Tutti in un cul de sac. 4 considerazioni sulla crisi dell’establishment

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Da tempo non faccio più analisi politiche, da mesi scrivo che partiti, grande stampa, establishment sono . Non faccio polemiche, mi limito a disegnare possibili scenari sul come uscirne: un divertissement intellettuale il mio che via via aggiorno. L’ultima volta l’ho fatto nel settembre scorso.

1. Matteo Renzi e Silvio Berlusconi hanno finalmente preso atto che il Partito della Nazione a cui puntavano non è più praticabile: una buona notizia per noi cittadini perbene. Il loro mito Emmanuel Macron terrorizzato che i gilet gialli arrivassero all’Eliseo, ha buttato dalla finestra 6-7 punti di Pil pur di salvare la ghirba. Più dignitosa Angela Merkel, sta chiudendo la sua avventura politica con l’accordo di Aquisgrana che degrada il sogno di Europa a un’alleanza pelosa con la Francia, entrambi felici di essersi liberati degli inglesi. La nuova Europa non è altro che una joint venture fra due bottegai, per distribuire agli europei le merci cinesi (scadenti) che arrivano alla stazione di Duisburg dalla Via della Seta.

2. E M5S e Lega? Sono costretti a fare gli equilibristi fra le promesse (idiote) fatte ai loro elettori e il Mercato (non la Commissione europea, ormai in fase avanzata di decomposizione politica). I due vicepremier non hanno capito che sia la maggioranza nelle urne, sia quella incredibile dei sondaggi malgrado i macroscopici loro errori, non sono conseguenti alle loro tre ridicole e costose promesse del “voglio non posso” (“Reddito di cittadinanza, Flat tax, Legge Fornero”). I cittadini, banalmente, non volevano più vedere quelli che li avevano governati dal 2011 fino a tre mesi fa, i cosiddetti “competenti” (in realtà competenti nelle teorie incompetenti totali nella execution). La priorità dei cittadini era, e rimane, una sola: “Sicurezza” in senso lato, che comprende sia “Migranti” che “Lavoro”. Se volate fare politica, prima riposizionate la società correttamente, poi create ricchezza, quindi ridistribuitela.

3. Il giochino vale pure per l’Establishment: anche loro non sanno come uscire dal cul de sac di chiacchiere ove si sono avvolti. Un giorno sognano l’arrivo di “Mr. Spread” (eppure dovrebbero sapere che il “mercato” sa far di conto). Un altro, addirittura di eliminare la loro bestia nera, Matteo Salvini per via giudiziaria. Ora sognano che arrivi Mario Draghi, un anziano signore dalla straordinaria carriera incrociata pubblico-privato da sempre immerso in quel modello politico, economico, culturale che ha ucciso il “liberale” ascensore sociale. Anche l’Establishment dovrebbe esprimere i suoi giovani gilet gialli, seppur targati Ztl.

4. Infine, una riflessione sulla grande stampa, prendendo a riferimento solo le sette principali testate, dove il loro leader ha “rotto le acque” delle 200.000 copie. Eppure, sono tutti schierati sulle posizioni del passato, non una delle sette testate che, almeno all’apparenza, non pratichi azioni markettare di riposizionamento editoriale. I talk show poi si sono tutti radicalizzati a immagine e somiglianza di Lilli Gruber. Fuori dal coro tv restano Nicola Porro, grazie anche alla sua giovanile “Zuppa” (ultimo giornalista liberale nature su piazza), mentre da quello cartaceo si salvano La Verità, Italia Oggi, e poco altro. Per questo ho fondato Zafferano, non certo per prendere lettori dai pochi rimasti, ma per riportare alla lettura dei giornali le giovani generazioni. Personalmente mi rifiuto di lasciare ai miei nipoti un mondo così sbrindellato, succube dell’ormai ridicolo politicamente corretto dei dem americani.

Cari amici editori e direttori, ripetiamo sempre che siamo entrati in un mondo nuovo, è vero, ma pare non valga per noi: preferiamo rimanere al calduccio nei nostri bunker mentali. È ora di abbandonare l’osceno smog del mainstream, gettare nel cassonetto il linguaggio da bugiardino farmaceutico con il quale ci esprimiamo. Non perdiamo il privilegio di ragionare con la nostra testa e il nostro cuore, fra poco arriverà la generazione “Z”. Non è come le altre, è molto meglio, e ci giudicherà.

Riccardo Ruggeri, 12 aprile 2019

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