Crimini di guerra di Israele? Ecco cosa dice il diritto internazionale (quello vero)

Diritto piegato alla propaganda di Hamas. Reazione israeliana a Gaza giustificata e proporzionata. Obiettivi militari e civili, l’assedio, le responsabilità dell’Onu

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Si riempiono la bocca di “diritto umanitario internazionale”, accusano un giorno sì e l’altro pure Israele di “crimini di guerra” e “genocidio”, ma non sanno letteralmente di cosa parlano. L’unico ad aver certamente commesso crimini di guerra è Hamas, sia per l’attacco del 7 ottobre, non solo indiscriminato ma deliberatamente mirato alla popolazione civile, sia per il totale disprezzo della vita dei civili nella Striscia di Gaza, sotto la sua autorità. Nei confronti di Israele, un processo alle intenzioni.

A chiarire i termini legali e i dilemmi morali del conflitto in corso, sul Telegraph, Guglielmo Verdirame, professore di diritto internazionale al King’s College di Londra e membro della Camera dei Lord.

Il principio di proporzionalità

Uno dei principi più abusati, e invocati a sproposito, è quello della “proporzionalità”. Quante volte abbiamo sentito accusare Israele, anche da governi occidentali e organizzazioni internazionali, come l’Onu, di “reazione sproporzionata“.

Ebbene, la proporzionalità nell’autodifesa non significa “occhio per occhio”. Premesso che diffidiamo dei numeri forniti da Hamas, unica autorità nella Striscia, quindi senza possibilità di verifiche indipendenti, anche se a Gaza fossero morti sotto i bombardamenti più civili dei 1.400 israeliani uccisi da Hamas, questo dato numerico non renderebbe automaticamente “sproporzionata” la reazione di Israele.

Primo, spiega il professor Verdirame, perché la proporzionalità va considerata in funzione dell’obiettivo militare dell’autodifesa: “uno Stato può difendersi con una forza proporzionata all’obiettivo dell’autodifesa: fermare e respingere gli attacchi o prevenirne altri”. E considerando ciò che Hamas ha fatto, sta continuando a fare e che proclama, l’obiettivo di guerra dichiarato da Israele, la distruzione delle capacità di Hamas, è “coerente con la proporzionalità nell’autodifesa“.

Il principio di proporzionalità richiede che Israele “eviti operazioni militari che sarebbero eccessive rispetto a tali obiettivi legittimi”, ma per concludere che i bombardamenti, o l’operazione di terra, siano eccessivi, dovremmo conoscere le “valutazioni militari e di intelligence” e “quale contributo abbiano dato, e si prevede daranno, alla distruzione della capacità militare di Hamas“.

Obiettivi militari

Secondo, la proporzionalità “si applica ad ogni singola decisione di colpire un obiettivo militare in cui esiste un rischio per la vita o la proprietà dei civili. Tale rischio non deve essere eccessivo rispetto al vantaggio militare previsto“. Ovviamente, ricorda Verdirame, “i belligeranti devono sempre distinguere tra civili e combattenti, e tra obiettivi civili e militari. I primi non possono essere attaccati, i secondi sì”.

Ed è qui che si entra nel merito delle strutture civili, come ospedali e scuole, che Hamas usa come scudi per le sue attività militari. Si parla in questi giorni dell’ospedale al-Shifa, uno dei maggiori di Gaza, che secondo le forze armate israeliane ospiterebbe nei suoi sotterranei il centro di comando centrale di Hamas.

Ebbene, il diritto di guerra non considera l’attacco ad una struttura civile un crimine di guerra di per sé. Non esiste un “elenco definitivo di strutture che siano sempre civili”, ma una “definizione giuridica di obiettivo militare che dipende da una serie di circostanze”. Strutture generalmente civili “possono diventare obiettivi militari” a seconda delle circostanze, ovvero se vengano usate a scopo militare. Ma in caso di dubbio, una persona o una struttura devono essere considerate civili.

Dunque, con un nemico come Hamas, che usa i civili come “scudi” e le strutture civili come centri di comando, e nasconde le sue postazioni di fuoco nei centri abitati, le decisioni di Israele sugli obiettivi implicano sempre un “complicato bilanciamento tra vantaggio militare e rischio per i civili”. In questo senso dev’esserci proporzionalità. Più è grande il vantaggio militare, per esempio decapitare le forze nemiche del loro centro di comando, più alto il rischio che è legittimo assumersi di colpire i civili, per esempio i pazienti di un ospedale.

L’assedio

Anche sull’assedio di Gaza le cose non stanno esattamente come sostengono i critici di Israele. Innanzitutto, bisogna chiarire che l’assedio “non è un metodo di guerra proibito“. Gli assedianti hanno degli obblighi, come d’altra parte gli assediati. Per esempio, il divieto di usare “la fame dei civili come metodo di guerra”, ma chiaramente lo scopo di un assedio è “tagliare i rifornimenti alle forze nemiche”. Come è possibile conciliare il divieto con l’obiettivo militare dell’assedio?

Il professor Verdirame cita il manuale ufficiale sulle leggi di guerra del Ministero della Difesa britannico, secondo cui “il comandante delle forze assedianti può proporre alle autorità militari della zona assediata l’evacuazione dei civili ma, se tale offerta viene respinta, sarebbe giustificato nell’impedire qualsiasi rifornimento dal raggiungere la zona”.

La richiesta di evacuazione dei civili reiterata da Israele in queste due settimane, che molti hanno condannato come un crimine di guerra in sé, non è solo in linea con il diritto internazionale, ma un preciso dovere come forza assediante.

Nel caso di Gaza, osserva il professore, le autorità non sono interessate al benessere dei civili sotto il loro controllo. E Hamas “merita di essere incolpato” per le carenze dei servizi essenziali ai civili, dirottati per scopi militari. Israele, chiarisce, “non è obbligato a fornire direttamente cibo e medicinali, ma deve consentire a terzi di farlo riducendo al minimo il rischio che Hamas venga rifornito”. Ed è quello che di fatto sta accadendo attraverso il valico di Rafah e che Israele ha consentito.

Le responsabilità dell’Onu

Il professor Verdirame ritiene “appropriate” le richieste di “pause umanitarie” – cosa ben diversa da un cessate-il-fuoco. Ma, aggiunge, è obbligo delle Nazioni Unite “indagare ogni volta che si presuppone una deviazione degli aiuti”. Su questo invece l’Onu è inadempiente. E un esempio lampante è quello del carburante:

Se c’è carburante a Gaza, è responsabilità di Hamas rifornire gli ospedali. Quindi bisognerebbe chiedere prima questo. Se il motivo per cui non si chiede, è che Hamas non è un interlocutore umanitario credibile, perché non condannare la sua violazione dei diritti umani prima di chiedere a Israele di lasciare entrare più carburante?

Ed è qui che il professore centra il punto: “Trattare Hamas come se non avesse alcuna autorità morale e legale è un affronto ai diritti umani e alle leggi di guerra“.

E invece è proprio ciò che molti governi e organizzazioni, in primis le Nazioni Unite, stanno facendo: presumere che Israele stia commettendo crimini di guerra e non ritenere Hamas responsabile di quelli che ha già certamente commesso, nei confronti dei civili sia israeliani che palestinesi.

Piaccia o non piaccia, non è il numero delle vittime civili a fare il crimine di guerra, ma l’atto deliberato di colpirli, o il rischio di vittime collaterali “sproporzionato” rispetto al vantaggio militare di un attacco.

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