Armi nucleari in Bielorussia, da Putin uno schiaffo politico

Non cambia di una virgola l’equilibrio nucleare in Europa, ma è una grave provocazione. La Nato non schiera testate in Paesi confinanti con la Russia

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I russi rispolverano la minaccia nucleare. Ancora. Ormai ne parlano così di frequente, che verrebbe voglia di non farci più caso, come se stessero parlando del tempo. Tranne che, con 1.500 testate nucleari strategiche e un numero ignoto (da 2.000 a 5.000 a seconda delle stime di intelligence Usa) di testate nucleari tattiche, siamo costretti a prenderli sempre molto sul serio.

L’ultimo che ha parlato, in termini vaghi, di armi di distruzione di massa, è il segretario del Consiglio di sicurezza russo che, ieri, ha rassicurato il suo pubblico affermando: “Abbiamo armi per distruggere qualsiasi nemico, Usa compresi”, in un’intervista rilasciata alla Rossijskaja Gazeta. È una dichiarazione che avrebbe causato le dimissioni immediate di qualsiasi politico occidentale (anche in tempo di guerra), ma che in Russia, a quanto pare, è ormai nella norma.

Basi nucleari in Bielorussia

Sempre con la stessa nonchalance e approfittando della nostra assuefazione occidentale, lo stesso presidente Putin, il giorno prima aveva lanciato una minaccia molto più concreta: “Non stiamo trasferendo le nostre armi nucleari tattiche alla Bielorussia, ma le schiereremo e addestreremo i militari, così come fanno gli Stati Uniti in Europa”.

Cambia, dunque, la postura nucleare russa. La Bielorussia, come i Paesi satelliti dell’Urss al tempo del Patto di Varsavia, sarà il primo Paese europeo ad ospitare basi nucleari controllate da Mosca. Da un punto di vista militare cambia molto poco.

Da anni missili a Kaliningrad

Nell’exclave russa di Kaliningrad, infatti, esistono già depositi di testate nucleari tattiche, recentemente aggiornati, basi di missili balistici a corto raggio Iskander e basi aeree che ospitano bombardieri in grado di trasportare anche bombe e missili nucleari. Il Cremlino ha anche schierato a Kaliningrad missili ipersonici di nuova generazione, capaci di superare qualsiasi difesa anti-missile a disposizione della Nato.

La Russia non ha mai dichiarato di aver stoccato testate nucleari nell’exclave, ma si tratterebbe del classico “segreto di Pulcinella”, come affermano i governi vicini, a partire da quello lituano. Tanto è vero che nessuno ha reagito alla minaccia russa di “schierare armi nucleari nel Baltico”, in caso di ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato, molto semplicemente perché tutti sapevano che le avesse già schierate da anni.

Uno schiaffo politico

L’exclave di Kaliningrad si trova a nordovest della Bielorussia, ancor più addentro al territorio della Nato e già le sue armi, a capacità nucleare, minacciano le città dell’Europa centrale. E allora perché minacciare di schierarne anche in Bielorussia? Perché è un altro Paese.

Quella di Putin è una mossa politica ed è uno schiaffo politico, oltre che al buonsenso, che rompe un equilibrio che dura da 25 anni, dall’inizio dell’adesione alla Nato dei Paesi dell’ex Patto di Varsavia. Putin parla sempre in termini ritorsivi, per cui afferma di avere tutto il diritto di schierare armi nucleari tattiche in Bielorussia, sua alleata, perché tanto “gli americani fanno già così”.

Però da quando i nuovi membri orientali sono stati ammessi nella Nato, dal 1999 ad oggi, nessuno ha mai ospitato basi nucleari, proprio per tranquillizzare Mosca e veicolare il chiaro messaggio che la Nato non ha mire sulla Russia.

Dove sono le armi tattiche Usa

Le basi nucleari con testate tattiche americane sono nel Regno Unito, in Belgio, Olanda, Germania occidentale (non in quella orientale, ex DDR), Italia e Turchia. Le armi tattiche, “campali”, aumentano il grado di tensione proprio perché l’autorizzazione al loro uso potrebbe essere più facile, in un momento di grande tensione, proprio perché nessuno le intende come arma da fine del mondo.

Su questo aspetto, la Nato è stata molto attenta a non irritare la Russia. Le armi nucleari tattiche americane, dopo la Guerra Fredda, sono diminuite drasticamente, da circa 11.000 alle 200 attuali. Nessun Paese in cui sono depositate confina con la Russia.

Nessuna testata nucleare è montata su un missile pronto all’uso e capace di raggiungere il territorio nemico in pochi minuti: sono tutte bombe d’aereo B-61 aggiornate. Dunque sono utili come deterrente o come arma di rappresaglia, totalmente inadatte ad un attacco a sorpresa.

La Russia aveva già condotto un gioco asimmetrico con le sue armi tattiche (non dichiarate) a Kaliningrad, a ridosso dei nuovi membri non-nucleari della Nato. Ma almeno Kaliningrad è Russia, Putin può dire che si tratta del “suo” territorio. In Bielorussia no. Benché alleata è un altro Paese.

Smentito il comunicato con Xi

Quindi, ricapitolando, la Nato è stata attentissima a non irritare il Cremlino, mantenendo le sue testate nucleari fuori dai Paesi che confinano con la Russia. Mentre Putin risponde promettendo di schierare le sue in un Paese che confina con la Nato.

Così facendo, smentisce anche quel che aveva appena dichiarato a seguito del suo incontro con Xi Jinping, il 21 marzo scorso: “Tutte le potenze nucleari non devono dispiegare le loro armi nucleari al di fuori dei loro territori nazionali e devono ritirare tutte le armi nucleari dispiegate all’estero”, si legge nel comunicato congiunto.

I casi sono due: o Putin non ritiene che la Russia sia una potenza nucleare, oppure ha mentito pubblicamente anche al suo maggiore alleato.

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