La sinistra sente franare il terreno sotto i piedi. Parla Beatrice Venezi

Il direttore d’orchestra sulla contestazione a Nizza: “Il mondo sta andando più a destra, se ne facciano una ragione. L’alternanza al governo alla base della democrazia”

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Come tutti sappiamo, il maestro Beatrice Venezi ha subito una contestazione durante il recente concerto all’Opera di Nizza (Francia). Non si è trattato del primo caso di ostilità verso questa giovane direttrice d’orchestra. I tanti articoli che hanno parlato dell’evento – tristemente tutti scritti da uomini – hanno descritto egregiamente i fatti quindi eviteremo di ripeterli.

Abbiamo invece deciso di intervistarla, non tanto per farci raccontare l’evento, quanto per cercare di comprendere insieme a lei il contesto che porta a questi tristi fatti. Inevitabile parlare alla fine di cancel culture, di politica e in particolare della politica culturale del governo Meloni.

Ma – proprio rifacendoci alla frase con cui abbiamo aperto – vogliamo invitare tutti i lettori a leggere anche tutta la (lunga) prima parte di questa intervista, dove si parla di cultura, musica e società in modo tutt’altro che banale. Faticoso forse. Ma vi promettiamo che si tratterà di tempo ben speso, di “unregretted user-minutes” come direbbe Elon Musk.

L’intervista a Beatrice Venezi è stata curata da Virginia D’Umas per Radio Nizza e da Marco Hugo Barsotti per Atlantico Quotidiano, il podcast completo è disponibile a questo indirizzo.

Il linguaggio giusto

VIRGINIA D’UMAS: Per prima cosa le chiederei di raccontare di lei: un po’ della sua storia, la sua passione per la musica, come è nata.

BEATRICE VENEZI: Benissimo, con un grande piacere. Dunque, comincio a studiare il pianoforte da bambina in maniera quasi casuale perché avevo una propensione per la musica, anche per la danza, per il ritmo. E perché c’era una signora che dava lezioni di pianoforte nella mia scuola elementare. 

Non vengo da una famiglia di musicisti, comincio dunque in questo in questo modo, quasi casuale, e mi appassiono subito, mi innamoro subito dello strumento. Dopo qualche anno, inizio a sentire l’esigenza di esprimermi attraverso un altro mezzo che non fosse solo lo strumento musicale. 

Sentivo che la musica era il linguaggio giusto ma comunque mi mancava ancora qualcosa. Ho trovato questo qualcosa nella direzione d’orchestra. Poi con il tempo ho capito che oltre la componente artistica – fondamentale e principale – c’è anche una componente relazionale, la relazione con le persone che è altrettanto importante nel lavoro di un direttore.

Mi diplomo in pianoforte e nel frattempo comincio a lavorare come maestro collaboratore sia in Italia che all’estero. Questa per me è stata una grandissima esperienza, mi ha dato l’opportunità di imparare molto anche sul repertorio operistico che forse è il core del mio lavoro, cose come respirare assieme i cantanti, insomma tutto ciò che si impara solo attraverso quel tipo di bottega. Poi ho studiato composizione e direzione d’orchestra e ho completato i miei studi con il biennio di direzione d’orchestra al Conservatorio di Milano.

Un allenatore più che un comandante 

VDU: Quando si pensa al direttore di orchestra si pensa in automatico a un uomo, in realtà forse questo vale per tante professioni prestigiose. In ogni caso, nel campo della musica per una donna è più difficile arrivare al podio?

BV: Indubbiamente sì, c’è ancora molta misoginia in giro. Storicamente è una figura maschile non soltanto perché di prestigio, ma anche perché è una figura di controllo, di comando in qualche misura, anche se a me piace pensare al direttore d’orchestra, principalmente, per fare un parallelo con lo sport, come ad un allenatore che poi scende in campo e gioca assieme alla sua squadra. 

Quindi ho un’idea più di team per quello che riguarda il lavoro d’orchestra. Ci sono ancora tanti cliché da abbattere, c’è ancora una certa misoginia soprattutto quando si lavora con dei colleghi, dei musicisti, dei professori d’orchestra avanti con l’età che spesso sono uomini, insomma ecco ci sono diverse barriere da abbattere

Meritocrazia

BV: Però alla fine l’orchestra è sempre comunque, come posso dire, meritocratica, l’organismo è meritocratico; quindi, alla fine l’orchestra riconosce sempre il valore del professionista che ha davanti. Resta il fatto che riuscire a dimostrarlo significa aver nel frattempo scavalcato tutta una serie di barriere. 

