Sotto attacco la proprietà privata, non il diritto a manifestare

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Sarà anche scritta male, e forse se ne poteva fare a meno, ma un sicuro merito la discussa norma anti-rave ce l’ha avuto. Quello di aver fatto emergere un tale sprezzo per la tutela della proprietà da parte di autorevolissimi giuristi, in pratica il gotha del diritto italiano, tra costituzionalisti e avvocatura, da far passare in secondo piano le criticità – che pure ci sono e che fin da subito Atlantico Quotidiano ha segnalato.

Fondamentalmente il nuovo reato è inutile. Sarebbe bastato aggiungere all’articolo 633 del codice penale le parole “o tenervi un raduno”, e la previsione del sequestro della strumentazione, per specificare che il reato già esistente debba applicarsi anche quando l’invasione arbitraria abbia come scopo raduni come i rave.

Ma no, la critica al provvedimento non si è concentrata sul panpenalismo, né sull’abuso della decretazione d’urgenza (qui chi non ha peccato, scagli la prima pietra).

La strumentalizzazione politica

L’insistenza con cui politici, giornali e giuristi di sinistra hanno invece sostenuto che la norma in questione possa applicarsi alle riunioni in luogo pubblico, e persino alle feste in spiaggia o nei parchi, cocciutamente ignorando la nozione, già presente nel nostro codice, di “invasione arbitraria”, senza la quale la nuova fattispecie non si configura, non può che indurci ad arrivare a due conclusioni, tra loro non alternative.

Tale insistenza, a dispetto degli elementi fattuali, è evidentemente finalizzata a creare la narrazione di un governo intento a criminalizzare il dissenso e limitare la libertà di manifestazione. Narrazione perfettamente coerente con l’accusa di fascismo, l’unica arma di una opposizione allo sbando.

Si insinua l’idea che il decreto fornisca alle forze dell’ordine uno strumento repressivo che vada ben oltre i cosiddetti rave, forse sperando cinicamente che soffiare sul fuoco dello scontro politico violento, a partire dai collettivi studenteschi, che abbiamo visto già all’opera alla Sapienza, possa alla lunga portare benefici.

E gli studenti, molti dei quali in buona fede, sono i più suscettibili a cadere nelle strumentalizzazioni, convincendosi che la norma possa davvero essere applicata anche a picchetti, occupazioni di aule e di scuole e a varie forme di dissenso.

L’invasione arbitraria

Ma c’è di più, dev’esserci di più, oltre la strumentalizzazione politica. A stupire infatti è la quantità di costituzionalisti e giuristi che anche giorni dopo la pubblicazione del decreto sembrano continuare ad ignorare del tutto la nozione di “invasione arbitraria”, già prevista dall’articolo 633 del codice penale, e la circostanziata interpretazione che numerose sentenze della Cassazione ne hanno dato, come riportato nella pregevole analisi di Giacomo Canale qualche giorno fa su Atlantico Quotidiano.

È chiaro infatti che perché si configuri il reato di cui al nuovo articolo 434-bis, dev’esserci una “invasione arbitraria” di edifici o terreni altrui da parte di chi non ha alcun titolo a entrarvi, altrimenti non scatta, non basta che la polizia o un prefetto ritengano “pericoloso” il raduno.

E la Cassazione è stata molto chiara nel precisare che “invasione arbitraria” si ha in relazione ai luoghi su cui il possessore possa esercitare lo “ius excludendi alios”. Questo esclude quindi dall’ambito di applicazione le manifestazioni di dissenso tutelate dall’articolo 17 della Costituzione.

Chiunque, infatti, ha titolo a trovarsi in una piazza o in una spiaggia, così come uno studente all’università, quindi per definizione non può aversi “invasione arbitraria”. Questo dice la Cassazione con riguardo all’applicazione dell’art. 633, che ha come presupposto la stessa condotta materiale del 434-bis.

Per sostenere che la nuova norma rappresenti una minaccia per l’art. 17 occorre espungere dall’analisi la nozione di “invasione arbitraria”, far finta che non sia il presupposto materiale del reato, il che è un’operazione intellettualmente disonesta.

Problema di cultura giuridica

Bisogna presumere che eminenti professori e giuristi non conoscano l’articolo 633 e la giurisprudenza della Cassazione? Che abbiano dato fiato alle loro trombe senza averne cognizione?

Piuttosto, siamo di fronte (1) ad una strumentalità politica talmente sfacciata da travolgere qualsiasi elemento fattuale, oppure (2) ad una cultura giuridica che esprime sprezzo assoluto per la tutela della proprietà, molto oltre quanto potessimo immaginare. Ovviamente senza escludere la combinazione delle due ipotesi.

Al netto della strumentalità politica, è proprio questo che dovrebbe maggiormente allarmarci. Professori di diritto, magistrati, persino avvocati, principi del foro, che mostrano totale noncuranza per i diritti di proprietà, rinnegando una cultura giuridica millenaria.

Il regalo di Gualtieri agli occupanti

Non sorprende che da una tale cultura giuridica diffusa, persino presso il gotha dei giuristi italiani, derivino poi attacchi alla proprietà privata come quello cui assistiamo in questi giorni a Roma.

Il sindaco Roberto Gualtieri ha recepito in una direttiva la mozione del Consiglio in cui si chiedeva di accordare residenza e allaccio ai servizi essenziali agli occupanti abusivi “vulnerabili”, attuando una specifica deroga prevista all’articolo 5 del decreto Renzi-Lupi del 2014.

Da oggi, quindi, gli uffici anagrafici del Comune dovranno iscrivere alla residenza i soggetti “meritevoli di tutela” che ne facciano richiesta e le utilities fornirgli acqua, luce e gas.

I “vulnerabili”

Ma chi sono questi “vulnerabili”? Forse stiamo esagerando, in fondo si tratta di poche persone per cui si può fare un’eccezione? Vediamo.

Rientrano nella deroga “liberi tutti” di Gualtieri persone seguite dai servizi sociali di Roma Capitale; minori, disabili, o anziani sopra i 65 anni; persone con un reddito inferiore al minimo stabilito da una legge regionale del 1999 (oggi fissato a poco più di 21 mila euro, non pochissimi); immancabili i richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale; persone in condizioni di precarietà abitativa con conseguenze sulla situazione igienico-sanitaria, ovvero prive delle utenze.

Un ampio spettro di situazioni in cui praticamente è possibile far rientrare quasi chiunque, tanto che ieri Il Messaggero stimava i beneficiari della deroga in un 95 per cento di tutti gli occupanti residenziali.

Senza considerare che se concedi residenza e utenze a chi occupa abusivamente, poi non puoi lamentarti se il mercato degli affitti è praticamente inesistente, con prezzi esorbitanti e richieste di garanzie assurde, e se esplode il fenomeno degli affitti brevi su Airbnb.

La vera emergenza giuridica

L’Italia già risulta al 46esimo posto nell’Indice internazionale dei diritti di proprietà 2022 – dietro, tra gli altri, Qatar, Giordania e Mauritius. La reazione scomposta del gotha del mondo giuridico italiano alla norma anti-rave, che ha come presupposto la tutela della proprietà, e l’attacco diretto ai diritti di proprietà nella capitale d’Italia, mostrano quale sia la vera emergenza giuridica nel nostro Paese – e come tale ci aspettiamo che la affronti un governo di destra.

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