Stati Uniti distratti da Putin, la Cina prepara l’invasione a Taiwan

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Il ruolo contemporaneo della forza militare cinese può essere riassunto con le parole di Deng Xiaoping, l’assoluto protagonista della transizione dal maoismo al capitalismo rosso: “Nascondi la tua forza, aspetta il tuo momento”.

Proprio oggi, con un’amministrazione americana in totale rottura con alleati strategici come India o Emirati Arabi Uniti, concentrata sugli sviluppi della guerra tra Russia e Ucraina, sembra prospettarsi il momento della ribalta. Il momento propizio per concretizzare quello che Deng, pochi decenni prima, aveva previsto: utilizzare l’arma della diplomazia, per poi sprigionare i muscoli quando i rapporti di forza fossero cambiati in favore del regime.

Le mire di Pechino su Taiwan

Con una Russia costretta ad abbandonare l’idea di conquistare Kiev ed un Occidente tentennante – da una parte, l’Europa fornisce aiuti militari a Zelensky; dall’altra, rimane ben divisa sull’applicazione di sanzioni economiche sull’export russo – Xi Jinping sembra voler portare a termine la più volte annunciata invasione di Taiwan, recentemente prospettata entro il 2027. Un’eventuale conquista dell’isola di Formosa rischierebbe di compromettere la presenza americana nell’Indo-Pacifico, con il pericolo di subordinare Paesi tradizionalmente “atlantici”, come Giappone e Corea del Sud, alla sfera di influenza del Dragone. Con la conquista di Taiwan, infatti, il governo cinese sarebbe in grado di controllare la gran parte delle rotte navali, dove transitano gas, energia e materie prime vitali per le economie di Seul e Tokyo.

Non è un caso che, nelle ultime settimane, la Cina abbia completato la militarizzazione delle isole artificiali nel Mar Cinese meridionale, a poche miglia a Sud di Taiwan. Notizia di poche ore fa, è anche la nuova violazione dello spazio aereo di Taipei da parte di quattro velivoli da guerra del regime. Pechino, negli ultimi cinque anni, ha varato novanta tra navi militari e sottomarini, il quadruplo di quelli americani nell’Oceano Pacifico. Costruisce oltre cento cacciabombardieri l’anno e gode di armi spaziali in grado di colpire basi giapponesi e sudcoreane. L’unico ostacolo bellico per Xi rimane la potenza navale americana, la quale può vantare undici portaerei contro le sole due cinesi, oltre al già annunciato sostegno delle truppe giapponesi, in caso di eventuale invasione del Dragone.

Le forze in campo

Nel 2020, lo schieramento era il seguente. La Cina vantava quasi 3 mila velivoli di guerra contro i 400 di Taiwan; 6 mila carri armati contro 800; 52 sottomarini contro – tenetevi forte – solo 2 di Taipei. Come riportato anche dal giornalista Federico Rampini, nel suo ultimo libro “Fermare Pechino” (Mondadori), oltre un milione di soldati cinesi potrebbero potenzialmente intervenire nell’aggressione contro i 100mila taiwanesi. La teoria militare afferma che l’aggressore deve godere di una supremazia pari a tre uomini contro uno, se si combatte in pianura; mentre, se si combatte in ambiente urbano, fino a sei contro uno. I numeri per una potenziale offensiva tornano e sono destinati a crescere col progressivo passare del tempo.

L’asse Xi Jinping-Putin

C’è però un ostacolo che potrebbe ancora frenare la futura invasione di Taiwan: la guerra che impegna la Russia sul fronte ucraino. La maggiore fonte di import bellico cinese è proprio Mosca. La fornitura russa riguarda soprattutto l’ambito della motoristica dei velivoli da guerra e dei sottomarini a propulsione non nucleare. Appare quindi difficile che la Russia possa impegnarsi in un aumento del proprio export militare verso la Cina, soprattutto in un contesto storico come quello attuale, dove la meccanicistica del Cremlino rimane fortemente impegnata nell’Est Europa.

Intanto, secondo fonti Ue e funzionari americani, Pechino starebbe valutando il possibile invio di armi a sostegno di Putin. Una semplice mossa da alleato oppure una decisione che si instaura all’interno di un programma più vasto ed articolato? Chi vivrà, vedrà.

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