Complessità, un valore 

VDU: Secondo una ricerca commissionata da Billboard Nielsen, la musica classica rappresentava il 3 per cento delle vendite di musica nel 2009, percentuale che è scesa all’1 per cento nel 2019. Non ho dati più recenti ma è difficile pensare il trend si sia invertito. Dobbiamo rassegnarci ad un’estinzione del genere? E andando sul personale, qual è la sua esperienza riguardo al rapporto giovani-musica classica?

BV: Credo che non ci dobbiamo e non possiamo neanche in assoluto rinunciare a questa forma d’arte, una forma d’arte più complessa rispetto agli altri generi musicali ma questo è un altro cliché da abbattere. Molte volte mi sento dire come premessa “ah io non sono un esperto”. Però non devi essere un esperto per venire a teatro e poter fruire di un momento di bellezza attraverso la musica classica… almeno io credo.

Chiaramente se hai una preparazione riesci a goderti meglio quel momento perché capisci di che cosa tratta quell’opera, quando è stata composta quella sinfonia e quant’altro, ma anche se non sei preparato puoi comunque godere della bellezza di quel momento

È una domanda che per un concerto pop o rock per esempio non si farebbe mai. “Non vengo perché non ho mai sentito nessuna canzone di quel cantante e quindi non so come interpretarlo” è una domanda che nessuno di noi si farebbe mai, per gli altri generi musicali. 

Un approccio popolare

Ma ricordiamo che la musica classica stessa è nata perché era il pop dell’epoca, lo possiamo dire tranquillamente. Quindi riavvicinare, rendere più accessibile la musica classica in parte divulgandola in maniera comprensibile e non autoreferenziale come spesso accade – perché la divulgazione oggi è spesso e volentieri abbastanza elitaria e respingente… forse il contrario del termine divulgazione.

Quindi ritornare ad un approccio più popolare sicuramente attraverso i grandi classici è a mio avviso un’operazione importante. Proprio perché questi sono stati scritti tanti anni fa, secoli fa, ma ancora oggi mantengono viva la loro potenza espressiva

Infine un’ultima cosa rispetto alla complessità del genere da cui sono partita. Certo, è un genere più complesso e noi siamo nella società della semplificazione, forse anche della banalizzazione: ecco allora credo che ci sia anche un valore sociale e culturale importante, da non dimenticare, per quello che riguarda l’insegnamento e l’approccio alla musica classica. C’è una valenza anche per ciò che riguarda l’educazione in senso lato: quella alla complessità, il che oggi è un valore ed è una cosa che assolutamente dobbiamo conservare.

Bellugi e Bernstein

VDU: Lei ha già collaborato con artisti di fama internazionale come Placido Domingo, Andrea Boccelli e Carla Fracci, da chi trae maggiore ispirazione? 

BV: Devo dire che sono state tutte delle esperienze importanti, ogni volta che collaboro con un artista, noto o meno noto che sia, comunque c’è sempre tantissimo da imparare, si continua a migliorare. Ci sono dei personaggi, dei direttori d’orchestra soprattutto, che sono stati significativi nella mia formazione. Alcuni ho avuto la fortuna di conoscerli perché erano ancora vivi, di altri ho avuto solo la possibilità di vedere qualche video. 

La prima persona importante sicuramente è stato il mio primo maestro, cioè Piero Bellugi, un grandissimo direttore d’orchestra, oltre che uomo straordinario, proprio come caratura umana. 

Lui era allievo di Leonard Bernstein. Lo stesso Bernstein, pur non avendo avuto l’opportunità di conoscerlo, di incontrarlo, per me è un mito assoluto, anche e soprattutto nell’ottica della comunicazione e della divulgazione, perché fu il primo che percepì, che capì l’importanza del nascente mezzo televisivo per la divulgazione della musica classica. La utilizzò molto e, appunto, faceva della musica classica una divulgazione che non era accademica e autoreferenziale, ma assolutamente popolare, quindi anche sotto questo profilo per me è un punto di riferimento. 

