Il collasso della cultura americana: il prezzo dell’agenda progressista

Sintomi di decadenza autoindotta in ogni campo: dalle figuracce internazionali al caso Harvard, dall’illegalità diffusa e impunita all’abolizione dei confini

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O America, cosa hai fatto, che ti è saltato in mente? Come hai potuto? Questo è il succo di una riflessione che vede fosco sul presente nonché sul futuro degli Stati Uniti. Autore è una vecchia conoscenza di queste pagine: Victor Davis Hanson, illustre classicista nonché appassionato commentatore politico statunitense, celebrato soprattutto da quella parte del mondo conservatore americano più inviso all’establishment di Washington, D.C.

L’analisi di Hanson è zeppa di riferimenti a fatti e misfatti di varia natura e gravità: avvenimenti, decisioni, figuracce, tradimenti, voltafaccia, ecc. Protagonisti: l’amministrazione Biden, il Partito Democratico e l’intero movimento progressista e liberal americano.

Esteri e difesa

Il cahier de doléance include innanzitutto figuracce internazionali tipo: la vergognosa fuga dall’Afghanistan, con il conseguente e inspiegabile abbandono nelle mani dei terroristi talebani di miliardi di dollari in munizioni ed attrezzature; l’aver permesso a un pallone spia cinese di attraversare impunemente gli Stati Uniti; l’aver consentito alle milizie filo-iraniane di attaccare quasi quotidianamente le installazioni americane all’estero e le navi nel Mar Rosso, a quanto sembra senza timore di ritorsioni; infine l’impotenza più totale di fronte all’orrendo massacro di israeliani il 7 ottobre scorso.

Il settore militare è anch’esso scrutato con attenzione dal prof. Hanson (peraltro esperto proprio di storia militare). Hanson si domanda perché il Pentagono abbia rivoluzionato l’intero sistema di reclutamento, promozione e permanenza in carica nelle forze armate, in gran parte in base alla razza, al genere e all’orientamento sessuale anziché sul merito o sull’efficacia sul campo di battaglia.

In sintesi, l’amara conclusione di VDH è che “gli Stati Uniti o subiranno una rivoluzione militare simile a quella del Vietnam oppure, secondo lo stile tardo-imperiale romano, le nostre forze armate non saranno in grado di difendere gli interessi o addirittura la sicurezza stessa degli Stati Uniti”.

Razzismo nelle università

Veniamo al sistema universitario. Chi diavolo erano, domanda il prof, i sofisti che ci hanno convinto che non fosse razzista la segregazione razziale nei dormitori e nei save spaces (“spazi sicuri”) o l’uso della razza come arbitro delle ammissioni e delle assunzioni? Nei bei tempi andati, rincara la dose VDH, il presidente della Harvard Corporation era un illustre studioso e intellettuale, in linea con l’autostima di Harvard come l’università più importante del mondo.

Ora non più. Lo testimonia la carriera fulminea della presidente ora dimessa Claudine Gay, che come studiosa aveva al suo attivo solo undici articoli, la maggior parte dei quali plagiati. Tutta la sua carriera è stata alimentata dallo stanco pretesto che la medesima meritasse in qualche modo una deferenza speciale in considerazione della sua razza e del suo genere. Ah, sfortunatamente la Harvard Corporation, il suo team legale e 700 docenti, per cercare di minimizzare il furto intellettuale della Gay, si sono ridotti a diffamare gli incauti critici definendoli razzisti tout-court. Così imparano.

Ed ecco come i titoli accademici della Ivy League sono diventati rapidamente e per lo più certificazioni di ortodossia ideologica e woke. Il lamento di Hanson, sbigottimento a parte, si leva alto e forte:

Come hanno potuto in meno di cinque anni le nostre università d’élite distruggere la meritocrazia, abolire i requisiti SAT [Scholastic Assessment Test], richiedere l’adesione, sancita da giuramento solenne, ai programmi  DEI [Diversity, Equity, and Inclusion] e rispecchiare in tal modo le peggiori istituzioni “commissariate” delle vecchie nazioni del Patto di Varsavia e dell’Unione Sovietica? Come e perché queste università d’élite siano esplose in un solo decennio resterà sconcertante per gli storici per i decenni a venire.

Guerre di genere

Che dire poi, in materia di sesso e genere, di come la sinistra abbia tentato di assimilare una malattia medica, precedentemente rara, come la disforia di genere, ad una questione di diritti civili dei transgender, insistendo su tre anziché due sessi?

