Putin & Friends: viaggio nel sottobosco dei putiniani italiani

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Ad alimentare il fascino per il leader russo un anti-occidentalismo speculare a quello woke, una cancel culture di destra che marcia separata per colpire insieme a quella di sinistra

Benvenuti nel magico mondo degli amici di Putin. Potrebbe trattarsi della trama di un film per bambini o l’ultima evoluzione del metaverso di Zuckerberg, ed invece è la realtà parallela che una parte dell’opinione pubblica italiana si è costruita. Una realtà dove si mescolano allegramente posizioni variegate: si passa dal cercare di capire le ragioni di Putin fino a presentare come sacrosanta la guerra di Mosca contro l’Ucraina.

Ora, vero che ragioni e torti spesso si intrecciano in una matassa difficile da districare, ma se non si parte da una estremità, sciogliere il nodo diventa impossibile. L’estremità, il punto fermo è o dovrebbe essere chiaro: la Russia è l’aggressore e l’Ucraina l’aggredito, la Russia ha iniziato questa guerra invadendo uno stato sovrano che prova a difendersi. Lo sbandierare giallo-azzurro francamente un po’ stucchevole e il presenzialismo del presidente ucraino Zelensky (non a caso ex attore) non possono cambiare la realtà dei fatti.

Eppure, per chi vede ovunque complotti, anche una cosa semplice come questa puzza di trame occulte. Ai più non saranno sfuggite certe comparsate televisive, come quelle del professor Orsini. C’è però tutto un mondo meno appariscente, fatto di post su Facebook e canali Telegram che raccontano una storia alternativa, spesso senza alcun fondamento.

Leggiamo ad esempio cosa scrive sul suo canale Telegram il giornalista Cesare Sacchetti:

“La perdita dell’Ucraina non è soltanto la fine di un regime di tagliagole nazisti instaurati al potere da George Soros e Barack Obama. La perdita dell’Ucraina significa la fine dell’ordine liberale globale. La perdita dell’Ucraina significa la fine dell’unipolarismo dello stato profondo di Washington. La perdita dell’Ucraina significa la fine di tutta l’impalcatura di potere che la famiglia Rothschild ha costruito negli ultimi 80 anni.”

Vediamo qui all’opera un classico del complottismo: entità oscure e minacciose, manovrate da una élite (casualmente di origine ebraica) sono al lavoro per la costruzione di un nuovo ordine mondiale.

Sebbene Sacchetti non sia nuovo a teorie quantomeno “originali” (ha sostenuto per esempio che Joe Biden non sia ufficialmente in carica e che i militari americani avrebbero commissionato un’amministrazione fantoccio su ordine di Trump) non è il solo a proporre una lettura della realtà, per così dire, alternativa.

Nel canale In Telegram Veritas, con più di 21 mila iscritti, si possono trovare contenuti di questo tenore:

“Il giornalista Capuozzo posta un video della polizia ucraina, girato dopo che i russi avevano già lasciato la città di Bucha: non si vedono le decine di cadaveri che i media stanno strombazzando in occidente da due giorni. Ai criminali dell’élite, guidati da pedosatanisti è rimasta una sola possibilità di vittoria: una guerra nucleare. Per questo, il fantoccio EU, la sta cercando in tutti i modi possibili. Le tecniche sono sempre le stesse se ci fate caso. Poca fantasia fra l’altro. Cercano quindi consenso nell’opinione pubblica inscenando queste fiction create ad arte per ipnotizzare la popolazione.”

Sullo stesso canale, a proposito della strage di Bucha si può leggere: “L’Ansa ci dice che il mondo è sotto choc per la strage di manichini fatta a Bucha”. Non sono giornalisti dell’Ansa a scriverlo, questo è chiaro, ma è la personalissima interpretazione dei gestori del canale.

Su Facebook è molto attivo Lorenzo Capellini Mion, che posta quotidianamente aggiornamenti ad uso e consumo delle migliaia di utenti che lo seguono. Riferendosi ai bombardamenti russi ha scritto: “Non vengono colpiti obiettivi civili.” [1], evidentemente ignaro dei palazzi semidistrutti a Kiev, Kharkiv, Mariupol. In un altro post, riferendosi presumibilmente a Putin: “Demilitarizzandola, denazificandola e portando l’Ucraina alla neutralità l’intervento armato, oltre a proteggere i perseguitati del Donbass, potrebbe davvero prevenire la Terza Guerra Mondiale. Certamente chi è interessato a certi traffici tra i quali quelli di virus, danaro sporco, organi ed esseri umani etc, non sarà contento” [2].

