La smania di dare fiato alle trombe (e ai tromboni)

Tendenza al “vanverismo” e incendiari di professione. Ma siamo sicuri che sia sempre necessario e/o opportuno esprimere un’opinione su tutto?

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Ok, siamo d’accordo: tutti hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni, con ogni mezzo. Lo garantisce la Costituzione. Ogni forma di preventiva autorizzazione statale, di “nihil obstat” alla pubblicazione, di regolamentazione degli argomenti sui quali si possa esprimere una valutazione personale sarebbe uno sfregio per lo Stato liberale e democratico.

Dopo aver sfondato l’ennesima porta aperta, per cui non mi duole affatto la spalla, rimane, tuttavia, un dubbio: siamo sicuri che sia sempre necessario e/o opportuno esprimere un’opinione su tutto?

Un’opinione su tutto

Di fronte alla stucchevole esposizione mediatica di parenti di politici illustri, fidanzati e fidanzate altrettanto in vista, portavoce di sé stessi appartenenti tuttavia a gruppi politici dotati di un ufficio stampa che dovrebbe coordinare le comunicazioni ufficiali, vien proprio da chiedersi cosa diavolo spinga tanta gente a dire la propria su tutto, anche quando non richiesti e, soprattutto, quando si sostengano tesi che una persona ragionevole e adulta dovrebbe saper collocare, perlomeno, tra quelle che alzeranno un polverone. Vietato non avere un’opinione personale ben precisa, potremmo dire.

Siamo, evidentemente, diventati talmente desiderosi di dare fiato alle trombe, che nemmeno l’uscita da un lungo periodo di oscurantismo e censura potrebbero giustificare. Non mi pare che, negli ultimi decenni, ci venisse tappata la bocca da alcuno, se non nei casi in cui la cosa costituisse reato e in ben delimitate fattispecie di legge.

Ma, allora, cos’è tutta questa smania di farsi intervistare su qualsiasi argomento, di cedere alla tentazione di rispondere a certe domande capziose di certi giornalisti che scriveranno, in sostanza, ciò che vorranno o che gli converrà scrivere per garantirsi il posto?

Da persona abituata a parlare come mangia e da estimatore degli esempi terra-terra, mi verrebbe spontaneo assimilare questa moda alla figura retorica di una stanza in cui pochi parlino e gli altri ascoltino. Se si mettessero tutti a parlare contemporaneamente, come vediamo nei talk show televisivi, ne risulterebbe un gran baccano incomprensibile ed inutile.

Prudenza

Si aprirebbe, a questo punto, la questione sul chi debba parlare e chi sia tenuto ad ascoltare, perlomeno prima di dire la propria. Ovviamente non è cosa che si possa regolamentare più di tanto, per non cadere in una sorta di prevaricazione o dirigismo che non sarebbe né liberale né democratica. Ma, perlomeno, pretendere che tutti si attengano a non sganciare quotidianamente bombe incendiarie, sarebbe proprio il minimo, a mio avviso.

Ben conoscendo tutti con quanta facilità una frase de-contestualizzata o radicalmente stravolta nell’esposizione lessicale possa farci dire l’esatto contrario di ciò che volevamo affermare, un po’ di sana prudenza, senza nemmeno scomodare l’arte sopraffina di maestri della comunicazione come Giulio Andreotti, tanto per citarne uno dei più rappresentativi, sarebbe certamente auspicabile ed opportuna.

Il vanverismo

Mi piacerebbe sapere da chi sembra fare l’incendiario di professione (e sono tantissimi) se, perlomeno, non potrebbe evitare di stupirsi per le reazioni che provoca, cosa che, oltretutto, gli eviterebbe di profondersi in scuse che una persona adulta dovrebbe contare sulle dita di una mano, una volta l’anno.

La sensazione che questa tendenza al “vanverismo” sia alimentata dalla certezza che, in fondo, si fa presto a smentire, a fare passi indietro clamorosi, a correggere un tiro che nemmeno doveva essere sparato, poiché non lo consigliava il medico e nemmeno si era obbligati a farlo. Posso chiudere con un “Mah…” ?

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