Vaccino in gravidanza: un nuovo studio lancia l’allarme

Da una ricerca “peer reviewed” emerge che vaccinare le donne in gravidanza forse non è una grande idea

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di Paolo Becchi  e Nicola Trevisan

In un nuovo studio pubblicato su Science, Public Health Policy & the Law , già sottoposto a revisione paritaria, gli scienziati affiliati alla divisione di epidemiologia e biostatistica dell’Università di Auckland (School of Population Health), riferiscono che il CDC statunitense ha commesso un grave errore nel proprio rapporto sul fatto che la vaccinazione COVID-19 non abbia conseguenze sulla gravidanza.

I risultati portati dal team di ricercatori, smontano le valutazioni del precedente studio di Shimabukuro del giugno ’21, dal quale deriva l’attuale raccomandazione di vaccinare le donne in gravidanza supportata dal CDC e da molti altri enti (vedi link). Lo studio confermava la sicurezza dei vaccini innovativi a mRNA – Pfizer/BioNTech e Moderna nelle prime 24 settimane di gravidanza.

I dottori Simon Thornley e Aleisha Brock riferiscono ora quanto segue:

… l’influente articolo sponsorizzato dal CDC di Shimabukuro et al. (2021) utilizzato per sostenere questa idea, a un esame più attento, fornisce poche garanzie, in particolare all’inizio della gravidanza. Lo studio presenta statistiche falsamente rassicuranti relative al rischio di aborto spontaneo all’inizio della gravidanza, poiché la maggior parte delle donne nel calcolo è stata esposta al prodotto mRNA dopo che il periodo di esito è stato superato (20 settimane di gestazione).

Nel nuovo studio vengono evidenziati questi errori e ricalcolato il rischio di questo risultato in base alla coorte che è stata esposta al vaccino prima della ventesima settimana di gestazione.

La nuova analisi indica un’incidenza cumulativa di aborto spontaneo da 7 a 8 volte superiore ai risultati degli autori originali (p <0,001) e alla media tipica per l’interruzione di gravidanza durante questo periodo di tempo.

Gli autori hanno analizzato i dati del registro v-safe dal 14 dicembre 2020 al 28 febbraio 2021, che includeva 827 gravidanze (su 3.958 iscritti). I dati sono stati raccolti attraverso tre diversi sistemi di monitoraggio: il controllo sanitario delle vaccinazioni, il registro v-safe e il sistema di segnalazione degli eventi avversi del vaccino (VAERS).

Il registro V-safe and Registry Monitoring Prevention è un nuovo sistema di sorveglianza attivo basato su smartphone sviluppato per il programma di vaccinazione COVID-19, che invia messaggi di testo ai partecipanti per richiedere loro di completare un sondaggio online in modo da valutare la loro stato di salute e incoraggiare la segnalazione di eventi avversi.

Le considerazioni sostenute dal CDC in base al precedente studio

Nel precedente studio di Shimabukuro, gli autori avevano concluso che non c’era nessuna evidenza negativa tale da precludere l’uso del vaccino mRNA in gravidanza; in quanto l’incidenza cumulativa di aborto spontaneo del 12,6% (104/827) era considerato un valore “nella media”. Però, Shimabukuro e colleghi ammettevano che tale incidenza avrebbe potuto non riflettere la giusta proporzione, perché i partecipanti potevano essere stati vaccinati dopo il periodo considerato di maggior rischio nel primo trimestre della gravidanza e quindi molte perdite precoci potrebbero non essere state riconosciute e incluse nel calcolo.

Ed in effetti un esame più attento delle 827 donne, rivela che un valore tra 700 e 713 donne sono state vaccinate dopo le 20 settimane di gravidanza. Quindi, una nuova analisi di queste cifre indica un’incidenza cumulativa di aborto spontaneo che va dall’82% (104/127) al 91% (104/114), 7-8 volte dunque superiore ai dati pubblicati dal team di Shimabukuro e sostenuti dal CDC. Di seguito le tabelle.