Molto indicativo un post dove riporta un video che, a suo dire, mostrerebbe una sfollata spiegare che il teatro di Mariupol sarebbe stato bombardato dagli ucraini [3]. Peccato che si tratti di un video preso dall’ambasciata russa nel Regno Unito, tra l’altro completamente fuori contesto, dal momento che la donna non faceva alcun riferimento al teatro di Mariupol. Si tratta dunque non di semplice disinformazione, dovuta magari all’indignazione per eventi completamente fraintesi, ma di una vera e propria opera di propaganda al servizio del Cremlino, cui le menti più fragili si mostrano particolarmente vulnerabili.

In generale, su Facebook così come su Telegram è tutto un proliferare di inviti a denazificare l’Ucraina. È questo un luogo comune dei filo-russi da operetta. L’Ucraina viene presentata come un regime para-nazista, e Putin dopotutto farebbe bene ad abbatterlo per evitare che questa ideologia malvagia torni a mettere radici.

Se il classico è il presunto genocidio ai danni dei russi nel Donbass (mai avvenuto e smentito anche da osservatori internazionali presenti sul posto) [4] [5] [6] [7], la ciliegina su questa torta di follia è la presenza di fantomatici laboratori segreti impiantati in Ucraina [8] dove gli Stati Uniti (e chi altri se no?) avrebbero sviluppato armi chimiche e batteriologiche/virali per scatenare pandemie.

Chi creda che basti aggrapparsi al raziocinio per smentire queste teorie un po’ bislacche farebbe però un errore. Certo, sarebbe il caso di chiedersi come faccia l’Ucraina ad essere uno stato nazista, con un presidente in carica ebreo, un ex primo ministro ebreo, e con il partito di estrema destra Svoboda che conta un parlamentare, 1 su 450. E di chiedersi perché allestire questi laboratori proprio in Ucraina (Paese non molto stabile, che in passato si è mostrato suscettibile a passare da regimi filo-russi a regimi filo-occidentali e viceversa), così da essere vulnerabili all’invasione di una potenza rivale, come quella russa.

Così come bisognerebbe essere scettici riguardo il presunto genocidio nel Donbass ai danni dei russi, dal momento che i numeri parlano di 14 mila morti in 8 anni, di cui circa 3000 civili (gli altri sono combattenti da entrambe le parti) [9] [10]; numeri che si accordano con uno scenario di guerra, non con quello di uno sterminio sistematico e programmato quale è il genocidio.

C’è chi insinua che il battaglione Azov sarebbe responsabile dell’auto-massacro ucraino di Bucha e al tempo stesso riporta che il battaglione sarebbe sotto assedio a Mariupol (non ancora interamente conquistata dai russi), che dista da Bucha circa 12 ore di macchina (provare Google Maps per credere). Il battaglione in questione, oltre ad essere rappresentativo dei combattenti ucraini (pur avendo 1.000-2.000 effettivi su un totale di 170 mila militari), oltre ad essere irrimediabilmente nazista, deve evidentemente avere anche il dono del teletrasporto o della ubiquità.

Tutto giusto, tutto logico, ma applicare la logica in questo caso è come voler usare un metro per misurare la temperatura del forno. Il cospirazionismo infatti è immune a logica e buonsenso, e sfida impavidamente l’evidenza dei fatti.

Chi crede ad una narrazione così estrema non bada ai fatti, ma si ciba di complotti che si autoalimentano e trovano conferma presso altri utenti online con la stessa visione distorta della realtà. È molto peggio di una eco-chamber. È un vero e proprio manicomio online, dove si mettono in comune pensieri paranoici, deliri persecutori e fantasie cospirative (l’Ucraina nazista, gli ucraini che si fanno stragi da soli per incolpare i russi, laboratori segreti, etc…), confermandole e rafforzandole gli uni con gli altri, per poi condividerle con chi è affamato di verità cremlinalmente corrette. Un mondo al contrario dove chi sostiene l’Ucraina viene accusato di essere guerrafondaio (e sorprende che Putin non sia ancora stato candidato al premio Nobel per la pace). Un luogo oscuro e tenebroso dove sentirsi migliori smascherando complotti immaginari orditi da poteri occulti.

