Perché l’inchiesta Covid è un’idiozia

Il processo ai politici sul Covid rischia di creare i presupposti per future soppressioni della libertà

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Sulla questione dell’indagine riguardante una ventina di “illustri” personaggi in merito alla gestione del Covid nella bergamasca, la penso esattamente come il titolare di questo blog: la questione andrebbe affrontata sul piano politico e non su quello giudiziario, per tutta una serie di ragioni di logica elementare. Tra tutte, quella fondata sull’imprevedibilità e la scarsa conoscenza di un virus giunto inaspettatamente dalla Cina. Virus che oggi, è importante sottolineare, dopo oltre tre anni di inconfutabili riscontri numerici, sappiamo con certezza che rappresentava sin dall’inizio un grave rischio di salute solo per una ristretta fascia della popolazione: le persone fragili e/o molto anziane già portatrici di importanti patologie pregresse. Persone fragili che andavano tutelate in ogni modo, ma senza paralizzare il Paese, provocando danni economici e sanitari – visto che a causa del blocco sono morte e continuano a morire persone affette da altre patologie mal curate o non curate affatto – che non sono stati ancora valutati nella loro dimensione.

Sta di fatto che, al pari di ciò che si rischia con la Commissione d’inchiesta parlamentare, l’eventuale processo a cui i forcaioli e i tanti ancora confusi sperano di poter assistere non potrà che basarsi sul presupposto secondo il quale, per salvare la vita di tante persone, si sarebbero dovute adottare misure ancor più restrittive rispetto a quelle che poi sono state imposte a tutta la popolazione. Quindi esattamente il contrario di ciò che ha realizzato, ad esempio, l’eretica Svezia – che per la cronaca ha registrato dati ben più lusinghieri dei nostri – , chiudendoci in casa ancor prima e più a lungo.

Mentre noi aperturisti della prima ora, che ora siamo sostenuti dalla scienza incontrovertibile dei numeri, oggi possiamo con buona ragione sostenere che si è fatto troppo e molto male, limitando la libertà dei singoli in modo inconcepibile e per un tempo democraticamente quasi infinito.

In quest’ultimo caso, che attiene ad alcune guarentigie costituzionali che ritenevamo intangibili, la principale vittima delle insensate misure adottate per contenere il virus, che nella sua fase più cattiva non creava alcun problema al 96% della cittadinanza, è stata proprio la libertà conculcata a colpi di dpcm e decreti leggi. In questo caso il vero e unico imputato da mettere politicamente sotto accusa è il sistema istituzionale nel suo complesso, il quale, contrariamente all’esperienza di tanti altri Stati di diritto, ha dimostrato di non possedere gli anticorpi per, quanto meno, limitare l’impressionante regressione del sistema che, in breve tempo, ha trasformato l’Italia in un oppressivo regime sanitario basato su un dogma di natura pseudo religiosa.

Un dogma, ricordiamo, che ha rappresentato il presupposto per creare un clima da ingiustificato procurato allarme che sembra aver prodotto più danni del coronavirus, mandando il tilt molti ospedali italiani e impedendo a molti individui, paralizzati dalla paura, di farsi assistere nel modo più adeguato. Tant’è che già nel giugno del 2020 la Società italiana di cardiologia, segnalava una crescita senza precedenti dei decessi legati alle malattie cardiocircolatorie.

E intendendo il sistema istituzionale in senso lato, enorme responsabilità l’ha avuto e la continua ad avere la stragrande parte dell’informazione – che Nicola Porro definì molto efficacemente come giornale unico del virus – , che non ha mosso una piega di fronte all’escalation liberticida che, dopo una inverosimile successione di obblighi e restrizioni, ha toccato il suo apice nell’istituzione di un lasciapassare sanitario che neppure la fantasia di Stalin sarebbe stata in grado di concepire.

Questi sono, a mio avviso, alcuni degli aspetti più rilevanti che sul piano della ricostruzione storico-politica della vicenda Covid andrebbero indagati a fondo.

Al contrario, sottoporre a processo la responsabilità politica di soggetti che hanno cavalcato, in un modo o nell’altro, la pandemia, basandosi sulle stime cervellotiche di un chiusurista come Andrea Crisanti – che ricordo in quei primi mesi di paura consigliava di indossare mascherine e guanti anche in casa -, rischia non portarci ancor più fuori strada, creando indirettamente i presupposti per future soppressioni della libertà basate sul terrore sanitario.

Claudio Romiti, 3 marzo 2023

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