Sostituzione etnica, chi ha ragione tra Lollobrigida e Schlein

Il ministro nella bufera per una frase, equivocabile ma logica, sui migranti. La sinistra va all’attacco

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Il governo attuale ha deciso di mettere in primo piano il tema della nazione e quello dell’identità (se preferite della cultura) italiana. In un’ottica ovviamente non esclusivista né tanto meno xenofoba, anzi assolutamente liberale e pluralistica. Il tema della nazione non è, d’altronde, né storicamente né teoricamente, un tema di destra o di sinistra.

Lo ha fatto a partire da una duplice consapevolezza: da una parte, convinto che l’ideologia globalista tende a uniformare, amalgamare, standardizzare, le diversità e differenze di culture e stili di vita che fanno la ricchezza del genere umano, generando conformismo e omologazione; dall’altra, convinto che l’italianità, intesa nel senso culturale più ampio possibile, sia una riserva di senso inesauribile e in quanto tale apprezzata in ogni angolo del mondo, e pertanto assolutamente da preservare.

È in quest’ottica che vanno inserite e comprese le dichiarazioni del ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida (che a sua volta facevano riferimento a delle precedenti affermazioni del presidente del consiglio Giorgia Meloni) fatte ieri nel corso di una assemblea sindacale. In verità, non occorrerebbe nemmeno sottolinearlo se solo si leggessero con attenzione le sue parole, che non si prestano minimamente all’uso strumentale che ne ha fatto la sinistra arrivando a parlare, in modo del tutto falso, addirittura di una visione da “suprematismo bianco”.

Per approfondire

Certo, il ministro ha usato un’espressione sbagliata e generatrice di non pochi equivoci come “sostituzione etnica”, ma, a parte la caduta stilistica e semantica, ha spiegato chiaramente cosa intendesse dire, quale fosse la sua idea. E cioè che non si può pensare di risolvere il problema demografico sostituendo semplicemente e automaticamente gli italiani che non nascono con immigrati provenienti da altri Paesi senza un minimo di selezione e programmazione dei flussi. Ove la prima distinzione da fare è fra gli immigrati che entrano in Italia regolarmente e chi vi entra clandestinamente. I primi, infatti, lungi dall’essere un problema, possono addirittura costituire un fattore di crescita per una nazione, mentre i secondi finiscono per danneggiare se stessi e gli altri.

Aprire indiscriminatamente a tutti e subito, significa, infatti, da una parte, non poter garantire quel minimo di qualità della vita che chi ha lasciato il proprio Paese era convinto di trovare in Italia, dall’altra far perdere di identità al nostro Paese. La regolazione dei flussi e la programazione delle entrate permettono di formare, inserire nel nostro tessuto sociale e far diventare italiani un consistente gruppo di immigrati, facendo sì che essi ritrovano quella dignità perduta e che è stata ogni ora calpestata nei cosiddetti “centri di accoglienza” tanto cari alla sinistra. La quale, una volta che ha esaltato la presenza di un qualsiasi immigrato sul suolo patrio, se ne dimentica e lo abbandona leteralmente a se stesso e alle mafie.

Cosa ci sia di “disgustoso” in questa visione del fenomeno, e cosa che minimamnte assomigli a una ideologia suprematista, non è dato saperlo. Anzi, l’impressione è che i veri razzisti siano proprio coloro che a sinistra vogliono aprire a tutti solo per vincere una battaglia simbolica con la destra, non fregandosene troppo in fondodella sorte succesiva di chi è entrato in Italia in modo illegale e poi è stato costretto a vivere una vita da sbandato e da “reietto”.

Corrado Ocone, 19 aprile 2023

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