Mandato d’arresto per Putin: ecco tutti gli orrori russi in Ucraina

I crimini elencati in un rapporto dell’Onu, frutto di un’indagine sul terreno: attacchi contro i civili, torture, esecuzioni, deportazioni sistematiche (anche di bambini)

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Un mandato di arresto internazionale per Vladimir Putin. Lo ha emesso ieri la Corte Penale Internazionale. Oltre a quello sul presidente russo, ne è stato emesso un altro per Maria Aleksejevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini al Cremlino.

Il crimine contestato è infatti soprattutto quello della deportazione dei bambini (di cui parlava anche Enzo Reale, su Atlantico Quotidiano), trasferiti in Russia e dati in adozione a famiglie russe. Non è un’eccezione, ma è la regola. Ed è soltanto uno dei tanti crimini commessi.

I crimini russi

Il mandato di arresto viene spiccato due giorni dopo la pubblicazione del rapporto Onu sui crimini di guerra russi in Ucraina. Un rapporto, frutto di un’indagine sul terreno, che rivela come i russi stiano compiendo tutte le nefandezze di cui erano già stati accusati da precedenti inchieste giornalistiche.

Senza scendere in particolari truculenti, basta dire che i crimini non sono stati commessi solo in battaglia o in azioni di guerra, ma anche lontano dal fronte, nelle aree occupate, ai danni di prigionieri civili e militari. Ci sono prove di una sistematica persecuzione e deportazione delle popolazioni nei territori occupati. Ed è questo l’aspetto che dovrebbe preoccupare di più. Perché indica cosa i russi farebbero in tutta l’Ucraina, una volta che dovessero riuscire ad occuparla.

Attacchi contro i civili

I numeri prima di tutto: il rapporto Onu conta più di 8 mila civili uccisi e 13 mila feriti in un anno di guerra, a cui vanno aggiunti ben 5 milioni e mezzo di sfollati e 8 milioni di rifugiati all’estero. Circa 18 milioni di ucraini, quasi la metà della popolazione, necessita di assistenza umanitaria.

Per quanto riguarda i bombardamenti, il rapporto attesta come i russi non solo abbiano ignorato le possibili vittime collaterali quando colpivano obiettivi militari, ma abbiano deliberatamente centrato obiettivi civili: “Molti degli attacchi sono stati ritenuti indiscriminati in quanto, tra l’altro, hanno utilizzato metodi o mezzi che non potevano essere diretti a un obiettivo militare specifico”.

Il rapporto conferma che il bombardamento del teatro di Mariupol e quello della stazione ferroviaria di Kramatorsk (che parte della stampa italiana si era affrettata a negare) siano crimini di guerra russi.

Gli attacchi contro i civili, secondo il rapporto, hanno “danneggiato o distrutto migliaia di edifici residenziali, oltre 3 mila istituti scolastici e più di 600 strutture ospedaliere. Il bombardamento sistematico delle installazioni legate all’energia ha privato, in alcuni periodi, gran parte della popolazione civile di elettricità, acqua e servizi igienici, riscaldamento e telecomunicazioni e ha ostacolato l’accesso a sanità e istruzione”. E tutto ciò, è bene ricordarlo, nel pieno del rigido inverno ucraino.

Torture di civili e prigionieri

Il capitolo più raccapricciante del rapporto riguarda però il trattamento dei civili e dei prigionieri di guerra. Sappiamo solo quel che è avvenuto nelle città e cittadine liberate dall’esercito ucraino nella controffensiva dell’estate scorsa.

Il resto dell’Ucraina orientale e meridionale è ancora sotto la cappa di silenzio imposta dalla censura russa, ma non c’è da dubitare che abbia subito e stia tuttora subendo la stessa sorte. I crimini elencati dall’Onu sono: “uccisioni deliberate, detenzioni illegali, tortura, stupro e deportazione illegale di detenuti”.

La tortura è stata impiegata soprattutto contro i prigionieri di guerra, i loro parenti o tutti coloro che erano sospettati di collaborare con l’esercito ucraino. Quel che è notevole, è che anche a centinaia di chilometri di distanza, nei centri di detenzione dei territori occupati siano stati usati sempre gli stessi metodi di tortura, rivelando l’esistenza di un addestramento specifico, di un manuale.

Lo stupro delle donne, che avviene durante la perquisizione delle loro abitazioni o nei campi di “filtraggio”, sono così frequenti da apparire come un sistema. Il sesso, come arma di tortura, serve evidentemente a umiliare il prigioniero così come il civile e la donna sotto occupazione, oltre che un modo per far sfogare la soldataglia.

Le esecuzioni sono frequenti e spesso precedute da interrogatori e torture. Nelle prime fasi del conflitto, i russi hanno sparato deliberatamente ai civili mentre erano in fuga, nelle loro auto o a piedi, perfettamente riconoscibili rispetto ai soldati.

I centri di detenzione

Anche quando non venivano assassinati, i civili sono stati stipati in centri di detenzione improvvisati, in condizioni pietose. Secondo il rapporto Onu, in questi centri, “le celle erano sovraffollate, con persone costrette a dormire sul pavimento o a turno. A volte, uomini, donne e bambini erano tenuti insieme. Mancanza di luce e di ventilazione, difficoltà a respirare, assenza di riscaldamento a temperature rigide. Le condizioni sanitarie erano inadeguate, con, a volte, secchi o bottiglie come servizi igienici e possibilità limitate o nulle di lavarsi. In un caso, dieci persone anziane sono morte a causa delle condizioni disumane nel seminterrato di una scuola. Gli altri detenuti, compresi i bambini, hanno dovuto condividere lo stesso spazio con i corpi dei defunti”.

La deportazione dei bambini

I bambini sono stati anche vittime di una vera deportazione. Le autorità ucraine stimano che siano stati trasferiti in Russia 16.221 bambini. Il rapporto Onu non conferma questa cifra, ma indica diversi casi, dimostrabili, in cui la deportazione è avvenuta.

I bambini ucraini deportati non erano solo orfani, ma in diversi casi sono stati separati dai genitori nei campi di filtraggio. In Russia sono poi “accolti” da un sistema di adozioni che mira soprattutto a educarli da russi. Un contributo notevole per cancellare l’idea stessa di Ucraina anche nelle nuove generazioni. Questo, per quelli più fortunati. Per i più sfortunati, invece:

Genitori hanno anche riferito alla Commissione che in alcuni luoghi di trasferimento i bambini indossavano abiti sporchi, venivano sgridati e insultati. I pasti erano scarsi e alcuni bambini disabili non ricevevano cure e farmaci adeguati. I bambini hanno espresso una profonda paura di essere separati in modo permanente da genitori, tutori o parenti.

In tutti gli incidenti esaminati dalla Commissione, l’onere di rintracciare e trovare i genitori o i familiari è ricaduto principalmente sui bambini. I genitori e i parenti hanno incontrato notevoli difficoltà logistiche, finanziarie e di sicurezza nel recuperare i propri figli. In alcuni casi, ci sono volute settimane o mesi per riunire le famiglie. I testimoni hanno riferito alla Commissione che molti dei bambini più piccoli trasferiti non sono stati in grado di stabilire un contatto con le loro famiglie e potrebbero, di conseguenza, perderle a tempo indefinito.

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