Perché Taiwan è una nazione, non una “provincia ribelle”

Ma Taiwan è “cinese”? Ecco la vera identità dei taiwanesi ripercorrendo la loro storia. Una rivendicazione politica può determinare la nascita di un popolo

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Ma Taiwan è “cinese”? Dopo aver appreso la notizia della vittoria dell’indipendentista Lai Ching-te alle elezioni presidenziali (bilanciata dalla maggioranza relativa dei seggi ottenuta dal Kuomintang, più conciliante con Pechino, in parlamento) e dopo aver constatato che le palesi minacce pronunciate dai vertici della Repubblica Popolare Cinese non hanno sortito effetti significativi, possiamo porci con più calma l’interrogativo riguardante l’identità di questa isola sempre più immersa in una tempesta geopolitica.

Con una premessa: le identità non sono statiche, ma si plasmano e si modificano nei secoli. Le stesse nazioni hanno una genesi storica e, come dimostra l’esempio noto a tutti degli Stati Uniti d’America, a un dato punto una rivendicazione politica può determinare la nascita di un popolo ben distinto.

La cinesizzazione di Taiwan

Per quanto riguarda Taiwan la storia facilmente mostra come i cinesi stessi siano avventizi al pari degli olandesi che li avevano preceduti nella colonizzazione di un’isola abitata da nativi austronesiani, vale a dire da gruppi umani più simili alle genti del sud del Pacifico.

Certo, la Cina a partire dalla fine del Settecento attua una colonizzazione di popolamento, così nell’arco di pochi decenni immigrati di etnia Han “riempiono” l’isola e forti della protezione dell’Impero diffondono i caratteri tipici dell’amministrazione e della cultura cinese.

Peraltro la “cinesizzazione” di Taiwan avviene in un periodo storico – fine Settecento-inizio Ottocento – in cui il celeste Impero già si inoltrava nella sua decadenza senile e nuovi soggetti più dinamici si affacciavano sul Pacifico: gli americani, i giapponesi.

Colonizzazione giapponese

Proprio i giapponesi dalla seconda metà del XIX secolo si affermano come nuovi dominatori dell’isola. Ora gli “storici” ortodossi del Partito Comunista Cinese dovrebbero spiegarci perché la colonizzazione giapponese sarebbe una “brutale invasione” mentre invece la colonizzazione cinese di poco precedente dovrebbe essere considerata come una gentile presenza, quasi un fatto di natura come i fiori sui prati…

A dirla tutta, Taiwan nella sua attuale conformazione sociale deve molto più alla dominazione giapponese che non a quella cinese. Tutto l’assetto industriale, la propensione alla modernizzazione tecnologica sono state il riflesso della presenza giapponese, con conseguenze che sono andate ben oltre la fine della dominazione coloniale da parte del Sol Levante: nella seconda metà del Novecento Taiwan diventa Paese leader nella produzione dei microchip in parallelo col Giappone che è protagonista della terza rivoluzione industriale.

Gli esuli anticomunisti

Una nuova ondata cinese si verificò dopo la vittoria di Mao sul continente: gli esuli anticomunisti trovarono rifugio a Taiwan perpetuando il sogno di una Cina come l’aveva concepita Sun Yat-Sen, vale dire solida alleata dell’Occidente, incamminata sulla strada di una modernizzazione borghese con un particolare legame con gli Stati Uniti d’America.

Taiwan alla fine del Novecento consolidava la sua alterità rispetto alla Cina continentale appunto sulla base dell’anticomunismo e sul rispetto dei valori tradizionali. C’è un bellissimo capitolo nel saggio di Elemire Zolla “Aure” in cui si mostra come le antiche tradizioni del Taoismo avessero trovato la loro salvezza nell’isola, mentre sul continente l’ateismo militante del Partito Comunista distruggeva le tracce millenarie di buddhismo, taoismo, dello stesso confucianesimo.

Il 1989

Ma forse il punto di massima divaricazione si ha con il 1989. Mentre in Cina prevale il brutale apparato poliziesco contro le richieste di libertà degli studenti di piazza Tien an Men, a Taiwan si smantella lo stesso regime autoritario “bianco” del Kuomintang e si approda ad una compiuta liberaldemocrazia.

Oggi i giovani di Taiwan vivono in una società democratica e pluralista, in cui tutte le opzioni religiose così come i diversi orientamenti sessuali sono garantiti; sono appassionati di Manga e fruitori di una letteratura fantastica molto simile a quella che si produce in Giappone e in Corea del Sud; utilizzano in larga parte l’inglese come strumento di interazione globale.

Possono avere nel loro sangue Dna cinese o indigeno, ma ormai sono “taiwanesi”. Solo un evento forzoso potrebbe ostacolare questo sentimento nazionale ormai predominante nelle nuove generazioni: una invasione militare…

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