Perché l’Europa rischia il tracollo energetico

Peggio del 2008: siamo a un passo da un “momento Lehman” sull’energia

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di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi

Nella giornata di ieri, 9 marzo, alcune dichiarazioni concilianti di Zelensky hanno fatto tornare indietro del 15% circa il petrolio (da 128$ a 108$ per consegna marzo a NY ad esempio) e anche il frumento di percentuali simili e hanno dato una boccata di ossigeno alle borse europee che erano sprofondate.

Rischio recessione pesante

Se però a queste aperture da parte dell’Ucraina non fa seguito un vero armistizio e solamente una tregua per cui tutte le sanzioni restano in piedi, si potrebbe verificare un “momento Lehman” dell’Europa sull’energia, vale a dire un punto di svolta verso una crisi finanziaria e una recessione pesante come appunto con Lehman nel 2008.

Il nostro Paese sarà il più colpito e non a caso siamo i primi in cui si parla già di recessione: l’Istat ieri vede un Pil a -0.7% e la produzione industriale ha ceduto del -3,5% sul mese, contro le aspettative di uno +0,5%. La scelta politica delle sanzioni può portare al raddoppio del costo del gas da 43 centesimi per KWH a 80 centesimi, la benzina adeguarsi alle quotazioni del greggio e l’inflazione può esplodere, dal 6% attuale anche fino al 14% secondo ad esempio Nomisma.

La sintesi dei dati che presentiamo sotto è che i leader europei sembrano voler strangolare la Russia economicamente anche a costo di una crisi energetica, la quale però colpirà alcuni paesi in particolare in Europa, tra cui in primis l’Italia e molto meno l’America mentre l’Asia potrebbe addirittura avere dei vantaggi.

La fragilità energetica dell’Italia

In sostanza, se veramente il governo Draghi intende rinunciare al metano russo, si pagherà il metano dieci volte quello che offre la Russia e 13 volte quello che si paga ad esempio in America. In aggiunta, l’Europa pagherà petrolio, carbone, uranio, palladio, platino, alluminio, nickel, acciaio, frumento, mais e altri cereali dal 50 al 200% di più dell’anno scorso.

Ma questo non succede a tutto il mondo. Alcuni hanno molte centrali nucleari o molta energia idroelettrica e anche gas: Francia, Svizzera, Scandinavia. Altri paesi riescono a pagare di meno perché hanno rapporti diretti con la Russia, vedi Pakistan, India, Cina. E altri hanno la possibilità di aumentare la produzione domestica di gas, petrolio e carbone, vedi Canada e Stati Uniti ad esempio.

I sacrifici quindi per combattere la Russia economicamente ricadranno pesantemente sull’Europa e in particolare su paesi “deboli” come l’Italia.

Gas aumentato dieci volte

Se oggi vuoi comprare del gas non più dai russi di Gazprom, ma quello trasportato via tanker in forma liquefatta (LNG), paghi circa dieci volte di più di quello che pagavi questa estate. Questo riportato sotto è il prezzo di mercato in Europa del gas naturale, quello con cui viene maggiormente riscaldata la maggioranza delle case degli italiani e con cui si produce anche metà dell’elettricità. Era aumentato del 143% dalla settimana scorsa.

Anche se oscilla molto perché è un prezzo di mercato su cui specula, resta il fatto che è aumentato di dieci volte da questa estate (qui vedi lo stesso prezzo nell’ultimo anno, aggiornato però a venerdì, ieri è esploso a 250).

Il gas naturale viene importato in maggioranza tramite gasdotti con contratti che durano anni, per cui questo prezzo di riferimento a Rotterdam non si traduce in aumento del costo del gas questa settimana. Per essere ancora più precisi, esiste in Europa un sistema di “cap” per stabilire il prezzo del gas in settembre ogni anno. Questo sistema europeo non usa come riferimento il prezzo del future che scade questo mese di marzo, ma quello dei future a scadenza ottobre, che sono un poco più bassi perché la speculazione si concentra sulla scarsità immediata, nei prossimi due mesi. I prezzi del gas a settembre, quindi, sono un poco più bassi perché il mercato ipotizza che ad andare all’autunno in qualche modo le cose possano migliorare e questo vale anche per il petrolio dove quello a consegna per questo mese costa 20 dollari di più di quello a scadenza in autunno.

Ma resta però che, se oggi vuoi comprare del gas non dai russi di Gazprom, ma quello trasportato con tanker liquefatto (LNG) dall’America o dal Quatar, paghi dieci volte il prezzo di questa estate e, ad esempio, Nomisma calcola che il costo per KWH raddoppierà.

Per una serie di motivi politici e ideologici – e possiamo considerare tra questi anche delle considerazioni “umanitarie” contro la guerra -, i leader europei hanno deciso di pagare anche dieci volte il costo del gas che fornirebbero i russi con Gazprom. Ma il gas naturale in America costa al momento (sul mercato future come quello mostrato sopra) 13 volte di meno di quello trattato a Rotterdam in Europa (come “TTF”). Se non lo compri dalla Russia lo comprerai allora soprattutto da Canada e USA come gas liquefatto trasportato per nave.

Petrolio, peggio del 2008

In aggiunta il prezzo del petrolio Brent in Europa è arrivato sopra i massimi storici del 2008.

