto nel governo del Paese dura in realtà, come dice l’autore stesso, da trent’anni: l’unica vera vittoria della sinistra si ebbe nel 1996 quando, per la divisione del centrodestra, la Lega corse da sola (il successo del 2006, appena 24.000 voti di scarto, fu confinato alla Camera e non fu esente da ombre).

Quella che richiama Linkiesta è una circostanza storica di grande importanza sia per la durata sia per l’eccezionalità che non trova riscontri in altre nazioni dell’Occidente: concerne la struttura del nostro sistema politico e forse modifica l’interpretazione vigente della seconda Repubblica (di cui la legislatura nata nel 2018 è solo la prosecuzione in forma di agonia). In breve: la lunga epoca politica che nasce con Mani Pulite è dominata dalla sinistra che sopravvive e si consolida nei gangli del potere anche durante i nove anni dei governi Berlusconi (bravissimo nel fare campagne elettorali e molto lettiano nell’esercitare il comando). Per questo la spiegazione dell’abilità tattica è certo benevola, ma anche riduttiva: per i fenomeni di struttura non basta la citazione di eventi congiunturali.

I solidi legami degli eredi del Pci

Per rendere conto del resistente successo di potere degli eredi Pci bisogna almeno ricordare due fattori profondi.

1. Il primo è la ratifica che il Pds-Ds ottiene, con Mani Pulite, quale elemento fondante e affidabile (anche sul piano internazionale) del nuovo sistema politico in via di turbolenta costituzione: l’eclatante novità Berlusconi è, per ciò che riguarda gli assetti di poteri, una breve e innocua parentesi nella sequenza dei governi Amato, Ciampi, Dini, Prodi. In quanto unico partito di riferimento, per di più con una storia non breve di rapporti e interessi condivisi, gli eredi Pci intrecciano solidi legami con la dirigenza pubblica e le maggiori imprese private – un mondo variegato che si muove in sincronia e che li elegge di fatto come propri rappresentanti.

Siamo negli anni di Clinton e Blair quando la sinistra crede che, dopo lo sfaldamento sovietico, la storia stia per finire con il trionfo liberale propiziato dal boom della finanza, dall’espansione globale dei mercati e dalla conversione capitalista della Cina. La situazione non cambia neppure dopo la netta vittoria elettorale di Berlusconi nel 2001: il centrodestra ha pochi e faticosi rapporti internazionali, è in perenne scontro con la magistratura e non riesce a conquistarsi una solida patente di affidabilità.

2. Il secondo fattore che spiega l’inossidabile permanenza al potere del Pd è l’espansione del perimetro d’azione che, con varie e intermittenti modalità, esprime la Presidenza della Repubblica. Nel progressivo indebolimento del sistema dei partiti l’indirizzo che proviene dal Quirinale, appannaggio stabile del Pd e predecessori, diventa sempre più rilevante e incisivo. Ciò, all’apparenza, può configurarsi come un evento stabilizzante: in realtà per il suo carattere monotematico e la sua poca determinazione in termini costituzionali, rischia di ingolfare la dinamica politica confermando solo la centralità di fatto del Pd. Per questo interrompere, nell’appuntamento del prossimo gennaio, l’esclusiva sul Quirinale è un impegno fondamentale.

Antonio Pilati, 20 novembre 2021

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