Spirito neo-ottomano: ecco cosa aspettarsi da Erdogan

Intervista a Domenico Nocerino: “promotore di una visione panturca che mira ad unire sotto lo scudo di Ankara tutte le popolazioni turcofone”

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Cosa c’è da aspettarsi dalla rielezione di Recep Tayyip Erdogan, le ambizioni imperiali del “Sultano” turco, i minacciosi piani del regime degli ayatollah a Teheran. Ne abbiamo parlato con Domenico Nocerino, direttore della rivista di geopolitica Opinio Juris, che dedica il suo ultimo numero al dossier iraniano.

Visione panturca

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Cosa dobbiamo aspettarci dalla Turchia, in virtù della riconferma di Erdogan alla presidenza?

DOMENICO NOCERINO: Credo che Ankara continuerà ad approcciare alla geopolitica con lo spirito neo-ottomano che la contraddistingue da quando Erdogan è salito al potere, sia come primo ministro che – successivamente – come presidente.

Come noto, la Turchia gioca su diversi fronti: quello mediterraneo, se pensiamo al suo impegno in Libia. È schierata nel Mar Egeo in aperta contrapposizione con la Grecia, dossier che preoccupa l’intera Alleanza Atlantica, dato che sia Ankara che Atene ne sono parte e rischiano di dare vita a delle tensioni di complessa gestione.

Erdogan considera i trattati di pace della Prima Guerra Mondiale iniqui e rivendica la presunta paternità turca di alcune delle isole presenti nell’Egeo.

Al tempo stesso, Ankara è parte integrante della sfida in atto nel Caucaso: nella regione è in corso una silenziosa guerra tra Armenia ed Azerbaigian che interessa i turchi – a causa dell’influenza da loro esercitata sugli azeri, ritenuti “fratelli minori” – sotto la guida di Erdogan, promotore di una visione panturca che mira ad unire sotto lo scudo di Ankara tutte le popolazioni turcofone sparse per il globo.

Inoltre, la Turchia punta anche a giocare un ruolo da mediatore nella guerra in Ucraina, visti i buoni rapporti con entrambe le parti belligeranti.

Ue anello debole

TADF: Che tipo di relazioni dobbiamo attenderci tra Turchia ed Occidente?

DN: All’inizio della sua carriera politica Erdogan era paradossalmente visto in patria come un esponente riformista e promotore dell’avvicinamento strategico all’Unione europea. Negli anni passati la Turchia voleva addirittura entrare a far parte dell’Ue, anche se quel momento storico è oggi superato.

Al contrario della narrazione avanzata da molti, non penso che Ankara punti ad avvicinarsi a Bruxelles per aumentare il proprio peso geopolitico. Piuttosto, è l’Unione europea ad essere l’anello debole nelle relazioni con essa.

Pensiamo alla crisi dei migranti di qualche anno fa: Erdogan ha ricattato l’Ue e preteso miliardi di euro in cambio dello stop ai flussi migratori siriani. Il rapporto negli anni futuri non subirà modifiche strutturali. Ankara perseguirà i propri interessi strategici, se necessario anche a nostre spese.

Il riavvicinamento Iran-Sauditi

TADF: Quali piani sta invece perseguendo l’Iran? Come evolveranno i rapporti con le monarchie del golfo?

DN: Nelle scorse settimane abbiamo assistito ad un cambio di paradigma impensabile, dato che in virtù dell’interlocuzione con Pechino c’è stato un avvicinamento tra Arabia Saudita ed Iran, storicamente nemici ed a capo dei rispettivi fronti sunnita e sciita.

Come conseguenza di questo appeasement, il presidente siriano Bashar Al-Assad è stato riammesso all’interno della Lega Araba, da cui era stato espulso in seguito allo scoppio della prima guerra civile siriana.

Inoltre, l’Arabia Saudita con questa decisione dimostra la volontà di distanziarsi da Washington e Gerusalemme, tollerando la mediazione cinese, nel tentativo di modificare l’equilibrio nella regione mediorientale.

Il programma nucleare

TADF: Come evolverà il dossier nucleare? Vi è il rischio dello scoppio di un conflitto diretto tra Iran e Israele?

DN: L’Iran persegue “l’ambizione atomica” perché ritiene di avere il diritto di dotarsi di armi non convenzionali, che sono in possesso di altri stati della sua stessa regione, come Israele, Pakistan e la stessa Turchia (in quanto Paese sotto l’ombrello Nato).

Questo mette a rischio la sicurezza e la libertà degli altri Paesi mediorientali, in particolar modo Israele. Quanto alla possibilità di uno scontro diretto, è da evidenziare che un conflitto sul territorio iraniano sia complicato da combattere, come la storia insegna.

L’Iran è un territorio geograficamente difficile da attaccare su larga scala ed in questo momento la congiuntura internazionale non è delle migliori, fattore che non favorisce l’idea di sferrare un attacco. Pertanto, Israele potrebbe continuare a perseguire la politica degli attacchi mirati che porta avanti da più di dieci anni.

Il Mossad attraverso azioni contro gli scienziati che lavorano al dossier nucleare e virus informatici ha già ottenuto dei risultati efficienti per rallentare lo sviluppo del programma nucleare iraniano.

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