E poi Carlos Kleiber, con la sua tecnica direttoriale eccelsa e quella leggerezza nell’affrontare la musica, che è una cosa che a volte manca al mio mondo. Leggerezza non intendo superficialità assolutamente, ma al contrario quel saper, come diceva Calvino, planare dall’alto sulle cose

Democratici con chi la pensa come loro 

MHB: Volevo passare a quello che è successo a Nizza, ma arriviamoci per gradi. Ho letto un po’ di articoli che la riguardano, se ne sono scritti tantissimi. Sempre da uomini, tra l’altro. Sicuramente non ho trovato una donna che abbia scritto a suo favore, una cosa triste. Comunque, l’accusa in generale è di essere, tra virgolette, neofascista o addirittura sostenitrice di Meloni, che è una cosa terribile, ovviamente. Però nessuno ha citato motivi, solo etichette, come appunto “neofascista”. Nessun fatto, nessuna argomentazione. Nessuno, come forse ha detto lei prima, va oltre l’etichetta?

BV: Ma sì, sicuramente queste persone giudicano per pregiudizi, sono persone fondamentalmente antidemocratiche, perché il principio base della democrazia che tutti devono accettare, se vogliono vivere in democrazia, è l’alternanza. Una volta vince la sinistra, una volta vince la destra.

E questa è la prima cosa che i famosi democratici – che in realtà sono democratici solo con chi la pensa come loro – già di per sé non accettano. Ed è per questo che li definisco antidemocratici.

Nel mio caso specifico sono persone che hanno cercato e che cercano di censurare, di denigrare, sicuramente di manipolare e anche di mistificare. Come dicevo, giudicano per dei pregiudizi e appunto discriminano sostanzialmente un artista sulla base delle sue, tra l’altro, presunte idee. 

Perché tutto questo nasce dal fatto che lavoro per il governo italiano in questo momento come consigliere, quindi come ruolo tecnico. Non ho mai preso una tessera politica in vita mia, non ho mai fatto politica

Un tecnico (artista) in aiuto al governo

Eppure vengo giudicata, discriminata per un ruolo tecnico di cui in realtà si dovrebbe anche essere contenti, perché finalmente il governo ha chiesto ad una persona del settore di dare una mano per quel settore specifico.

Abbiamo raggiunto diversi risultati da questo punto di vista in un anno di governo. Abbiamo rinnovato un contratto nazionale del lavoro che era fermo da più di vent’anni. Abbiamo messo in moto tutto il sistema di quella che in Francia è l’intermittence, che in Italia non esisteva per il lavoratore e lo spettacolo.

I debiti della sinistra

Stiamo lavorando ad una riforma dell’intero comparto perché ricordiamoci che le gestioni precedenti, forse ne avrete sentito parlare, hanno portato a casi tipo quello del Maggio musicale fiorentino, con un sovrintendente che ha fatto 56 milioni di debito. È inaccettabile. Queste sono delle misure concrete su cui il governo si sta misurando e su cui sto dando una mano, sto dando il mio parere da tecnico.

Intendiamoci bene, se facessi politica accetterei senza problemi la contestazione. Se faccio un comizio e vengo contestata, questo va bene, fa parte del gioco. Ma ero a Nizza nella mia funzione di direttore d’orchestra, per svolgere il mio lavoro, e quelle persone volevano impedirmi di svolgerlo, impedirmi di lavorare. Questa è discriminazione. 

Inclusivi solo a parole 

Discriminazione su base ideologica, sulla base del colore della pelle, sulla base del credo religioso e quant’altro. Questo secondo me è l’aspetto che non si vuole mettere in evidenza perché è quello scomodo, ma è la realtà. 

Tornando ai commenti, devo dire che sono stata gradevolmente sorpresa dell’opinione pubblica francese, perché ho letto tante cose sui media e anche sui social media e devo dire che c’è stata una condanna piuttosto forte nei confronti di queste tre persone. 

Egemonia culturale 

MHB: Come si è creata questa egemonia delle sinistre a fronte di contenuti che – come abbiamo visto – spesso non ci sono? Come se ne può uscire?

