L'intervista

Da Mosca a Pechino, i limiti della diplomazia “gesuita” del Vaticano

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Gli aspetti religiosi del conflitto in Ucraina, la frattura interna al mondo ortodosso, la persecuzione dei cristiani nel mondo e la politica cinese del Vaticano, tra gli argomenti trattati in questa intervista a Marco Grieco, giornalista, collaboratore di Domani.

Papa Francesco mediatore affidabile

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Come valuta l’azione del Vaticano in Medio Oriente con riguardo ai conflitti religiosi che contribuiscono alla instabilità della regione?

MARCO GRIECO: Pochi giorni fa, il ministro degli esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, ha annunciato l’incontro in Vaticano con il segretario di Stato, Pietro Parolin. Un anno fa, Papa Francesco stesso incontrò il suo predecessore, mentre il conflitto tra israeliani e palestinesi prendeva la forma di una guerra mediorientale.

Per molti politici mediorientali Papa Francesco è considerato un mediatore affidabile, al punto addirittura che il presidente turco Erdogan nel 2021 in una telefonata gli chiese aiuto per sedare il conflitto israelo-palestinese. Questo perché, con l’enciclica Fratelli Tutti, Bergoglio ha dato prova del fatto che le azioni pastorali possono avere sempre un riscontro politico.

Il prossimo settembre, per esempio, il Papa intende partecipare al Congresso dei leader delle religioni mondiali in Kazakistan: un evento incentrato sul dialogo interreligioso, ma che permetterà a Francesco di incontrare – così, almeno, spera – il patriarca di Mosca Kirill e trovare una soluzione alla guerra russo-ucraina.

Cristiani perseguitati

TADF: In che modo è possibile tutelare i cristiani ancora vittime di violenze ed attentati in numerose zone del mondo?

MG: Quotidianamente Aiuto alla chiesa che soffre denuncia persecuzioni di cristiani in varie parti del mondo. Ne è un esempio la recente espulsione delle suore di Madre Teresa di Calcutta dal Nicaragua per volontà di Ortega.

Per la Santa Sede, tutelare chi è vittima di realtà repressive è spesso difficile, se non impossibile. Laddove può, la diplomazia vaticana fa tutti gli sforzi possibili – come in Africa -, ma altrove invita a una resistenza silenziosa.

Altrove, come in Cina, l’atteggiamento del Vaticano diventa problematico. Molti cattolici, come il cardinale Joseph Zen, incarcerato e poi liberato, denunciano un sistema repressivo: il caso asiatico è un esempio di come sia difficile per la Santa sede adottare una linea ferma. Bergoglio non è Papa Giovanni Paolo II e, forse, in questo senso l’approccio gesuita al dialogo mostra i suoi limiti.

Gli abbracci si scontrano con la realtà

TADF: È possibile creare una convivenza pacifica permanente tra religioni spesso molto differenti sul piano delle abitudini e della tolleranza?

MG: È possibile creare una convivenza tra fedi religiose diverse purché ci sia sempre l’attitudine all’ascolto. È quanto pensa Papa Francesco, che lo ha mostrato in uno dei viaggi-simbolo del suo pontificato, quello in Iraq.

Nella città santa degli sciiti iracheni, Najaf, il Papa incontrò il grande ayatollah Al-Sistani, per poi invocare il dialogo in nome di Abramo, padre comune alle religioni monoteiste a Ur dei Caldei. Ciononostante, questi tentativi di mediazione si scontrano con la realpolitikè il Papa stesso che in territorio iracheno ha ricordato la persecuzione contro l’etnia degli yazidi.

Altrove, come nel caso dell’indottrinamento degli uiguri musulmani in Cina, il Papa stesso non si esprime. Un caso recente su tutti: l’abbraccio di Bergoglio con Kirill a La Havana nel 2016 oggi, più che mai, è lettera morta. È il segno che, se non c’è volontà, gli abbracci ritenuti “storici” servono a ben poco. D’altronde, Bergoglio stesso ricorda che “la realtà è superiore all’idea”.

Il Cremlino ha bisogno di Kirill

TADF: Quanto pesano il fattore religioso e la frattura interna al mondo ortodosso nella guerra in Ucraina?

MG: In questa fase è chiaro che Putin ha bisogno della chiesa di Mosca per giustificare la guerra. La chiesa ortodossa in Russia si regge su tre pilastri: il concetto bizantino della “symphonia”, dove chiesa e stato si completano a vicenda, l’idea del Russkij Mir, cioè dell’unità del mondo russo, e infine il suo legame con Kiev.

Secondo la tradizione, Kiev è il centro spirituale della chiesa di Mosca. Ora che la capitale ucraina appare distante anche dal punto di vista della religione, il Cremlino ha bisogno del sostegno del Patriarca Kirill per giustificare la guerra anche dal punto di vista spirituale.

Non a caso, all’indomani dell’invasione russa in Ucraina, Kirill ha parlato di “guerra metafisica” della Russia contro l’Occidente senza morale. La de-nazificazione professata da Putin va a braccetto con la moralizzazione dichiarata dal Patriarca Kirill.

Inoltre, la chiesa di Mosca sarà necessaria al Cremlino anche per uniformare lo spirito religioso davanti alla prospettiva di annessione di parti del territorio ucraino alla Russia. Aveva ragione il quotidiano Vedomosti che, all’indomani dell’elezione del Patriarca Kirill il 27 gennaio 2009, lo definì “il candidato del potere”.

I passi falsi di Papa Francesco

TADF: Ritiene che una mediazione del Papa possa contribuire realmente alla risoluzione del conflitto?

MG: Finora i tentativi diplomatici della Santa Sede nella guerra russo-ucraina hanno mostrato limiti evidenti sotto vari aspetti. Le iniziative personali del Papa, come recarsi personalmente dall’ambasciatore russo presso la Santa Sede, sono state una rottura del protocollo diplomatico.

In più di un’occasione, il segretario di Stato vaticano, il cardinale Parolin, ha denunciato una difficoltà a dialogare con Mosca. Intanto, il Papa spera di dipanare la matassa in prima persona: vuole andare a Mosca, poi a Kiev, poi ritratta, come nel caso dell’incontro con Kirill a Gerusalemme, poi saltato. Le intenzioni, infatti, poco si conciliano con la realtà e lo scetticismo che viene dall’altra parte.

Personalmente, non saprei dire quanto peso abbia oggi la Santa Sede nella ricerca di una soluzione al conflitto. Le recenti dichiarazioni di Papa Francesco hanno scontentato Kirill (Bergoglio lo ha definito “chierico di stato”), ma anche gli ucraini, che hanno recepito male le parole del Papa quando, in una intervista al Corriere della Sera, ha parlato di “abbaiare della Nato alle porte della Russia”.

Papa Francesco ora punta ad incontrare il Patriarca di Mosca in Kazakistan, ma questi potrebbe benissimo non andarci. Tutto dipenderà da come si svilupperà il conflitto.

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