Storpiano pure Sherlock Holmes col politicamente corretto

La serie Enola Holmes è femminista e piena di attori “afro”: un pugno nell’occhio a chi conosce la storia

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Avendo visto il primo, a scappatempo ho visto anche il secondo. Parlo di Enola Holmes 1 e 2. Che sarebbe la sorella del più famoso Sherlock. Ovviamente ha le stesse capacità del fratellone, ma, essendo una donna nella Londra vittoriana, nessuno le da credito.

Bene, il primo film era, ovviamente, femminista, il che, com’è noto, a Hollywood “tira”, incuranti di un fenomeno ben noto ai sociologi, agli economisti e agli psicologi e che si chiama «saturazione». In soldoni, significa che se mi dai da mangiare sempre la stessa zuppa finisce che vomito. L’ideatrice (suppongo sia una donna) delle novels da cui i due film sono tratti e/o ispirati (non ricordo perché ho guardato sbadigliando) ha chiamato «Enola» la sua eroina (nel senso di protagonista) mutuando il nome del bombardiere che sganciò su Hiroshima, Enola Gay. Che poi era il nome della madre del pilota. E divenne anche quello di una rockband. Insomma, la ragazza è un’atomica, nel senso della personalità e non certo dell’avvenenza.

L’attrice, infatti, è bravina a muoversi nel giallo-farsa, ma tutto qui. Già del primo film avevo deprecato la scelta di Henry Cavill come interprete di Sherlock Holmes. Se non sapete chi è, vedo lo dico subito: è l’ultimo Superman. Ce lo vedete Sherlock marcantonio e culturista? No? Nemmeno io. Tra parentesi, la creatura di Conan Doyle è il sogno di ogni scrittore: un personaggio eterno e “icona”. Epperò anche qui si rischia il rigetto. I Gialli Mondadori, per esempio, hanno dovuto dedicare un’intera collana agli apocrifi di S. H. Il Grande Investigatore è stato portato in Tibet, in America, sul Titanic, con Marx, con Freud, coi marziani e si attende Sherlock Holmes contro Rocky. E io stesso deve fare ammenda, perché pubblicai Sherlock Holmes e il misterioso caso di Ippolito Nievo (prima con San Paolo, poi Mondadori), ma era prima della valanga, perciò mi considero parzialmente giustificato.

Torniamo a Enola Holmes 2. Qui gli sceneggiatori, privi di consulenza socio-economico-psicologica, hanno strafatto col politicamente corretto. Infatti, tra le dame dell’alta società britannica fin de siècle non mancano le afro, che ci stanno come un pugno in un occhio ai chi mastichi un poco – ma proprio poco – di storia. Ma il bello deve ancora venire. Moriarty, «il Napoleone del crimine», l’arcinemico di Sherlock Holmes, è una donna! Non solo. È pure nera! Ovviamente, datasi al crimine per vendicarsi della società maschilista. Finita? Macché. Il finale è quasi da Bollywood, con Enola che riesce a sobillare le operaie e indurle al primo sciopero femminile della storia. Vi state chiedendo dov’è Watson? Infatti, non c’è. Compare nell’ultimissima scena, mandato dalla sorella a tenere compagnia al fratellone troppo solo. Indovinate a quale etnia appartiene l’attore che fa John Watson, medico militare reduce dall’Afghanistan. Ah, dimenticavo: anche l’ispettore Lestrade non è proprio bianco.

Rino Cammilleri, 28 dicembre 2022

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