Putin-Xi, nulla di nuovo. Anche oggi l’ordine americano finirà domani

Cina e Russia partner da anni, la visita di Xi non aggiunge nulla a quel che si erano promessi nel febbraio 2022. La notizia è che la partnership non è ancora alleanza

4k 2
generica_porro_1200_3

Cina e Russia sono partner. Ma va? Chi lo avrebbe mai detto? A giudicare dai nostri commentatori, in tutti i talk show, l’incontro a Mosca fra Vladimir Putin e Xi Jinping costituirebbe una novità nelle relazioni internazionali, una “svolta” che, tanto per cambiare, pone fine al mondo unipolare americano. Ma la vera notizia non è questa. Che Putin e Xi siano partner si sapeva, infatti, da anni. La vera notizia è che i due non abbiano ancora trasformato la loro partnership in alleanza.

L’antica rivalità tra comunisti

È falso affermare che la partnership di Russia e Cina sia “un fatto senza precedenti”. È solo nella mente dei geopolitici, ancorati al passato, che le due potenze di terra siano rivali o destinate naturalmente al conflitto. Ciò era vero ai tempi del comunismo, quando i maoisti cinesi avevano scomunicato la leadership sovietica post-staliniana, per motivi squisitamente ideologici.

Nixon aveva sfruttato questa rivalità fra comunisti e diviso l’Urss dalla Repubblica Popolare, dai primi anni ’70 in poi. Una spaccatura che sarebbe rimasta fino al collasso dei sovietici. Ma nel mondo post-comunista, questa divisione non ha più avuto ragione di essere.

Potenze revisioniste

Sia Pechino che Mosca (ben prima che Xi e Putin arrivassero al potere) hanno adottato politiche da potenza revisionista, per opporsi ad un ordine internazionale liberale. Lo teorizzò per primo Evgenij Primakov (ex Kgb come Putin), ministro degli esteri e poi premier nella seconda metà degli anni ’90.

E la Cina, con Jiang Zemin, proseguì la strategia del predecessore Deng, per la creazione di un ordine internazionale “multipolare”, in cui un’alleanza con la Russia contro gli Usa era perfettamente funzionale.

Allineate da decenni

Per chi non ha la memoria cortissima: il bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado nel 1999 segnò uno dei peggiori momenti di crisi fra Usa e Cina. Non è ancora chiaro se fosse un colpo deliberato o un errore. Ma se si pensò, allora, che quel bombardamento fosse un “avvertimento” era perché, anche allora, la Cina appoggiava la Serbia di Milosevic, a sua volta alleata di ferro con la Russia di Eltsin.

Negli stessi anni, sia la Cina che la Russia collaboravano attivamente con l’Iran, per consentire al regime degli ayatollah di diventare una potenza nucleare. Quando scoppiò la prima crisi sul programma iraniano, nel 2002, non era un segreto la collaborazione russa per la tecnologia atomica e cinese per quella missilistica.

I Paesi indicati dall’allora presidente George W. Bush come membri dell’Asse del Male, in quanto sponsor del terrorismo, erano tutti sostenuti militarmente sia dalla Cina che dalla Russia. E stiamo parlando di un periodo in cui i rapporti fra Putin e Bush erano ancora ottimi, almeno all’apparenza.

Amicizia “senza limiti”

Anche senza elencare tutte le volte in cui Cina e Russia hanno votato assieme all’Onu e quante volte hanno condotto esercitazioni militari comuni, facciamo un salto di vent’anni e troviamo ancora Putin e Xi assieme a Pechino, in occasione delle Olimpiadi invernali del 2022, promettendosi un’amicizia “senza limiti”.

La stessa che è stata ribadita nella visita di Xi a Mosca. I temi sono identici a quelli di allora: collaborazione energetica, collaborazione per lo sviluppo della rotta artica, scambi commerciali, assistenza reciproca. Da un punto di vista occidentale, può deludere che Xi non abbia rotto con Putin dopo la sua invasione dell’Ucraina, che mina il rispetto del principio di “non ingerenza” negli affari interni, pilastro della politica estera cinese (sulla carta, almeno). Ma francamente, chi si faceva illusioni che Xi potesse rompere con Putin?

Il bicchiere mezzo vuoto

Semmai, a far notizia, è proprio il bicchiere mezzo vuoto uscito dall’incontro fra i due presidenti. La Cina non ha ancora trasformato la partnership in alleanza. Non ha ancora promesso il trasferimento di armi e tecnologie militari ad una Russia in evidenti difficoltà. Se armi cinesi ci sono, arrivano ancora al fronte per vie informali e segrete, non sotto forma di un aiuto aperto e massiccio, come quello che i Paesi della Nato stanno fornendo all’Ucraina.

Xi Jinping non ha condannato l’invasione russa, ma sta sul ramo a vedere gli effetti. E nel frattempo si vuole accreditare al mondo come uomo della trattativa, riproponendo i suoi 12 punti del “piano di pace”.

Sono condizioni inaccettabili per l’Ucraina, che dovrebbe rinunciare al 20 per cento del Paese attualmente occupato dall’invasore e di conseguenza non possono essere accolti positivamente dai sostenitori occidentali dell’Ucraina.

Però solo per il fatto che la Cina si proponga ancora come mediatrice è indice che non si considera alleata della Russia. Vuole ancora giocare il ruolo di parte terza, estranea al conflitto.

Nemmeno l’accordo sul gas

Quanto agli accordi energetici, la Russia non riuscirà, nel breve o nel medio periodo, a sostituire la perdita dei suoi clienti europei. Con la Cina non è riuscita neppure a concludere, in modo definitivo, un accordo per il raddoppio del gasdotto Forza della Siberia.

Benché inizialmente annunciato, non compare nel comunicato ufficiale cinese. Ma anche se venisse completato nel 2030 come previsto, la Russia sarebbe in grado di esportare, al massimo, 98 miliardi di metri cubi di gas alla Cina annualmente, meno della metà di quel che esportava mediamente in Europa.

E non è detto che la Cina compri tutto il suo fabbisogno dalla Russia, perché ha altri fornitori in Asia Centrale e nel Medio Oriente. In pratica, nulla di veramente nuovo sotto il sole dell’Eurasia. Ed anche oggi il mondo unipolare americano finirà domani.

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version