Anche i ricchi scassano: Totti-Ilary, protagonismo senza fine

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Anche i ricchi scassano. E non se ne rendono conto, persuasi più che mai che il mondo passi per le loro mutande, fronte-retro. Scassano, sono ridicoli e insopportabili ma, come si dice, “è il mercato” per dire il traffico di influencer e di baggianate più o meno sconce o pruriginose, insomma le solite care vecchie corna che sono un evergreen, quando non sai più come restare a galla, tira fuori i tradimenti, fatti e/o subiti. Ci fanno pure i libri e finché li fanno o meglio glieli scrivono, amen, che quando invece parlano non si capisce niente in quel miscuglio di telecronaca e romanesco che fa pena.

Per esempio tiene banco la Totteide, le corna di Ilari, Ilary, mai capito, e dell’ex calciatore detto Pupone, e sembra “Le tre verità” di Rashomon: interviste, libri, giornali pieni di corna pirandellesche, ho visto lui che incorna lei che incorna lui che incorna me. Tira, questa roba? La sensazione è che venga più che altro imposta, poi il popolo delle fattucchiere e delle parrucchiere, con rispetto parlando, trangugia tutto, ma non è una scelta, è un assorbire pavloviano. Anche i ricchi scassano e prendono patologicamente sul serio i loro squallori a base di “borze”, di Rolex contesi “e il giudice non ha detto che erano suoi tanto è vero che li ha fatti sequestrare in una cassetta di sicurezza”. Prosit! Dicono quelli che la sanno lunga: basta non occuparsene, basta lasciarli fare.

Ma sono i soliti che improvvisano, convinti di conoscere i meccanismi che invece subiscono: il mercato essendo più simile a un bombardamento a tappeto, indiscriminato, stile Israele a Gaza, che ad un meccanismo che offre libertà di scelta. “Il mercato” ha a che vedere con la saturazione ora dei Ferragnez, ora dei Lucarellez, ora dei Tottiez, così la gente, già ridimensionata a consumatori, quindi degradata a follower, seguaci, adepti, consuma e più non dimanda. Ne deriva un gran casino, inutile ma inestricabile, al limite dell’incomprensibile, di amorazzi, tradimenti, palleggi di colpe, questa è gente che conta i milioni a centinaia ma si comporta come i ragazzini delle medie, “ha cominciato lui”, “quando io mi son trovato un’altra lei già ci dava dentro”. Ed è impossibile orientarsi e anche, volendo, prendere posizione. Sarà anche il mercato, ma un mercato indotto, preparato da paginate allucinanti di interviste che non si riservano neanche ai signori delle guerre e dei vaccini. Poi ogni tanto esce fuori qualche figura minore, qualche influencer o cacciatrice di dote, come in una pochade, nel ruolo dell’amante clandestino. “Sono addolorato che Ilari (o Ilary) neghi, eravamo più che amici, condividevano ben più di un caffè”. Sì, tutta la brioche. E l’altro, da qualche magione o castello: “Ahò! Io so’ pronto annà in tribbunale anche domani”.

Il mercato è come il maiale: non si butta via niente e così succede che anche i figli, gli eredi di queste coppie scoppiate e a loro modo alienate, si ritrovino a quindici, sedici anni avvolti in torbide ma incomprensibili storie di corna, di amplessi, di tradimenti a catena, ma questi a scuola non ci vanno? Che sono, tutti come Greta Thunberg? Libri di memorie per raccontare che lui, er Pupone, ha licenziato la sguattera personale della figlia chiamata “Scianel”, o Besciamel, “ma io avendo i soldi l’ho subito riassunta”. Questi ricchi che un po’ piangono, un po’ viaggiano in jet e un po’ anzi molto scassano, non dimenticano mai lo scrupolo egualitario, il rispetto anticlassista e magari ambientalista. Senza esagerare: ci sono cose che vengono prima e così succede che, dopo un periodo di relativa latitanza, i protagonisti di questo bovarismo appiccicaticcio, da ex strato popolare assurto al divismo televisivo, si ripresentino quasi irriconoscibili: sono passati per qualche trattamento radicale e, fra un esplodere di tette, di labbra, di lombi, si riconoscono a fatica i bulbi oculari.

C’è di peggio al mondo di cui occuparsi? Sicuramente, ma questo, signori, è lo stato dell’arte e anche a volerlo ignorare ci raggiunge, ci travolge: voi potete sottrarvi, ma “loro” non vi molleranno facilmente: alzi la mano chi, per quanto snob o allergico al pettegolezzo, può onestamente sostenere di non aver mai saputo niente dei Tottiez o dei Ferragnez, dei loro orologi, delle loro beneficenze forse truffaldine, certamente personali e via discorrendo. Tanto più che i giornalisti, i quali dovrebbero esercitare il legittimo e doveroso diritto di critica anche feroce, finiscono viceversa per smerdarsi proprio con siffatti personaggi: un podcast qua, una trovata là, sempre all’insegna dell’irriverenza e della libertà. Libertà nel conformismo, irriverenza che non disturba nessuno perché fa il gioco di quello che un tempo agli intellettuali eretici e variamente compromessi come Pasolini piaceva chiamare “il potere” ma adesso nessuno si azzarda più perché è se mai una nebulosa che avvolge tutti, intossica tutti.

Poi non può stupire lo spettacolo, squallido, merdoso a sua volta, di qualche epigona che si guadagna la mezz’ora di notorietà simulandosi malata oncologica per pubblicizzare delle borsette. Perché è tutto collegato, potere, antagonismo, ricchi che scassano, poveri che inseguono, ed è per questo che ci facciamo caso, che ne raccontiamo. Tradendo un disagio da eretici, una insofferenza da spretati, da cani ammalati, né coi col populismo socialista né col mercato dei pataccari. Rassegnandoci all’inutilità del fraintendimento e dell’insinuazione, rosicone, poveraccio, “parlaci di Sgarbi che si frega le croste, parlaci di Giorgia che spedisce le armi a Zelenski”, anche se non è vero non fosse altro per la semplicissima ragione che di soldi non ce n’è più neppure per armare noi stessi.

Max Del Papa, 26 gennaio 2024

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