Qualche buon motivo per non volere Draghi al Colle

L’ex capo della Bce non pensa che al Quirinale, alcune considerazioni sul perché non debba andarci

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Mi tocca, mio malgrado, rinnovare la mia a Mario Draghi. Il fatto è che l’uomo è, a mio avviso, sopravvalutato da tutti. Il che, in un mondo dove l’apparenza è tutto, ci sta. Perché, se è indubbio che egli è arrivato a quella carica – così come Bergoglio al Soglio o Mattarella al Quirinale – a esse ci si arriva non necessariamente per valore, ma per le manifestazioni di garanzia di mantenersi custodi degli interessi di chi a quella carica ti conduce. Per farla breve, in un sistema elettivo ove gli elettori sono una cerchia ristretta d’individui, non solo a un mediocre non è preclusa né la cattedra che fu di S. Pietro, né il Quirinale, né Palazzo Chigi, ma, soprattutto, il mediocre è quello con più alte chance di pervenire al privilegiato traguardo.

Con questo non voglio dire che Draghi sia un mediocre. Anzi, egli è un furbo. Ma il limite dei furbi è la mancanza di quella avvedutezza che hanno le persone avvedute e che, per ciò stesso, rifiutano le furbizie. Le persone avvedute sanno benissimo quali furbizie esercitare – sono appunto avvedute – ma è esattamente la loro natura che fa sì che, spontaneamente, finiscono con non assecondarne alcuna. Ogni tanto nella Storia accade che qualcuno avveduto e lungimirante venga posto in posizioni di comando, ma la cosa è rara. Le persone mediocri invece, ove vogliano raggiungere quelle posizioni, sanno benissimo di dover far affidamento alla furbizia. Sono i Don Calogero Sedara del Gattopardo.

Mario Draghi vuole fortissimamente il Quirinale. La cosa è evidente da almeno un anno e noi stessi lo scrivevamo in questo blog nell’articolo del 17 febbraio 2021. Trovo sorprendente che vi siano oggi talk show in tv ove ci si chiede: «Ma Draghi vuole o no andare al Quirinale?». Non solo lo vuole: è l’unica cosa che egli vuole. Pensateci: una volta a palazzo Chigi, il suo primo atto fu di avere un colloquio con Beppe Grillo, cosa inspiegabile visto che Grillo è, istituzionalmente parlando, un nessuno. Spiegabilissima se si pensa che nessuno oggi può andare al Quirinale senza il voto dei Grillini.

Draghi fu chiamato a Palazzo Chigi per farci uscire dall’emergenza della pandemia. Ma – su questo non ci sono dubbi – dopo un anno siamo ancora in emergenza; e lo siamo non perché lo dico io, ma perché lo dice lo stesso Draghi che ha decretato l’estensione temporale dello stato d’emergenza. A questo proposito, trovo sconfortante lo stato pietoso in cui versa il giornalismo italiano: all’ultima conferenza stampa nessuno, dico nessuno, che gli abbia chiesto: «Signor presidente del Consiglio, lei un anno fa fu chiamato per farci uscire dallo stato d’emergenza e invece ci siamo ancora dentro fino al collo, vuole ammettere il suo fallimento?».

Altra cosa penosa di quella conferenza è il rifiuto di rispondere a domande del tipo: «Signor presidente del Consiglio, le piacerebbe o, comunque, sarebbe disponibile a diventare Presidente della Repubblica?». Basterebbe questo suo rifiuto per non portarlo al Quirinale. Avrebbe potuto rispondere con eleganza o, il che è lo stesso, con la verità: «E a chi non piacerebbe diventare Presidente della Repubblica?».

Direte che son severo con Mario Draghi. Sì, francamente non lo reggo. Ma ditemi voi come si fa a reggerlo dopo che dallo scivolone «chi non si vaccina è un assassino» nulla ha imparato, e c’è toccato sentire che «gran parte dei problemi che abbiamo dipende dai non vaccinati». Una meschinità. Innanzitutto perché, come la precedente, è una frase falsa, visto che oltre ai 6 milioni di non vaccinati ci sono anche 10 milioni di vaccinati da oltre sei mesi che, rispetto al virus, è come se fossero non vaccinati. E poi perché, addossa ad altri la responsabilità di circostanze delle quali è egli stesso il vero responsabile. Tutto sommato, non è così super come è stato rappresentato, è come Don Calogero: perfetto per il Quirinale.

Franco Battaglia, 15 gennaio 2022

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