Torna il regime politico-sanitario: che idiozia vietare il fumo all’aperto

Dal Covid al fumo: lo Stato subordina il senso di responsabilità dei cittadini ad un vangelo burocratico di obblighi e divieti

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Come riportato da buona parte della stampa nazionale, il nostro proverbiale proibizionismo all’amatriciana sta per colpire ancora una volta e in modo esemplare: divieto di fumare in molti luoghi all’aperto. In pratica, così come recita una bozza elaborata dai tecnici del ministero della Salute, non si potrà più accendere né una sigaretta né una e-cig nei tavoli all’aperto di bar e ristoranti, così come alle fermate sempre all’aperto di metro, bus, treni e traghetti. Ma non basta. Lo stop al fumo riguarderà anche i parchi pubblici, dove in presenza di bambini e donne incinte dovrà essere rispettata una distanza minima di due metri. Tuttavia, è ancora in piedi l’ipotesi più restrittiva secondo la quale il divieto negli spazi verdi urbani scatterebbe in modo generalizzato, così come accadde nel settembre del 2020 per ciò che concerne le mascherine all’aperto. Un obbligo, che vorrei ricordare, secondo i geni che avevano pensato una delle più demenziali misure di contrasto al coronavirus, poteva essere disatteso solo se ci si trovava in alta montagna e nella assoluta certezza di non incontrare anima viva.

Il solito vizio

D’altro canto, proprio perché abbiamo già sperimentato con il Covid cosa sia un regime politico-sanitario che intenda, con mezzi estremamente coercitivi, salvaguardare la nostra salute, guidando passo passo i nostri comportamenti più naturali, questa ennesima campagna proibizionista non fa che gettare altro sale sulle ferite d nostri diritti, che non si sono ancora rimarginate.

Da questo punto di vista, non so se il successore di Roberto Speranza, il buon Orazio Schillaci, si renda conto che, con questo ulteriore divieto, si rafforza una pericolosa deriva di natura sanitaria in cui lo Stato, attraverso tutta una serie di norme scritte sull’acqua, tende a subordinare il senso di responsabilità dei cittadini ad un vangelo burocratico di obblighi e divieti che non stanno né in cielo e né in terra.

Il divieto di fumo

Nella fattispecie, fino all’attuale divieto di fumare nei luoghi al chiuso non credo ci sia molto da eccepire, partendo dal principio kantiano che la mia libertà finisce dove comincia quella del mio prossimo. Prossimo che ha tutto il diritto di non sciropparsi il fumo passivo del tabagista di turno. Ma, per quanto invece riguarda ad esempio i tavoli all’aperto di bar e ristoranti, può anche accadere di trovarci a pochi metri da un appestatore col sigaro. Solo che in simili frangenti, in un mondo civile, esistono sistemi spontanei di controllo sociale che sembrano ancora funzionare meglio di un divieto perentorio, imposto con il deterrente di una supermulta da 275 euro per una tirata di tabacco.
Ancora più grave, a mio avviso, la prevista abolizione delle sale per soli fumatori, che ancora resistono in alcuni luoghi particolari.

In questo caso, sempre per legge, si nega l’elementare diritto ai fumatori, compresi coloro i quali fumatori non sono ma decidono per qualunque ragione di sostare in uno di tali luoghi, di poter consumare le cosiddette bionde insieme a persone consapevoli e consenzienti. Proprio non ci siamo, caro ministro della Salute.

Claudio Romiti, 6 marzo 2023

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