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Tutti in lockdown a Natale?

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Proviamo a fare il punto della situazione. Passata la parentesi estiva, quando il ministro Roberto Speranza si preparava a celebrare nel suo libro (poi ritirato) il grande successo del “modello italiano”, è arrivata la seconda ondata. L’abbiamo affrontata prima con il ridicolo obbligo di mascherine ubique. Poi, con la chiusura di bar e ristoranti alle 18 – e con l’ultimatum di una settimana alle palestre: controlleremo, e se non siete in regola, giù le serrande. Ma va: non c’è stato alcun controllo, però, dopo sette giorni, è scattata la serrata. Quindi, siamo passati al coprifuoco nazionale e all’Italia divisa in tre. Trascorso qualche altro giorno, cinque Regioni gialle sono diventate arancioni. Non si conosce ancora il destino della Campania: si decide tutto oggi. Stando all’uomo dei lanciafiamme, la Regione era sull’orlo del baratro. Si vede che, nel frattempo, Vincenzo De Luca avrà distribuito una cura a base di latte al plutonio.

Solo una domanda, ai protagonisti del glorioso “modello italiano”: che senso ha quello che stanno facendo? Che senso ha procedere a spizzichi e bocconi, cambiare le carte in tavola ogni settimana, agendo in base a numeri sui quali ancora mancano pubblicità e trasparenza? Il nostro destino è in mano, come dice il governatore abruzzese, a politicanti sovietici con l’ossessione di tavoli, riunioni e comitati di esperti. I quali, per spiegare cosa fanno delle nostre vite, al massimo sciorinano un algoritmo da 21 parametri.

L’impressione è che siamo di fronte a uno squallido esperimento in stile rana bollita: lo scopo è richiuderci dentro a doppia mandata, ma senza che ce ne rendiamo conto.

Già: Giuseppe Conte, l’uomo che con il primo lockdown s’era costruito un capitale politico da comandante in capo, stavolta ha compreso che gli italiani sono arcistufi del sequestro di persona. Soprattutto, s’è reso conto che la gente ha sgamato i pasticci e le omissioni di governo e commissari da Politburo, quelli che oggi ci condannano a un’emergenza difficile da spacciare come imprevedibile.

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