Niente viene sottoposto a vaglio critico. Si portano come prove video prodotti dalla televisione di stato russa o notizie fatte circolare da Russia Today e Sputnik (siti direttamente riconducibili alle attività di propaganda del Cremlino) e al contempo si accusano tutti gli altri indistintamente di fare propaganda, dalla BBC ad Al-Jazeera (emittente del Qatar, dunque amica dell’Iran e pertanto non sospettabile di russofobia per partito preso).

Tutto ciò conferma che si tratta di una battaglia prima di tutto ideologica, totalmente scollegata dalla realtà e dalle più elementari considerazioni pratiche, così come completamente a digiuno di relazioni internazionali (il Memorandum di Budapest violato impunemente dalla Russia, il rischio che in caso di inerzia internazionale la Cina prenda coraggio e chiuda i conti una volta per tutte con Taiwan).

Per i putiniani in salsa italiana lo scontro è tutto nel mondo delle idee, un mondo avulso da una realtà fatta di rapporti di forza, alleanze, trattati ed impegni internazionali, e soprattutto dai fatti.

A questo punto è essenziale capire come mai il putinismo sia penetrato in Italia più che in altri Paesi occidentali.

Può e deve far riflettere a questo proposito una mappa pubblicata dalla rivista di geopolitica Limes, dove l’Italia viene presentata come Paese quasi amico della Russia, in compagnia di Bielorussia, Serbia, Grecia e Cipro [11]. Comprensibile la cosa per questi ultimi (tutti di cultura ortodossa), molto meno per l’Italia.

Se ne è già parlato su Atlantico Quotidiano, con considerazioni valide ed intelligenti sulla sfiducia generata dalla gestione della pandemia in una fetta considerevole dell’opinione pubblica, che magari reagisce per dispetto a tutto quanto sa di versione ufficiale, dunque di regime.

Vale però la pena chiedersi se ci sia altro; qualche motivazione più recondita, per così dire antropologica, che funga da terreno fertile per l’autoritarismo in salsa russa.

Una possibile spiegazione deve tener conto di caratteristiche proprie dell’Italia, che la rendono un’anomalia nel mondo occidentale: livelli di corruzione elevati, una macchina statale pervasiva, asfissiante e clientelare, una reciproca sfiducia tra cittadini ed istituzioni (aggravata, come detto, dalle recenti discriminazioni ai danni dei non vaccinati), una democrazia a lungo bloccata, l’assenza di anticorpi autenticamente liberali (lo Stato viene prima dei singoli individui), possono aver creato le condizioni per una certa popolarità di Vladimir Putin, il duro che non deve chiedere mai e sfida il nuovo ordine mondiale a torso nudo (proprio come un tizio di Predappio un secolo fa). Se a tutto ciò aggiungiamo un paio di partiti politici al governo (Lega e Movimento 5 Stelle) con precedenti russofili, ecco che abbiamo una cornice un po’ più completa per inquadrare il fenomeno.

A dirla tutta già da qualche anno sui social media si moltiplicano attacchi “da destra” al liberalismo ed alla democrazia liberale, visti come strumenti dell’alta finanza per soggiogare il mondo. Questa visione si salda col rifiuto, in chiave identitaria e se vogliamo nazionalista, dell’ideologia woke, quella per intenderci dedita a sputare su tutto quanto è occidentale, imponendo ad europei e nordamericani un senso di colpa da espiare con il rifiuto delle proprie tradizioni e del proprio patrimonio storico-culturale.

Il refrain comune è che non vale la pena morire per questo Occidente, come se la nostra civiltà dovesse essere ridotta al pensiero woke, a nuotatori uomini che gareggiano contro donne perché una mattina si sono alzati sentendosi femmine, all’ambientalismo esasperato di Greta Thunberg, alle statue da abbattere, al politicamente corretto che ci impone di inginocchiarci di fronte a qualsiasi minoranza si senta discriminata, e questo nelle società che più di tutte le altre hanno assicurato opportunità sulla base del merito.