BV: Posso parlare per l’Italia, dove c’era il famoso patto tra Partito Comunista e Democrazia Cristiana; c’era questa spartizione, tutto quello che riguarda impresa e gestione burocratica dello Stato alla Democrazia Cristiana e tutto quello che riguarda cultura, scuola, eccetera, invece alla sinistra.

Questo ha portato alle conseguenze attuali. Si sono creati dei veri e propri potentati, circoli di potere, è inutile negarlo, tant’è che il motivo di questa acredine, di questa violenza anche nei miei confronti e non solo, sta nel fatto che sentono che la terra sotto i loro piedi sta frenando. 

Perché comunque c’è un inversione di rotta un po’ in tutta Europa, un po’ in tutto il mondo in realtà, politicamente parlando. Il mondo sta andando più a destra, verso una direzione più conservatrice, più… 

Metodi mafiosi 

MHB: Direi progressista in effetti. La destra oggi è progressista, la sinistra conserva le posizioni.

BV: Per assurdo sì, in questo momento sì. Sono assolutamente d’accordo. Eh, questa cosa di usare le etichette… Comunque sì, si sentono evidentemente franare il terreno sotto i piedi. Gli ultimi pilastri che gli erano rimasti erano appunto scuola e cultura, venendo meno anche questi chiaramente vanno nel panico, verso un cortocircuito.

Quindi credo che questa violenza, ripeto, perché – e questo ci tengo a sottolinearlo – il metodo utilizzato in quel caso specifico è un metodo intimidatorio che non faccio fatica a definire mafioso. D’accordo? Cioè, l’intimidazione, nel caso specifico nei miei confronti, in generale nei confronti della parte avversa è un metodo mafioso. Vengono utilizzati questi metodi proprio perché si sente evidentemente la terra che frana sotto i propri piedi.

Cancel Culture e islamizzazione 

BV: Non so quanto tempo servirà per uscirne ma credo che sia assolutamente possibile, anche perché c’è una grossa fetta dell’opinione pubblica anche in Italia e da quello che ho visto anche in Francia, che è assolutamente contraria alla cancel culture, a quello che oggi definiamo pensiero unico e quant’altro. 

Perché è una cosa che si allarga non soltanto chiaramente alla dicotomia destra-sinistra ma anche a tematiche che sono veramente trasversali e che impattano ancora una volta tutti. 

Nel vostro caso ho visto un po’ la situazione, ho letto un po’ quella che è la situazione francese, con questa islamizzazione del Paese. Credo che questo faccia paura a tanti sinceramente. L’Italia non è ancora a quel livello. Ma credo che ci sia comunque finalmente una presa di coscienza da parte delle persone.

Alternanza al governo

BV: E quindi, tornando alla questione del fascismo, perché scalpitano e tirano in ballo il fascismo? In primo luogo, credo, perché non hanno contenuti, non sanno di che altro parlare, quindi tirano in ballo l’unica cosa che possono dire, anche se non c’è alcun tipo di fondamento. 

Non ho mai fatto alcun tipo di esternazione neofascista. E neanche questo governo l’ha mai fatta. Poi vorrei ricordare a tutti che qualsiasi movimento in Italia faccia riferimento al fascismo non può nemmeno diventare partito, non può essere eletto, sarebbe illegale. Per cui di che stiamo parlando? 

Questi signori si devono fare una ragione del fatto che esiste l’alternanza, per l’appunto, e che questo è un governo democraticamente eletto dagli italiani. Oggi c’è Meloni, per cinque anni è così, poi si vedrà.

La cultura volano per l’economia 

MHB: Per finire in leggerezza… Le capita mai di parlare con il presidente del Consiglio? Riesce a parlarle di cultura o la sua testa è tutta presa dalla politica?

BV: Assolutamente. Assolutamente sì. Certo la priorità in questo periodo è stata data ad altro, alla manovra. Però fin da subito, dall’inizio del suo mandato e anche da prima, Giorgia Meloni ritiene la cultura un tratto identitario fondamentale e anche un volano per l’economia del nostro Paese. Per cui devo dire che è il primo governo di destra, ed anzi di centrodestra che si occupa finalmente dei teatri, del mondo della cultura… perché gli anni Berlusconi – diciamolo – sicuramente questo non lo hanno fatto.

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