“Buone Faste”, rischi del Natale copia-incolla e dolori della burocrazia

Un piccolo esperimento social natalizio e le “meraviglie” della transizione digitale. Continueremo a belare sommessamente il nostro disagio…

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Come ogni anno, intorno alle festività di Natale e Capodanno, la gente dà fuori di matto. In queste ore, decine di miei conoscenti mi stanno inondando di messaggi che augurano “Buona Vigilia di Natale” o, seguendo il principio edonistico , semplicemente “Buona Vigilia”.

A qualcuno rispondo semplicemente “Buon 28 Dicembre”, mentre ai restanti mando la prima emoticon che mi capita tra le centinaia di cui disponiamo sul telefonino, che ormai fa quasi tutto tranne telefonare bene e con buona qualità audio.

Un piccolo esperimento social

Ho fatto persino uno dei miei esperimentini social, creando una Gif che contiene i soliti elementi grafici natalizi e che, rigorosamente con il font in colore rosso, dice: “Buone Faste”. Come potevo presupporre, quella stessa immagine è stata puntualmente rilanciata da inconsapevoli destinatari che l’hanno utilizzata per inviare gli immancabili auguri in rete ad altri.

Ormai, qualunque sciocchezza troviamo sui social, più ancora che sul web, viene data per buona ed asseverata come autorevole e corretta. A tanto siamo giunti, probabilmente, per un motivo predominante: il web ci risparmia di pensare perché pensa per noi.

Siamo tutti professionisti dell’insopprimibile funzione di “copia e incolla”, lo strumento caposaldo dello sciopero selvaggio dell’intelletto.

Maledetta marca da bollo

E nemmeno più ci fa specie trovare modulistica statale che, per mera dimenticanza e/o fretta di chi l’ha predisposta, reca per errore diciture riferibili ad enti estranei dai quali il modulo è stato copiato premendo “Ctrl+C” e riportato con il gemello “Ctrl+V” in quel modello che il distratto ma inflessibile ed acritico burocrate c’impone di utilizzare. Miracoli della transizione digitale!

Per non parlare di ciò che ho riscontrato l’altro ieri, su un modello da utilizzare obbligatoriamente per chiedere ad un importante organo di Stato la copia di una certificazione che mi viene richiesta da altro ente.

Meraviglia della transizione digitale, la domanda si può fare via PEC ed il documento richiesto si può ottenere sempre tramite PEC. Ma c’è un particolare: per ottenere risposta bisogna allegare una marca da bollo da euro 0,50 (quanto sono generosi) da accludere alla domanda.

Mi direte: “Beh… puoi sempre pagare con il pagamento virtuale tramite modello F24“. Ma, ammesso che tutti coloro che hanno diritto ad avere copia di quel documento sappiano cosa sia un F24 ed abbiano il giusto programma sul pc per elaborarlo, resta il fatto che per assolvere l’imposta di bollo in modo virtuale, bisogna conoscere indirizzo fiscale esatto e partita Iva dell’ente a cui facciamo il versamento dei maledetti 50 centesimi, cosa che non è riportata in bella evidenza nemmeno sui loro siti istituzionali.

Chi può ed ha tempo vada di persona e si faccia rilasciare il documento cartaceo, di gran lunga la procedura più semplice e breve.

La transizione cartacea

Attendo con ansia che un governo qualsiasi vari il progetto della transizione cartacea, tornando felicemente ai tempi in cui tutto, più o meno, era più semplice ed intuitivo e sicuramente in modo più accessibile anche per  chi non disponga di un computer o non sappia usarlo bene.

Sarebbe già tanto, comunque, tornare ai tempi in cui non avere dimestichezza con l’informatica, a norma di quell’art. 3 della Costituzione-più-bella-del-mondo, non era una limitazione dei nostri diritti, senza tante balle, Pos, Spid, Spick & Span.

Il gregge

Insomma, noi poveri pecoroni natalizi, confinati in un presepe dove asini e buoi abbondano, un presepe nel quale non si capisce bene che ruolo abbiano i pastori, quale sia il esattamente il gregge che debbano sorvegliare e per ordine di chi, continueremo a belare sommessamente il nostro disagio, scansando a fatica i morsi ai garretti dei cagnetti o cagnacci da pastore che, al massimo, si scuseranno per qualche ferita di troppo dicendoci che, dopotutto, quello è il loro mestiere e che quando si tratta di mordere a casaccio non si può guardare tanto per il sottile o per la singola pecora.

A noi l’onere di provare di non meritare il morso e non certo a loro quello di dimostrarci di essercelo meritato. Tanto, ben presto, il presepe sarà vietato anche nelle nostre case, per cui il problema non si porrà. Quanto ai morsi già ricevuti, pazienza…

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