Quirinale, la sinistra rispolvera il trucco contro Meloni & Co

Ci risiamo: a sinistra rinfacciano alla destra di essere “impresentabile”. E così…

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Michele Serra ieri, nella sua quotidiana “Amaca” su Repubblica, ha fatto una clamorosa “scoperta” che ha voluto subito condividere con i suoi lettori. Quando Matteo Renzi dice che tocca al centrodestra fare un nome per il Quirinale non è da prendere sul serio. La sua è una grossa panzana perché, udite udite, in questo Parlamento Giorgia Meloni conta meno del Gruppo Misto, cioè ha solo il 4 per cento dei voti, e Salvini ne ha 17. Ergo: insieme fanno 21, cioè poco più di un quinto dell’elettorato. Ergo, ancora: è la sinistra che è in maggioranza e, more solito, è lei e solo lei che deve dettare le carte.

I conti ignorati da Serra

Ora, a Serra qualcuno dovrebbe far presente che al fronte della destra appartiene anche Forza Italia, che tanto maluccio non sta messa, e che, soprattutto, i pesi specifici si calcolano in seggi e non in voti. Se a questo poi aggiungiamo il fatto che, per il Presidente della Repubblica, votano anche i delegati regionali, in stragrande maggioranza di destra (e non certo per “diritto divino” capita a favore della sinistra ai senatori a vita che pure voteranno), si può agevolmente che la bilancia, seppure leggermente, questa volta pende a destra. Un peso che aumenterebbe ancora se il centro (compreso quello di Matteo Renzi) dovesse convergere questa volta per lo più da quella parte (il che è altamente probabile).

“Destra deficitaria per classe e prestigio internazionale”

Ma messe da parte queste forse poco nobili, ma essenziali, questioni ragionieristiche o di contabilità, il problema Serra lo fa diventare subito concreto. E dice senza mezzi termini che a dettare le carte non può essere “una parte politica clamorosamente deficitaria quanto a classe dirigente e prestigio internazionale”. Ora, che la sinistra rifulga di classe dirigente, nuova e innovativa come Serra la vorrebbe, francamente nessuno se ne era accorto.

Ed è da chiedersi come si possa poi burlare Silvio Berlusconi di essere “uomo del Novecento e non di quello migliore” quando i nomi che gli si contrappongono a sinistra sono stati per buona parte della loro vita uomini anch’essi del Novecento, di quello certamente peggiore e condannato senza appello dalla storia, il comunista per intenderci. Così come sarà pure vero che la destra è deficitaria a livello internazionale rispetto alla sinistra, ma non può certo dirsi che si è prestigiosi e autorevoli se ci si siede al tavolo dalla parte della servitù, come la sinistra ha sempre fatto, ovverossia di chi non ha peso e spera di conquistarlo semplicemente dicendo sì a quel che hanno deciso per tutti glia altri o i Paesi forti.

Decenza e presantibilità, decide la sinistra

Serra propone quindi alla sinistra (che per lui d’incanto include anche gli un tempo da lui stigmatizzati Cinque Stelle) di sfidare la destra chiedendole di fare un “nome decente”. E poi, verificata l’impossibilità (che a questo punto il nostro presuppone sia “metafisica”), autoassolversi perché non può considerare masochisticamente una sua colpa il fatto che da quelle parti non ci sia un “candidato presentabile”. Chi poi si arroga del diritto di certificare “decenza” e “presentabilità” (vi ricordate la commissione di censura elettorale presieduta da Rosy Bindi?), è questione che Serra semplicemente non si pone perché per lui sei “decente” e “presentabile” solo se sei di sinistra. Perché, ovviamente, la nostra destra non è “normale” ed è estranea ai “valori repubblicani”.

E in verità Serra, su questo punto, non ha tutti i torti: la nostra destra non è “normale” perché è la nostra Repubblica che non è “normale”. I nostri “valori repubblicani” nemmeno sono “normali” perché non si sono mai contrapposti al comunismo e al fascismo ma solo al secondo: sono valori antifascisti, come è giusto che sia, ma non anche anticomunisti, come sarebbe “normale” che fosse in una democrazia occidentale. In sostanza, la decenza e presentabilità per quelli che la pensano come Serra non sono valori universali o universalizzabili ma valori di parte che sono imposti come valori di tutti.

Sarebbe ora di rendersene conto tutti e tutti gridarlo forte. Così come sarebbe ora di capire che questa volta, proprio perché anche i numeri sono dalla nostra parte, non si può sbagliare. Per sette anni almeno, non ci si potrà lamentare se dovesse passare la scelta sbagliata.

Corrado Ocone, 15 dicembre 2021

 

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