A Vilnius bicchiere mezzo pieno per Kiev e monito a Pechino

Impossibili l’ingresso o l’invito nell’Alleanza prima della fine della guerra, ma accordate una procedura accelerata e, nel frattempo, garanzie di sicurezza

5.5k 0
generica_porro_1200_5

Il vertice Nato appena concluso a Vilnius ha quattro aspetti importanti sia dal punto di vista di tutta l’Alleanza sia dell’Italia. L’allargamento dell’Alleanza a 32 membri con l’ingresso della Svezia, la decisione di continuare a sostenere l’Ucraina senza indugi e unitariamente, prospettandole un futuro come membro Nato, i possibili sviluppi delle relazioni con la Cina Popolare e la situazione nel Mediterraneo.

L’ingresso della Svezia

Prima di tutto l’ingresso “dichiarato” della Svezia nell’Alleanza. Pare che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan abbia “ceduto” alla logica, rimuovendo il suo veto, ma non è chiarissimo cosa otterrà in cambio. Per ora ci si deve rallegrare di quanto deciso, salvo ripensamenti del Sultano (una mancata approvazione del Parlamento turco della ratifica dell’adesione di Stoccolma).

Il quasi-percorso dell’Ucraina

Il presidente Usa Joe Biden nel secondo giorno del vertice ha chiarito il percorso dell’Ucraina per diventare un membro dell’Alleanza. Le preoccupazioni di Kiev sono state, come previsto, un elemento dominante nell’agenda dei leader riuniti a Vilnius. Logicamente, il presidente Biden ha cercato di evidenziare la coesione dell’Alleanza a fronte dell’aggressione della Russia.

In concreto, il comunicato finale del vertice conferma la rimozione di una barriera all’ingresso, il “Membership Action Plan” (MAP), e chi ha rilasciato dichiarazioni in merito, ha affermato con chiarezza che l’Ucraina non si unirà alla Nato dopo Vilnius, ma anche che restano pochi passi concreti o scadenze, una sorta di procedura accelerata che l’Alleanza ha accordato come significativa dimostrazione di sostegno a Kiev nella sua difesa dall’aggressione russa.

Necessità di certezze

La presenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky in Lituania da martedì, e l’incontro bilaterale con Biden, sono un segno di unità. Il presidente ucraino in un tweet a fine vertice ha preso atto delle conclusioni raggiunte a Vilnius, ricordando che l’Ucraina ha bisogno di “certezze”, in particolare di “certezze istituzionali“.

Per Kiev è molto positivo che il Consiglio Nato-Ucraina possa davvero darle la necessaria certezza istituzionale, così come è importante però che sia uno “strumento d’integrazione, non solo di partenariato”. Kiev comprende che l’Ucraina non può diventare membro dell’Alleanza a guerra è in corso, ma continua a chiedere efficaci misure di sicurezza sulla via verso l’adesione.

Da parte loro, gli alleati hanno chiarito che inviteranno l’Ucraina a unirsi alla Nato “quando le condizioni saranno soddisfatte” e il presidente Biden ha ribadito che l’Ucraina non è pronta a entrare nella Nato, perché si deve concludere la guerra prima che l’Alleanza possa prendere in considerazione l’ingresso di Kiev.

Garanzie di sicurezza

Ma Biden ha anche espresso il suo pieno sostegno all’Ucraina per il futuro assicurando che, a tempo debito, potrà aderire alla Nato. Sono già formalmente decisi nuovi aiuti militari a Kiev e dopo la conclusione del vertice, Biden e i leader alleati sarebbero pronti a fare un “annuncio importante” sul potenziamento delle capacità militari dell’Ucraina.

Gli Stati Uniti, insieme agli alleati, confermeranno l’intenzione di aiutare l’Ucraina a costruire un esercito in grado di difendersi e scoraggiare un attacco futuro e, dopo questa decisione, si avvierà un processo di negoziati bilaterali con Kiev.

Lo scopo è sia quello di rafforzare la deterrenza di Kiev, sia quello di inviare un messaggio alla Russia rappresentando l’Ucraina come nazione libera, indipendente, democratica e, soprattutto, sovrana. Il segnale significativo a Mosca è che il tempo che passa non è dalla sua parte. La Nato aveva accolto per la prima volta le aspirazioni di adesione dell’Ucraina durante un incontro del 2008 a Bucarest, ora si è definito con Kiev il percorso da seguire.

La sfida cinese

Sul terzo specifico argomento del vertice va subito sottolineato che Pechino ha reagito con rabbia al comunicato Nato che definisce la Cina Popolare come una grande sfida agli interessi e alla sicurezza dell’Alleanza. I leader della Nato hanno affermato infatti che la Cina Popolare ha sfidato gli interessi, la sicurezza e i valori dell’Alleanza con le sue “ambizioni dichiarate e politiche coercitive”.

Per la Nato, Pechino utilizza un’ampia gamma di strumenti – politici, economici e militari – per aumentare la sua impronta globale e il suo potere di progetto, pur rimanendo oscuro sulla sua strategia, intenzioni e rafforzamento militare e le operazioni ibride e informatiche dannose della Cina Popolare e la sua retorica conflittuale e la disinformazione prendono di mira gli alleati e danneggiano la sicurezza dell’Alleanza.

La dichiarazione della Nato afferma anche che Cina Popolare e Russia sono coinvolte in un “partenariato strategico approfondito” e che i due Paesi appaiono coinvolti in “tentativi di rafforzamento reciproco per indebolire l’ordine internazionale basato sulle regole”. I leader hanno esortato la Cina Popolare a svolgere un ruolo “costruttivo”, come uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che detengono il veto, e condannano la “guerra di aggressione contro l’Ucraina” della Russia.

La missione cinese presso l’Unione europea ha condannato le dichiarazioni, accusando la Nato di distorcere la posizione di Pechino e di cercare deliberatamente di screditare il Paese. Basterebbe ricordare quanto minacciato recentemente in merito all’aggressione alla Repubblica di Cina – Taiwan, o la repressione anche in atto a Hong Kong, per capire come siano fondate le preoccupazioni dei leader Nato.

Attenzione al Mediterraneo

Ma nelle conclusioni del vertice c’è anche la conferma di una rinnovata attenzione al fianco sud dell’Alleanza: il Mediterraneo. Proprio l’approccio a 360 gradi, l’attenzione da rivolgere anche al fianco sud e in particolare all’Africa, per fronteggiare il fenomeno delle migrazioni, è stato uno dei punti principali dell’intervento del presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante i lavori a Vilnius. “La coesione è l’arma più efficace”, ha ribadito la premier davanti agli alleati, prendendo la parola dopo il presidente Usa Joe Biden e il primo ministro olandese Mark Rutte.

L’attenzione mostrata al “Mare Nostrum” è importante sia per la gestione delle crisi, soprattutto in Libia e Siria, sia per la tragica incontrollata immigrazione clandestina in atto.

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version