L’errata valutazione sul rischio di ricovero delle donne in gravidanza

Inoltre per lo studio di Shimabukuro, la morbilità e la mortalità della malattia COVID-19 in gravidanza era stata segnalata come altamente probabile e utilizzata per giustificare le raccomandazioni internazionali sull’uso di vaccini mRNA in gravidanza. Da notare che inizialmente le donne in gravidanza erano escluse dalle sperimentazioni sui vaccini.

Tuttavia, in due studi recenti, questo aumento del rischio non è stato osservato anzi, il tasso di ricovero in unità di terapia intensiva in gravidanza era paragonabile a quei tassi tra la popolazione generale della stessa coorte e la mortalità ospedaliera nelle donne in gravidanza era inferiore rispetto alle pazienti non gravide ricoverate in ospedale con COVID-19 e polmonite virale (studio 1 e studio2).

Lo studio sui ratti per giustificare l’impatto sulla fertilità

Dato che le donne in gravidanza sono state escluse dalle sperimentazioni cliniche iniziali, il possibile impatto del vaccino mRNA sul feto e la relativa capacità riproduttiva (delle donne), è stata valutata utilizzando studi sugli animali (femmine ratti). Lo studio Pfizer-BioNTech sui ratti è stato segnalato per escludere problemi di fertilità degli animali esposti e dei loro cuccioli. Tuttavia, un attento esame dello studio indica un aumento (circa 2 volte) di perdita pre-impianto (9,77% rispetto al 4,09% nel gruppo di controllo), ma i risultati sono stati segnalati per essere classificati come all’interno degli intervalli medi di controllo (5,1–11,5%).

Trasmissione dell’mRNA e della proteina Spike attraverso la placenta e il latte materno

La trasmissione dell’mRNA e della proteina Spike attraverso la placenta e attraverso il latte materno è una preoccupazione, dato l’effetto sconosciuto sullo sviluppo in utero o su un lattante. Il CDC ha ritenuto valido un’analisi fatta della durata di una settimana, su un campione di 5 donne (vaccinate con Pfizer) che allattavano al seno il proprio neonato.

Gli autori del nuovo studio raccomandano cautela e affermano che la conclusione di “sicurezza” emessa dal CDC sia stata troppo frettolosa, visto il campione troppo esiguo (N=5) e osservato in un tempo troppo breve (una settimana). Inoltre il VAERS ha ricevuto numerose segnalazioni di porpora trombotica trombocitopenica (TTP), disturbi gastrointestinali, eruzioni cutanee, reazione anafilattica e morte nel periodo di allattamento post- vaccinazione.

 Conclusioni

Gli autori del nuovo studio suggeriscono, nelle conclusioni, l’immediata sospensione dell’utilizzo dei vaccini a mRNA in gravidanza (a prescindere dalle settimane) e allattamento, nonché il ritiro degli stessi per bambini e popolazione generale in età fertile.

Da ricordare come nella scheda (link), del Comirnaty di Pfizer/BioNTech sia indicato che:

La sicurezza e l’efficacia di Comirnaty nella popolazione pediatrica di età inferiore a 12 anni non sono state ancora stabilite. I dati disponibili sono limitati”.

“I dati relativi all’uso di Comirnaty in donne in gravidanza e in allattamento sono in numero limitato (campione di 23 partecipanti di cui 9 ritiratesi) per tale motivo ne sconsigliano la somministrazione. Inoltre il CSR finale (Study Corporate Social Responsibility) dello specifico studio #C4591015, per valutare la sicurezza e l’immunogenicità in gravidanza e allattamento, è previsto al 30 aprile 2023“.

“Non è noto se Comirnaty sia escreto nel latte materno”.

Pfizer stesso ammette che non  ci sono certezze per i bambini, e sulla gravidanza  afferma che dati sicuri li avremo solo  nel 2023, ma noi – senza tener conto di studi recenti, come quello più recente qui presentato,    che invitano alla prudenza –  abbiamo già iniziato in modo irresponsabile  a vaccinare donne in gravidanza  e ora  continuiamo coi bambini.

 

Per altri approfondimenti visita il sito https://infovax.substack.com/

 

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