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Silvia Romano, l’Occidente non ha bisogno di lezioni di libertà

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Facile profeta fu chi, davanti alla insopportabile esaltazione della ragazzina milanese, Silvia Romano, tornata Aisha, ipotizzò un futuro da “ballando con le stelle”, per dire protagonista della società dello spettacolo in mentite spoglie da coscienza civica e da tuttologa (non sarebbe la prima). Le processioni dei centri sociali sotto casa, al Casoretto, la sceneggiata del governo italiano al suo cospetto, la pantomima sul jibab contestuale al rilascio, la pretesa di porsi come adepta, prodiga di riguardi per i carcerieri e distratta, quasi infastidita verso chi l’aveva riportata a casa, lasciavano pochi margini di dubbio. Date le prime, spericolate dichiarazioni e dati anche i misteri persistenti l’hanno congelata per un po’, finché, inesorabilmente, Silvia in arte Aisha è ritornata a galla; l’ha fatto prima con alcuni pensierini da su Facebook, quindi, in modo più deciso, tramite una testata diretta da questo Davide Piccardo, il capo del Caim interlocutore privilegiato del sindaco Sala, un liberale per il Pd che può pretendere la poligamia, le donne coperte, il proibizionismo, che può esaltare l’autocrate turco Erdogan.

L’operazione è palesemente finalizzata. Con Piccardo, che la indirizza con le domande giuste, Silvia Aisha dice quello che deve dire, che ci si aspetta che dica: il velo è la vera libertà, l’occidente è spurio, le sue donne mercanteggiate e ignoranti come lei prima del rapimento, che passava in via Padova, via di pace e prosperità, e mal giudicava le velate di cui non capiva l’assoluta autonomia. Nessuna comprensione per la vita di prima, tutta la tensione per la confessione attuale. Ha colto bene il senso Francesco Borgonovo sulla Verità: battere il tasto dell’islamofobia, dipingere come infedeli gli italiani che ancora diffidano, che non si consegnano al senso della storia mistica. Senza alcun accenno ai reiterati casi di immigrati fuori controllo. Se non è fare politica organizzata questo!

L’aspetto grottesco è che da islamisti fanatici Silvia in arte Aisha è stata presa, almeno secondo la versione ufficiale, e da italiani occidentali “ignoranti e razzisti” è stata riscattata, restituita alla famiglia, al Casoretto, alla moschea di Cascina Gobba che frequenta ora. Ma che fa? La ragazzina diventata teologa in 18 mesi di segregazione deve mandare anatemi sulla “mercificazione” delle donne occidentali e lo fa, emette i suoi segnali e chi deve capire capisce. Di occidentale Silvia in arte Aisha conserva la vanità: il rapimento sarebbe stato un disegno divino, il Creatore, poi chiamalo come ti pare, si scomoda per lei, ventenne per diretta ammissione confusa, assistente di palestra, la fa portar via, le dà una lezione per “i suoi peccati”, poco importa se a pagarla è un paese intero, la illumina, la salva. Per lei, solo per lei, solo attorno a lei gira il mondo, come nella canzone di Jimmy Fontana.

Tutta l’intervista è un continuo esercizio di narcisismo, di immaturità oggi non meno di ieri, non diversamente da ieri: cambia il modo di acconciarsi, non l’attitudine, la tipica incertezza rigurgitante certezze; viene in mente la fanatica di Amici Miei, la popputa che, mentre l’Arno straripa, fa cadere in tentazione il Melandri il quale miracolosamente si riscuote: “Grazie Madonnina che mi hai salvato!”; “O brutta imbecille! E ti pare che per salvare te la Madonna affoga tutta Firenze?”.

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