Perché dobbiamo tifare Trump

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Sopraffatti dal dibattito interno e dall’emergenza sanitaria che sta lasciando giorno dopo giorno spazio a una nuova emergenza di carattere socio-economico, dimentichiamo di osservare cosa accade al di fuori dei nostri confini nazionali senza prestare la dovuta attenzione a un appuntamento epocale come le elezioni degli Stati Uniti.

Usa, potenza mondiale

Il risultato delle presidenziali del 3 novembre avrà conseguenze globali ancor più profonde rispetto alla tornata elettorale che nel 2016 sancì la vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton rivoluzionando lo scenario politico statunitense. Dal dopoguerra in avanti, l’elezione del presidente degli Stati Uniti sancisce lo svolgimento della politica estera globale, un ruolo che ha acquisito un potere ancor più determinante dopo la caduta del muro di Berlino e il crollo dell’Urss.

La crescita della Cina negli ultimi anni ha messo in discussione una leadership globale che fino a qualche anno fa sembrava inossidabile. Intendiamoci, gli Stati Uniti continuano ad essere la prima potenza economica e militare al mondo ma l’esistenza di un temibile avversario come la Cina cambia le carte in tavola. A complicare ulteriormente questo scenario c’è la Russia di Putin che ha riacquisto un notevole peso geopolitico dopo i difficili lunghi anni post sovietici.

Così le scelte in politica estera degli Usa diventano ancora più importanti e influiscono anche sull’Europa e in particolare l’Italia con un Mar Mediterraneo che è uno scenario sempre più caldo. In quest’ottica la vittoria di Trump diventa determinante per il ruolo geopolitico dell’Italia. Sono sotto gli occhi di tutti le conseguenze della politica estera dei liberal americani con le scelte di Obama che, a dispetto del Premio Nobel per la pace, ha destabilizzato il medio oriente con la Guerra in Siria e ha dato il là alle primavere arabe con la guerra civile in Libia, miglior viatico per trafficanti di esseri umani e per l’immigrazione incontrollata che deve gestire l’Italia. Proprio in Libia l’azione politica di Obama (e Sarkozy) ha aperto un vuoto di potere sancendo l’arrivo di potenze come la Turchia e la Russia fino a quel momento estranee al contesto libico.

Bye bye Cina

La politica estera di Trump, fedele alla teoria dell’America first, è basata sulla diplomazia, non è un caso che durante il suo mandato presidenziale non ci siano state nuove guerre. L’attuale presidente americano inoltre guarda con grande interesse all’Italia come contraltare allo strapotere franco-tedesco in Unione europea e, intensificare i rapporti bilaterali con gli Stati Uniti, può rappresentare per l’Italia un freno alle gestione egemonica di Merkel e Macron in Ue. La sua riconferma diventa inoltre fondamentale per il nostro paese per contrastare l’espansione cinese che ci interessa direttamente, in particolare nel caso di infrastrutture strategiche come il porto di Taranto o di Trieste.

Per quanto Trump non rappresenti l’emblema del politico conservatore e negli anni ci abbia abituato a prese di posizione sopra le righe e non convenzionali, ad oggi rappresenta il principale argine al dilagare in Occidente dell’ideologia liberal e globalista con un’Unione europea e i maggiori paesi europei ormai schiavi del politicamente corretto.

Così come la sua vittoria nel 2016 aprì lo scenario a una nuova fase politica, lo stesso potrebbe avvenire in caso di sconfitta di Biden ma, se ciò non dovesse accadere, le conseguenze nei prossimi anni potrebbero essere anche per l’Italia ben più gravi di quanto possiamo immaginare e quanto avvenuto in Libia potrebbe essere solo l’inizio.

Francesco Giubilei, 30 ottobre 2020

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