Pure Draghi vuole cambiare questa Ue

Il podcast di Alessandro Sallusti del 13 luglio 2023

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Toh, chi si rivede? Mario Draghi.

Parla raramente, ma quando capita le sue parole vengono passate al setaccio in cerca di indizi utili per capire l’aria che tira nelle segrete stanze. E così è successo anche ieri, quando è arrivato in Italia, il discorso scritto da Mario Draghi per l’annuale conferenza del National Bureau of Economic di Cambridge, in Massachusetts. Tema di futuro dell’Unione Europea.

Svolgimento: “Dobbiamo cogliere l’occasione per ridefinire l’Unione Europea, la sua struttura fiscale e il suo processo decisionale, per renderli più adeguati alle sfide che ci troviamo davanti. Abbiamo immediato bisogno di regolamentazioni che permettano di reagire agli shock nazionali”.

Ovviamente il discorso di Mario Draghi è stato al solito più lungo e articolato, ma il cuore del suo pensiero è che va cambiata, eppure rapidamente, l’architettura di governo europeo. Pena: la paralisi o addirittura l’implosione dello stesso. Ora non è che improvvisamente l’ex-primer si sia convertito all’antieuropeismo o addirittura al sovranismo. No, Draghi vuole più Europa, ma prende alto che bisogna ammettere di aver sbagliato strada, perché rispetto ai tempi della sua fondazione il mondo è cambiato e chi sostiene l’inverso è in pericolosa malafede.

Sarebbe da stupidi arruolare Mario Draghi in uno schieramento di partiti, ma certo l’analisi e la ricetta Draghi non coincidono con quelle della sinistra e appaiono invece assai vicine a quelle della destra conservatrice non estremista, che non da oggi denuncia – certo con toni diversi – gli stessi problemi e suggerisce soluzioni che vanno nella stessa direzione indicata da Draghi. Giorgia Meloni in merito non pare avere dubbi, o sia ha la forza di cambiare i trattati europei, oppure nessun paese si illuda di poter risolvere da solo i non pochi problemi, in campo economico ma non soltanto, con cui ha a che fare tutti i giorni.

Con colpevole ritardo, pare stia cadendo il tabù dell’inviolabilità dell’attuale Unione Europea rimasta sorda pur al grido di allarme lanciato nel 2016 dai cittadini del Regno Unito che in un referendum decisero per la Brexit. E che ancora ieri, l’Unione Europea si è intestardita a varare una folle politica ambientalista che penalizza gli agricoltori e la filiera alimentare. C’è da augurarsi che siano gli ultimi colpi di coda di un mostro che dal prossimo anno, con l’elezione europea, potrebbe davvero cambiare pelo.

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