Tutti i problemi dietro il green pass al lavoro

Le norme sul lasciapassare, gli imprenditori-controllori: come impatta in azienda il green pass

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Il decreto-legge n. 127/2021 ha esteso, a far data dal 15 ottobre e – per il momento – sino al prossimo 31 dicembre, l’obbligo di possesso ed esibizione della certificazione verde Covid-19 (il c.d. green pass) per tutti coloro che svolgono un’attività lavorativa nel settore privato nonché per il personale delle pubbliche amministrazioni. Nello specifico, a partire dal 15 ottobre è divenuto obbligatorio il possesso della certificazione verde Covid-19 al fine di accedere ai luoghi di lavoro, pubblici o privati che siano, per tutti coloro che svolgano a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato – anche sulla base di contratti esterni – presso detti luoghi nonché – nell’ambito delle pubbliche amministrazioni – anche per tutti coloro che siano titolari di cariche elettive o istituzionali di vertice.

È bene ricordare come il possesso della certificazione verde Covid-19 non sia sinonimo di avvenuta vaccinazione; infatti, come noto, è possibile ottenere il c.d. green pass anche a seguito di tampone molecolare o antigenico rapido avente esito negativo (nel primo caso il green pass ha una durata limitata pari a 72 ore mentre nel secondo caso pari a 48 ore) nonché a seguito del rilascio del certificato di guarigione dal Covid-19 (in tal caso, la durata del green pass è pari a 6 mesi dall’avvenuta guarigione). Degne di nota le conseguenze previste dal legislatore nel caso in cui il lavoratore sia sprovvisto di green pass. Difatti, quest’ultimo verrà considerato assente ingiustificato senza diritto alla retribuzione sino alla presentazione della certificazione verde Covid-19, seppur con diritto alla conservazione del posto di lavoro. Risulta altresì espressamente esclusa la possibilità per il datore di lavoro di avviare qualsiasi procedimento disciplinare nei suoi confronti.

Ma vi è di più. Qualora un lavoratore dovesse essere colto sul luogo di lavoro privo di green pass, il datore di lavoro è legittimato ad irrogare al dipendente le sanzioni disciplinari previste dal contratto collettivo di riferimento ed il lavoratore risulterebbe, inoltre, destinatario di una sanzione amministrativa pecuniaria di importo variabile tra euro 600 ed euro 1.550.

Oneri non di poco conto sono previsti anche in capo al datore di lavoro sul quale grava – unitamente ai delegati dallo stesso designati – l’arduo compito di controllare l’effettivo possesso del green pass per tutti coloro che si rechino presso i locali aziendali per rendere la propria prestazione lavorativa. Se pochi problemi si possono porre in tal senso con riferimento a piccole realtà aziendali, è evidente come lo svolgimento dei controlli assuma una significativa importanza nel momento in cui l’organico aziendale assuma una certa rilevanza numerica. In ogni caso è essenziale che il datore di lavoro possa dare prova di aver effettuato i dovuti controlli, anche per evitare di incorrere in sanzioni amministrative.

Va da sé come l’obbligo di possesso di green pass nei luoghi di lavoro abbia sollevato non pochi problemi logistici alle imprese, chiamate ad organizzarsi in breve tempo in un quadro normativo non del tutto lineare e di immediata comprensione. Tuttavia, è evidente come il legislatore non potesse ormai esimersi da una siffatta presa di posizione al fine di evitare un’ulteriore ondata di contagi con l’arrivo della stagione invernale e, con essa, ulteriori chiusure e limitazioni agli spostamenti.

Gabriele Fava, 3 novembre 2021

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