GUERRA IN UCRAINA

Ucraina, i timori di Capuozzo: “Zelensky non può accettare. E poi?”

L’Onu boccia il cessate il fuoco di Russia e Cina. In Italia è caccia ai “putinisti”. Intanto cadono le bombe

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di Toni Capuozzo

Non so come la racconterà la grande informazione italiana. Ma ieri al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite la Russia e la Cina hanno presentato una proposta di risoluzione per un cessate il fuoco per ragioni umanitarie. Trucco, mossa furbesca? Quello che volete, ma era l’occasione per prenderli in parola, no? Voti favorevoli, quelli dei due presentatori. Voti contrari tredici. Vedremo come ce lo spiegano: parlava di crisi umanitaria ma non menzionava le colpe dell’aggressore, bisognava spezzare il fronte russo-cinese, occorreva evitare che l’aggressore se ne approfittasse per riorganizzarsi, sono in difficoltà e vogliono la tregua è il momento di punirli… domani ci mostreranno altri orrori, la medicina amara di ogni interventismo.

Sotto la grande ala di Biden non sembra essere uno stormo di colombe quello dei leader europei. È come se una classe politica democratica e moderata avesse preso a modello i democratici americani, che in nome dei buoni principi e di un mondo migliore, hanno avviato guerre e creato vuoti paurosi in giro per il mondo. In Italia il panorama è ancora più modesto, perché si aggiunge una specie di “taci il nemico ti ascolta” per cui ogni dubbio viene affrontato con un aggettivo definitivo: filoputiniano. La chiamata alle armi dei mansueti ha il goffo entusiasmo dei marmittoni al CAR, anfibi troppo nuovi, basco troppo largo, fucile mai imbracciato prima. E intanto la guerra, con i suoi orrori inanella giorni.

Sembra di capire che la Russia abbia rinunciato non solo alla presa, ma persino all’assedio di Kiev, che non è mai iniziato. Hanno scavato trincee, subiscono contrattacchi importanti per il morale dei difensori, ma intanto tengono bloccata la capitale, le sue armi, le sue energie. E si concentrano sull’est del paese. Quando ci si siederà a un tavolo delle trattative, farlo con la costa, tranne Odessa, nelle proprie mani è avere un buon gioco: puoi ritirarti da Kiev, puoi restituire Kherson, ma il resto l’hai portato a casa. Non sarà mai trattato di pace, perché Zelenskj non può accettare la mutilazione della patria. Sarà un cessate il fuoco. E poi? Daremo armi agli ucraini per partire all’attacco delle terre irredente? Faremo guerra per l’Ucraina una e indivisibile? Staremo a vedere, come stiamo facendo per Mariupol, il bunker berlinese o l’ultima Salò del battaglione Azov, con gli assedianti che non sembrano del tipo propenso a fare prigionieri.

A meno che la Russia e Putin non crollino, cosa che ingolosisce. E dopo? Abbiamo qualche esperienza a riguardo di quello che pudicamente viene chiamato “regime change”. In Iraq, in Libia, in Afghanistan, Siria e via dicendo. Scarseggiano grandi leader fermi ma capaci di colpi d’ala, di mosse inaspettate, di mani tese a disarmare l’avversario, di soluzioni che fermino l’inerzia della guerra. Volano solo aerei e, nel loro piccolo, falchi. Occhi fissi a scrutare il terreno, mai uno sguardo al futuro.

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