Ecco la terapia d’urto di Milei: in arrivo oltre 300 misure

Il presidente argentino comincia a ridurre il peso dello Stato nell’economia: privatizzazioni, deregolamentazione, tagli al bilancio. Lo aspettano resistenze poderose

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Mercoledì sera, il fiammante presidente della Repubblica Argentina, il libertario Javier Milei, ha annunciato un piano di riforme radicali per ridurre il peso dello Stato nell’economia, tra cui si contano la privatizzazione di diverse imprese pubbliche, misure di deregolamentazione economica, la facilitazione delle esportazioni e la fine dei controlli sui prezzi.

Misure per decreto

Milei ha elencato 30 punti, aggiungendo che saranno seguiti da un pacchetto più ampio contenente oltre 300 misure per deregolamentare l’economia del Paese. Il decreto fa seguito alla promessa formulata in campagna elettorale di una netta rottura con il modello iper-statalista imposto all’Argentina dal kirchnerismo, fatto di regolamentazioni tentacolari, tasse elevate e un settore pubblico ipertrofico.

I mercati hanno finora applaudito le mosse del nuovo presidente, portando i prezzi delle obbligazioni ai massimi da due anni e mantenendo i tassi di cambio paralleli notevolmente stabili.

Milei è ha fatto ricorso allo strumento del “decreto di urgenza e necessità” in modo da imprimere un vero e proprio shock all’economia argentina nonché per guadagnare tempo prima di presentare la batteria di misure al Congresso.

Secondo la lettera della Costituzione, i presidenti possono ricorrere a “decreti di urgenza e necessità” in “circostanze eccezionali [che] rendono impossibile seguire le procedure ordinarie”. Tali decreti rimangono in vigore fin quando entrambe le camere del Congresso non votino per annullarli.

In minoranza al Congresso

Quel che risulta assai probabile è che Milei dovrà affrontare l’opposizione del Congresso, dove non può contare su una maggioranza assoluta, nemmeno sommando i voti di Juntos por el Cambio, coalizione di centrodestra che probabilmente gli garantirà il proprio appoggio. Difatti, la sua coalizione, La Libertad Avanza, detiene solo il 15 per cento dei seggi alla Camera bassa e meno del 10 per cento al Senato.

Le privatizzazioni

Ma vediamo le principali misure contenute nel decreto. La struttura legale delle aziende statali sarà modificata per aprire completamente la strada alla loro privatizzazione (soprattutto di quelle che operano in settori chiave). Tra le imprese nel mirino del presidente si contano senza ombra di dubbio le reti ferroviarie, le aziende dei media statali, l’azienda idrica e fognaria AySA, la società energetica Enarsa e soprattutto la compagnia petrolifera statale YPF.

YPF, così come le altre compagnie energetiche argentine, ha subito una pesante regolamentazione volta a “proteggere i consumatori” dall’inflazione galoppante, limitandone di fatto entrate e investimenti. Le sue azioni, quotate a New York, valgono ancora circa il 20 per cento in meno rispetto all’aprile 2012, anno in cui fu nazionalizzata dal governo kirchnerista, nonostante il balzo verso l’alto che hanno fatto segnare a seguito del trionfo elettorale di Milei.

Purtroppo, la privatizzazione di YPF potrebbe risultare più difficile di quella di altre aziende, poiché la legge sulla nazionalizzazione del 2012 contiene una clausola avvelenata che richiede l’approvazione da parte dei due terzi del Congresso per la vendita delle azioni del governo.

Trasporto aereo

Un’altra misura contenuta nel pacchetto è quella che autorizza il passaggio totale o parziale del controllo azionario di Aerolineas Argentinas in mani private. Aerolineas Argentinas, compagnia di bandiera in deficit cronico, è stata l’unica compagnia che Milei ha menzionato esplicitamente nel proprio discorso. Il presidente ha dichiarato di aver autorizzato il trasferimento delle azioni – probabilmente ai dipendenti – e di voler allo stesso tempo liberalizzare il settore del trasporto aereo argentino.

Deregulation

Tra le altre misure di indubbio impatto economico possiamo poi citare la deregolamentare dei servizi internet via satellite; l’eliminazione dei controlli sui prezzi dei piani sanitari prepagati; la soppressione del monopolio delle agenzie turistiche per deregolamentare l’intero settore; l’abrogazione della legge sugli affitti, affinché il mercato immobiliare torni a funzionare senza frizioni; l’abrogazione dell’attuale legge fondiaria che limita la proprietà di terreni da parte di stranieri e della legge sulle forniture, che consente al governo di fissare i prezzi minimi e massimi e i margini di profitto per i beni e i servizi delle aziende private. Infine, la soppressione dell’osservatorio dei prezzi del Ministero dell’economia al fine di “evitare la persecuzione delle aziende”.

Con la sua spinta alle privatizzazioni, Milei si pone sulla scia politica dell’ex presidente Carlos Menem, il presidente pro-mercato degli anni ’90 che vendette diversi asset strategici nel tentativo di ridimensionare il governo dopo un periodo di iperinflazione.

Resistenze poderose

Il suo piano arriva una settimana dopo il pacchetto di drastici tagli al bilancio statale e una svalutazione di oltre il 50 per cento del peso ufficiale, e fa parte di un programma di terapia d’urto a 360 gradi progettato per combattere l’iperinflazione e rimettere in carreggiata l’economia.

In conclusione, Milei rappresenta una svolta epocale nel panorama politico non solo sudamericano bensì internazionale. Proprio per questo e data l’ampiezza del piano di riforme, il nuovo governo dovrà far fronte a resistenze poderose da parte di gruppi di interesse radicati, quali sindacati e “impresauri” (imprenditori che vivono di appalti e commissioni pubbliche) nonché da una folta schiera di nemici ideologici.

Il primo presidente dichiaratamente libertario (per la precisione: anarco-capitalista) della storia porta su di sé un’enorme responsabilità. Se la sua amministrazione sarà capace di risollevare le sorti dell’Argentina, creerà un caso di scuola, un benchmark impossibile da ignorare. E potrà spingere la frontiera della libertà un po’ più in là. Tutti i riflettori sono su di lui, specialmente quelli di chi vuole che fallisca.

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