Aspesi, elogio di una femminista controcorrente

Dalla polemica su Biancaneve al “no” ad una donna al Quirinale: le battaglie della Aspesi

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Mi sono innamorato di una femminista. Delle sue idee, voglio dire, perché non la conosco nemmeno. Un amore platonico allo stato puro che ne celebra la grazia, la signorilità, il distacco e quasi la sprezzatura, il fregarsene del “quarto d’ora di celebrità” rincorso dicendo le cose che piacciono alla gente che piace. Qualità aristocratiche e di altri tempi e perciò capaci di far innamorare. E ne celebra la capacità di pensare con la propria testa, e quindi anche di saper evitare luoghi comuni e automatismi mentali, di essere spiazzante e originale, imprevedibile, non disposta a ripetere la solita “canzonetta d’organetto” per far contenti i suoi datori di lavoro, fra l’altro per lo più maschi. Sì, proprio quella intelligenza e finezza di pensiero, quella razionalità che alle donne è stata negata dagli uomini per secoli: considerate (lo sono ancora oggi in certe culture) come tutta natura, emotività, destinate quasi solo a procreare e a servire il maschio. Donne che oggi, anche grazie alle battaglie di femministe come lei, qui in Occidente, hanno potuto fare passi in avanti (come suol dirsi) da giganti.

La Aspesi contro le femministe

È una donna a cui non piace il vittimismo tanto in voga quella di cui mi sono innamorato, ma che vuole che le donne ribaltino le situazioni di sudditanza prendendosi la vita, divertendosi e gioendo, anche col gioco della seduzione in cui sono la vera parte forte al contrario di quanto la vulgata comune oggi pensa. Una donna che ha superato i novanta ma che, proprio per tutte queste sue virtù, sembra ed è la più giovane di tutte le altre femministe a contratto o a gettone che scrivono sugli stessi giornali su cui scrive lei e che sicuramente la mal tollerano.

“Biancaneve faccia la puttana”

Mitico fu il suo commento alla proposta di cancellare Biancaneve dai libri per bambini perché il principe azzurro che l’aveva baciata dormendo lo avevo fatto senza il suo consenso: “Questi discorsi minimi mi hanno davvero stufata. Basta Biancaneve. Faccia la puttana e si diverta”. E discorsi minimi devono essere per Natalia Aspesi, storica giornalista e leader del femminismo, perché di lei qui si parla, davvero quelli odierni su sessismo, catcallin, bodyshaming, di fronte a quelli concernenti le grandi battaglie che lei ha combattuto a suo tempo per una emancipazione vera e non parolaia.

Controcorrente sul caso Beccaglia

E che dire della sua uscita provocatoria sul caso di Greta Beccaglia, la giornalista toscana che era stata avvicinata da un tifoso, un “villano” come ella aristocraticamente lo definisce, che le aveva sfiorato o “palpeggiato” il sedere durante una diretta televisiva, o meglio delle reazioni che essa aveva suscitato con tanto di fanfare contro il “sessismo” e titoloni di giornali? Un gesto riprovevole, volgare e di cattivo gusto, sicuramente da condannare anche perché rivolto a una persona che lavorava e faceva il suo mestiere. Ma da qui a chiedere ergastoli e crucifiggere non una ma mille volte sui media il malcapitato, ce ne corre! Una vera e propria “caccia alle streghe”, come quella che tante donne hanno subito in altri secoli.

Se il femminismo è questo, non un cambio di mentalità ma un riproporre gli stessi schemi al contrario, io non ci sto, ha detto in sostanza in quella occasione la Aspesi. Un’offesa non è un crimine e chiedere l’ergastolo, come è stato fatto, significa sputtanare le vere battaglie, ad esempio quelle delle donne che sul lavoro perdono la vita, come la povera Luana di Empoli che lavorava in condizioni precarie per portare avanti la famiglia e un figlio avuto con uomo irresponsabile che l’aveva abbandonato.

Il colpo finale, la Aspesi lo ha assestato però l’altro giorno, quando, in contemporanea con l’appello di alcune donne ipercorrette (e spesso anche iperbanali) a favore della scelta di una donna per il Quirinale, la Aspesi ha detto “no grazie”. “Non è il momento”, ha specificato, e poi, ha aggiunto,  “le donne di cui circola il nome non hanno il physique du role”. Come dire: una donna comunque e a prescindere no, è populismo puro, seppur di sinistra.    In fondo, è una forma di ghettizzazione e non di emancipazione. Che l’idolo della Aspesi sia una donna come la regina Elisabetta non è un caso: fatti, non parole, questo ci dice questa vecchia, giovane, signora milanese, colta e raffinata e anche con qualche vezzo che non è mai frivolezza ma sempre antica e perduta saggezza.

Corrado Ocone, 6 gennaio 2022

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