Quello che i fan di Putin propongono, alla fine, è un buttare via il bambino con l’acqua sporca, come conseguenza di una diagnosi corretta (le pulsioni auto-distruttive dell’Occidente) cui segua una terapia così sbagliata da rischiare di uccidere il paziente (il culto dell’uomo forte venuto dall’est, che ci farà cantare l’inno nazionale col petto in fuori e riempirà di nuovo le chiese anziché trasformarle in moschee o centri commerciali). Si tratta, in definitiva, di un anti-occidentalismo speculare a quello woke, di una cancel culture di destra che marcia separata per colpire insieme a quella di sinistra.

Perché l’Occidente non è solo Greta e la gender theory nelle scuole, ma anche e prima di tutto lo stato di diritto, le libertà individuali protette dai capricci del signorotto di turno, l’habeas corpus, la ricerca della felicità personale, l’economia di mercato, l’uomo sulla Luna, le sinfonie di Beethoven, le cattedrali gotiche, il metodo scientifico di Galilei. Tutte cose aliene tanto alla cancel culture della sinistra regressista quanto evidentemente ai fan del dispotismo di Mosca.

E sbaglia di grosso chi tenta di accostare Putin ad una figura come quella di Trump, molto popolare presso i circoli putiniani. Chi lo fa dimostra di aver equivocato la sua carica anti-sistema (certo presente, con la sua sfida da outsider all’apparato Dem del clan Clinton/Obama e alla vecchia guardia neocon dei Bush), di essersi bevuto la propaganda proprio dei Dem e del Deep State su Trump puppet di Putin, ignorando tutto il resto. Resto che vuol dire un solido sistema democratico fatto di checks and balances inserito a pieno titolo nella tradizione occidentale di governo responsabile e limitato. Trump, certamente sopra le righe, istrionico e indubbiamente carismatico, si è imposto sfidando l’establishment di Washington, cui è estraneo, e adottando un approccio paleocon in politica estera e dunque isolazionista.

Putin al contrario è egli stesso un prodotto dell’establishment, nato e cresciuto nei ranghi del KGB ed erede della tradizione zarista e poi sovietica della profondità strategica, che considera essenziale la conquista di uno spazio vitale geografico a difesa degli interessi russi (vedere alla voce aggressione alla Georgia e interferenze in Kazakistan). Il suo è un autoritarismo integrato in un sistema come quello russo, che non è mai stato autenticamente democratico (si pensi alle fortissime limitazioni alla libertà di stampa), e non un semplice “Dio, Patria e Famiglia” alla vodka.

Va però riconosciuto che in Occidente qualcuno si è messo di buona lena per rendere simpatico il presidente russo con iniziative che vanno dal cretino (boicottare gatti russi alle esposizioni feline internazionali), al demente (annullare conferenze su Dostoevskij), fino al criminale (impedire la partecipazione di russi e bielorussi alle paralimpiadi di Pechino).

Così come non manca, come in tutte le guerre, la propaganda sul fronte opposto, con uno Zelensky più telegenico che mai, ormai entrato come un signorino buonasera in tutte le nostre case ad implorare più armi, più sanzioni, più simpatia per la causa, insomma più Ucraina.

Del tutto inaccettabili poi gli attacchi personali a Toni Capuozzo, accusato tra l’altro di essere un “servo del Cremlino”. Il bravo giornalista fa domande e cerca risposte, l’ottimo giornalista oltre a fare domande e cercare risposte, induce anche il lettore a farsi domande, ad usare il suo senso critico. Benissimo dunque fa Capuozzo ad esporre le sue perplessità sui fatti di Bucha e ad evidenziare cosa secondo lui non torna nella versione ufficiale. Senza, e Capuozzo lo dice chiaramente in un suo post su Facebook, perdere di vista il fatto evidente che la Russia è aggressore e l’Ucraina aggredita. E senza, ci permettiamo di aggiungere, scadere in oscenità del tipo “i russi non bombardano i civili” o sposare la tesi che l’Ucraina vada denazificata.

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