Qualcuno avrebbe creduto che la sinistra, i gay e le femministe avrebbero fatto del loro meglio per distruggere mezzo secolo di successi atletici femminili consentendo ai maschi biologici di competere negli sport femminili e cancellando così le prestazioni record di tre generazioni di donne Qualcuno avrebbe mai creduto che una femminista ed esperta nuotatrice come Riley Gaines sarebbe stata messa alle strette, minacciata e barricata in un’università per il crimine di aver osato affermare l’ovvio: che le donne transgender sono ancora dei maschi, in termini di corporatura e confermazione muscolo-scheletrica, e quindi non sono adatti a competere negli sport femminili? ​Qualcuno avrebbe mai creduto che un consigliere gay del Senato avrebbe avuto rapporti sessuali passivi e non protetti in una camera pubblica e sacra del Senato, avrebbe filmato nei minimi dettagli il suo atto di sodomia, lo avrebbe fatto circolare tra gli amici e sui social media, e poi, quando è seguita l’indignazione, rivendicato il vittimismo accusando le persone offese di essere omofobe nei suoi confronti e nel suo partner omosessuale attivo?

Tragedie giuridiche

E veniamo alla questione “illegalità”. Qui Hanson fa un lungo elenco di vere e proprie tragedie giuridiche. “Stiamo assistendo alla progressiva cancellazione della giurisprudenza, sia civile che penale. Esiste ancora la legge come la conoscevamo solo dieci anni fa?” Chiaro che no, secondo il professore: furti, saccheggi e vandalismi nei negozi restano impuniti nelle città amministrate dai Democratici, e questo anche grazie ai pubblici ministeri finanziati da George Soros.

Per non parlare dell’ignobile spettacolo immortalato in uno dei video più agghiaccianti che si ricordi, che mostra un giudice del tribunale distrettuale della contea di Clark, Las Vegas, Mary Kay Holthus, mentre viene assalita da un imputato, criminale incallito (con tre condanne per crimini violenti sul groppone) lasciato senza manette e libero di saltare con balzo felino oltre il banco e di picchiare selvaggiamente la donna prima che due ufficiali giudiziari, con grande difficoltà, riuscissero a trattenerlo.

Fine della sovranità

Hanson chiude giustamente il suo viaggio dentro quello che a buon diritto, a questo punto, possiamo chiamare l’inferno americano con poche frasi dedicate a quell’altro tema scottante sul tappeto: l’immigrazione, ovvero “la fine della sovranità”, per richiamare il titolo della sezione dell’articolo. “L’amministrazione Biden”, sentenzia il professore, “ha infranto la legge federale sull’immigrazione, poiché circa 10 milioni di migranti illegali saranno passati illegalmente e impunemente durante il primo mandato di Biden, e tutto intenzionalmente. Il confine meridionale non è semplicemente poroso; non esiste nemmeno più”.

I Dems volevano nuovi elettori, “nuovi beneficiari di diritti per far crescere il governo e aumentare le tasse sui dipendenti e sui deplorevoli?” domanda retoricamente Hanson. O magari volevano “una base più ampia del DEI per sostituire il costante esodo dei non bianchi dalle agende di sinistra?”

L’arma del sarcasmo

Infine Hanson, in un crescendo drammatico, riesce a trasformare la sua rabbia in una sorta di doppiezza sarcastica, un po’ alla maniera di Marco Antonio nel Giulio Cesare di Shakespeare (ricordiamo tutti le conclusioni delle sue accuse circostanziate agli assassini di Cesare con un “ma Bruto è un uomo d’onore”, che però sottintende esattamente il contrario): “In questa nostra nuova America, Joe Biden è sano ed esperto, mentre Hunter non ha fatto nulla di male”.

Seguono gli elogi biforcuti dei nuovi “eroi” americani: Dylan Mulvaney (noto transgender e star di TikTok), il generale Rachel Levine (transgender anche lui), i due Sam, Sam Bankman-Fried e Sam Brinton (il primo è un famoso bancarottiere nonché finanziatore dei Democratici, il secondo è prima persona dichiaratamente gender-fluid ad entrare a far parte del governo statunitense), Karin Jean-Pierre (bugiarda incallita nonché prima portavoce della Casa Bianca di origini afroamericane, oltre che la prima dichiaratamente Lgbtq), e via discorrendo.

Infine la ciliegina sulla torta: “La fuga dall’Afghanistan ha rappresentato una ritirata brillantemente organizzata”. Ma anche altri “riconoscimenti”, tipo: “il 6 gennaio è stata un’insurrezione armata, pianificata in anticipo da ardenti cospiratori e rivoluzionari”… Non ci resta che l’arma del sarcasmo, sembra dire Victor Davis Hanson.

La possibile svolta

“In sintesi,” conclude il professore, “la civiltà americana è stata capovolta e presto avremo un appuntamento con ciò che un tempo era impensabile e inimmaginabile”. In attesa della imminente tempesta perfetta, tuttavia, potremmo concederci di leggere questa storia shakespearianamente, cioè con la speranza che quegli elogi biforcuti siano ancora una volta il preludio di una svolta epocale, l’annuncio di una riscossa che nonostante tutto sembra cominciare a profilarsi all’orizzonte.

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