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Rissa politica sulle spalle della scuola

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Ma quanto fumo negli occhi sulla scuola Madamadorè. Il comparto forse più strategico, la fabbrica delle competenze su cui investire, da spendere per salvarci in un tempo che ci spazza via, ridotto al più volgare dei pretesti. Grande è la confusione sotto al soffitto pericolante delle aule, la situazione è indecente: banchi a rotelle, ministri regolarmente incapaci, e quel tira e molla che tutti sconcerta e tutto distrugge. La Dad, didattica a distanza che si risolve in un colossale muro di fallimento, di velleità, ma, dicono, verrà mantenuta anche dopo, per dire dopo la pandemia, dopo l’emergenza perenne. Davvero? Allora perché discutere, perché tenere ancora in piedi queste scuole fatiscenti, che vanno franando sotto il peso di problemi burocratici, strutturali, professionali?

Il governo Draghi non sembra offrire un gran cambio di passo neppure qui, ha trovato un altro ministro Carneade, uno che zoppica sulla grammatica, figurarsi sulla gestione, e anche questo gioca sul ricatto, cucito addosso a studenti sempre più alienati, a professori sempre meno motivati. “Vogliamo tornare dentro, vogliamo fare lezione davvero” dicono quelli delle superiori e il governo che fa? Annuncia, come fosse una conquista spaziale, la possibile riapertura fino alla prima media, all’insegna del solito nonsenso profilattico: forse il virus si arresta in età puberale e riprende vigore con la prima adolescenza? Cattiva fede si somma a cattiva amministrazione: sui trasporti, che come osserva Ricolfi sono il vero veicolo del contagio, la situazione è stagnante come un anno fa, sui tamponi a pioggia ogni settimana non ne parliamo. Approssimazione e rinnegamenti, il ministro Bianchi prima esclude categoricamente una riapertura seppur selettiva, spinge sulla famigerata Dad senza un domani, poi di colpo se ne esce con la prospettiva di consentirla ai ragazzini.

Succede che il governo cosiddetto dei migliori, dei tecnici, opera la stessa mediocrità politica dei predecessori: deve ammorbidire, almeno di facciata, il prolungarsi della prigionia e allora si gioca, in modo cialtronesco, la carta delle scuole: riapriamo quelle, appena appena, poi non diteci che non ce la mettiamo tutta. Succede anche che la Scuola serve a mettere fuori gioco la componente riottosa, a parole, del governo: Salvini spinge, sia pure in punta di piedi, per riaperture graduali? Draghi prima gli dice di stare zitto e buono, poi gli spiattella davanti la farsa scolastica, una provocazione bella e buona che dà modo al Pd di irriderlo, di rinfacciargli la sua irrilevanza.

A questo punto Salvini dovrebbe porsi qualche domanda: ha senso continuare così? C’è un futuro in questa strategia decisa da Giorgetti e da lui subìta obtorto collo? Il capo leghista – ma quanto ancora capo? – si è trovato, dicono le indiscrezioni di Palazzo, davanti a un dilemma facile facile: o entri al governo o rischi di entrare in galera per il processo-farsa sulla Gregoretti. Inutile fare le verginelle, funziona così e tutti lo sanno: lo hanno messo nell’aula bunker dei mafiosi, rosolato per un po’, lui si è adeguato e il successore piddino Lamorgese ha fatto la poliziotta buona; neanche il tempo di tirare un sospiro di sollievo, che è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio con la prospettiva di 15 anni di galera, tanto per fargli capire che non è il caso di alzare la voce, né ora né mai. Ad onta delle soffiate uscite dal bordello Palamara, magistrati che dicevano “non capisco dove stia il reato, ha fatto solo il suo dovere di ministro”, “sì ma a maggior ragione dobbiamo neutralizzarlo, dobbiamo stroncarlo”.

Arcana imperii che si coagulano per tempo e restano. Fino a quando Salvini potrà restare succube di un ricatto perenne? Non vede che rischia di morire dissanguato? Che la funzione di controllore in un governo dove nessuno si fida di nessuno non ha nessun senso? Che così ha le mani legate e indebolisce la poca opposizione rimasta? In politica già è grave sbagliare, ma perseverare è scellerato e si paga carissimo.

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