Un altro prof insulta la Meloni

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Andrea Morrone

Va bene, lo dico subito. Quando diversi anni fa entrai per la prima volta nella sede bolognese di Azione Universitaria (AU), il movimento giovanile di Fratelli d’Italia, trovai ad accogliermi il volto di Giorgio Almirante con sotto la scritta: “Noi possiamo guardarti negli occhi”. Non penso mi lapideranno se lo racconto, né che se ne vergognino. Però, visti i tempi che corrono, non vorrei rischiare di foraggiare di dettagli l’avversione di certi intellettuali verso FdI. La cronaca racconta infatti dell’esistenza di una nutrita pattuglia di professoroni che sembrano considerare i seguaci della Meloni un sorta di rigurgito del Ventennio. Una roba da schiacciare sotto gli scarponi dell’antifascismo militante. Una specie di metastasi cancerogena nel perfetto corpo dell’Italia democratica.

L’ultimo in ordine cronologico si chiama prof. Andrea Morrone, docente di diritto costituzionale dell’Università di Bologna. In un audio, reso pubblico da Dalila Ansalone (vice presidente AU), lo si sente definire Fdi “un partito fascista” durante una lezione in Ateneo: “Se alla Meloni chiedi chi è il più grande statista di tutti i tempi ti risponde Benito Mussolini. Lei non lo dice perché non può dirlo, ma lo pensa”. E per carità, mica si tratta di un “giudizio personale” del prof. Lui sta solo “dicendo i dati”. Dati così accurati da fargli definire FdI “il partito più islamista” d’Italia.

Che è un po’ come considerare Salvini un Capitano di navi Ong.

 

Scontate le polemiche: “È una vergogna che un docente universitario pagato con le nostre tasse faccia propaganda politica”, attacca Ansalone. “Se qualcuno dice che l’Università è in mano a dei faziosi ideologizzati, questi abbaiano e ululano che non è vero”, aggiunge il deputato Bignami che chiede “l’allontanamento dalla cattedra” di Morrone. Il diretto interessato, per ora, sembra non voler commentare. Mentre l’Ateneo, con inattesa cautela, aspetta segnalazioni “ufficiali” prima di prendere posizione. Domanda: ma se un collega di Morrone avesse definito il Pd una costola dell’Unione Sovietica, lo avrebbero trattato allo stesso modo coi guanti bianchi?

Che poi a ben vedere Morrone non è l’unico prof ad essersi lasciato andare a comizi contro Giorgia Meloni. Da tempo esiste una forte avversione, se così vogliamo chiamarla, tra il mondo intellettuale di sinistra e la destra d’ispirazione meloniana. Ricordate? Giovanni Gozzini, storico dell’Università di Siena, definì la leader una “ortolana” e “pesciarola” che portava avanti un “nazionalismo retorico, demenziale e ignorante”. Poi s’avventurò in altri epiteti, tipo “rana dalla bocca larga”, “scrofa” e “vacca”. Certo lo hanno punito (tre mesi di sospensione dello stipendio), ma altri ne hanno raccolto degnamente l’eredità. Un prof della Ca’ Foscari di Venezia, tal Simon Levis Salman, condivise sui social una foto del libro della Meloni rivolto a testa in giù. Stile piazzale Loreto. Un altro collega di Teramo, Guido Saraceni, ne biasimò con tatto la “solita boriosa arroganza da urlatrice di piazza”. Senza dimenticare il mai domo Tomaso Montanari, quello che sminuisce le foibe, secondo cui la Meloni è “il punto di riferimento” di quelle camicie nere d’Italia per cui “non valgono le garanzie costituzionali” come “la libertà di associazione e di espressione”.

Dicono che studiare faccia bene. Ed è vero. Certo che con dei professori così vien voglia di restare ignoranti.

Giuseppe De Lorenzo, 30 settembre 2021

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