Questo vuole dire che, se resta a questi livelli, la benzina va a 2,5 euro come minimo e forse anche a 3 euro (a meno che il governo non spenda miliardi per togliere metà delle tasse che gravano sulla benzina, il che Draghi non farà mai). Il prezzo che si vede sopra che supera il massimo del 2008 è interessante perché appunto nel 2008 ci fu anche la crisi di Lehman, il crac finanziario e la recessione. Ma pochi oggi ricordano che era anche il momento in cui il petrolio era esploso ai massimi storici.

Nel 2008 però il gas, il carbone e i metalli ferrosi, il palladio, il platino e tutti i cereali non erano esplosi di prezzo. Adesso invece il frumento è passato da 5 a 12 $ a bushel a Chicago ed è circa triplicato nei mercati di riferimento in Europa. Al momento chi volesse specularci sopra però non riesce perché non fa prezzo. Ogni giorno apre al prezzo limite e poi non scende fino al giorno dopo quando di nuovo apre al prezzo massimo consentito per la giornata dalla borsa merci. Idem per il mais, con soia che li segue a distanza ma non troppo. Poi ieri che Zelensky sembrava cercare un compromesso le cose sono un poco cambiate, ma resta che abbiano raddoppiato.

Carbone e altri materiali

C’è inoltre anche il carbone, che viene ancora usato per l’elettricità e che anzi la Ue ha appena detto che in un’emergenza come questa per liberarsi del gas russo va ora usato di più. Il green è ora fuori moda…  Qui vedi il suo prezzo.

E poi il palladio che è prodotto all’80% in Russia, il platino, i minerali ferrosi (oggi +7%), l’alluminio, il nickel che addirittura è esploso del 60% in un giorno dopodiché la borsa merci LME di Londra ne ha chiuso le contrattazioni per tutto il mese di marzo!

Questo è quindi, complessivamente, il maggiore shock che proviene dalle materie prime della storia moderna. Non abbiamo lo spazio per mostrare grafici degli ultimi 50 anni, ma anche dalle percentuali e grafici qui sopra riportati si può intuire che succede qualcosa senza precedenti.

Per i cereali la Russia e l’Ucraina sono due produttori cruciali, arrivano ad un 20-25% del totale mondiale. Se l’Europa vuole quindi cercare di strangolare economicamente i russi, dovrà pagare tutto molto, ma molto di più anche semplicemente per mangiare. In aggiunta la Russia fornisce materia prima per i fertilizzanti e sembra ne abbia bloccato ora l’export.

Soprattutto però dovrà pagare di più di quanto però paghino in America o in India o in Cina. Una notizia di questi giorni è che il commercio Cina-Russia è aumentato del 38% da inizio anno. Non ci sono veri ostacoli a che la Russia venda il petrolio che in occidente non le comprano quasi tutto in Cina (non immediatamente, perché ci sono questioni di gradazioni dei tipi di greggio per le raffinerie).

L’America è piena di gas naturale e può aumentare la produzione abbastanza facilmente. Per il petrolio la produzione dalle famose rocce bituminose è calata di circa 2 milioni di barili con la Covid e se politicamente lo decidono, in America possono incentivare l’industria (penalizzata per il “climate change” negli ultimi anni) e riportare la produzione di greggio su anche di 1 milione di barili entro circa un anno.

I danni dell’ambientalismo

L’Europa, questo ora non lo ricorda quasi nessuno, vent’anni fa produceva più gas della Russia, ma per motivi ambientali lo ha fermato circa quindici anni fa. A riprova che sono decenni che i politici europei causano danni economici che in altre parti del mondo ci si guarda bene di fare. L’Europa può ora quindi alla fine pagare di più praticamente tutto, dal gas al frumento, al greggio al nickel e così via. E lo farà con una moneta che si è svalutata di un 8% verso il dollaro negli ultimi due mesi.

Oggi si dà la priorità agli aspetti “umanitari” e poi “geopolitici” – “la Russia invaderà tutta l’Ucraina e poi forse altri paesi?” -, ma esiste anche il problema che lo shock delle sanzioni a 360 gradi contro un paese contro cui non siamo, almeno formalmente, in guerra e l’esplosione delle materie prime sono fatti che non andrebbero sottovalutati. Nel senso che non sono mai successi insieme: una volta, ad esempio, si bloccavano i conti a paesi con cui si era in guerra, ma con la Russia non si è dichiarato guerra, anche se si adottano contro la Russia misure da guerra.

Se si continua allora sulla linea della guerra economica totale alla Russia bisogna tenere presente che il contraccolpo economico su un’economia estremamente indebitata come quella europea sarà notevole. Anche perché il blocco dei conti bancari di qualunque entità russa di fatto un atto di guerra finanziaria senza precedenti. Il motivo per cui America ed Europa sono stati per 150 anni la sede preferita per depositare denaro e muovere capitali era invece che in questi Paesi esistevano garanzie e certezze sui propri soldi a differenza di paesi che li sequestravano per motivi politici. Oggi non è più così, e un conto congelare i conti di Iran e Venezuela – si possono considerare come eccezioni – ma se si congelano tutti i conti e pagamenti della Russia per motivi politici, allora cambia la percezione del sistema finanziario e legale occidentale. Anche questo aspetto non va dimenticato.

La combinazione delle più estese sanzioni finanziarie della storia con l’esplosione del costo di tutte le materie prima, che in Europa è più pesante che in America o Cina, può avere un impatto pari o addirittura maggiore di quello del 2008.

 

 

 

 

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