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“Atreju, A Tro**? Volevo dire…”. Se le scuse sono più imbarazzanti dell’insulto

Tra tenerezza e pateticità: l’intellettualone di Repubblica parla “di inciampo di lingua” dopo l’insulto alla Meloni

ceccarelli

Sono strani questi intellettuali di sinistra. Sono democratici, inclusivi, contro il patriarcato e guai a non rispettare la dottrina del politicamente corretto. Gli insulti, il turpiloquio, l’assalto sono cose che appartengono alla destra, anzi alle destre, come direbbe la signora Gruber. Ma poi cosa succede? Che l’eleganza e l’intelligenza svaniscono, per dare spazio alla rabbia, all’invidia, alla paura. O almeno questa è la nostra speranza, visto quanto combinato da Filippo Ceccarelli, il grande editorialista di Repubblica, punto di riferimento della sinistra al caviale.

La vicenda la conosciamo tutti: nonostante la grande cultura e i tanti complimenti ricevuti dalla sinistra, Ceccarelli ospite di Propaganda Live si è lasciato andare a insulti sessisti e giochi di parole da bar. Robaccia quando si tratta di destra, mentre quando si tratta di sinistra tutto è lecito. Tra le risate generali degli ospiti del programma in onda su La7, l’intellettualone è partito lancia in resta contro il governo. Poi, citando la manifestazione dei giovani di Fratelli d’Italia, ecco il numero che fa invidia all’avanspettacolo: “Qui invece Atreju, Atreju, a troi*…”. Grasse risate, Zoro – il grande compagno Zoro – in brodo di giuggiole. “A perdita d’occhio, senza nessun lapsus”, ha aggiunto Ceccarelli evidentemente soddisfatto della battuta.

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Ma come? Un uomo di sinistra che si rivolge così? E poi nei confronti di chi? Di Giorgia Meloni? Il termine “troi*” era riferito al premier? Sia chiaro, di questa vergognosa uscita ne hanno parlato solo i giornali di destra, perché la vergogna era tanta. Ma anziché nascondersi, Ceccarelli si è arrampicato sugli specchi, sfoderando una castroneria da grande genio: “Stavo raccontando che l’intero Circo Massimo a Roma è tappezzato da paratie con la scritta Atreju. Allora ho cominciato a dire ‘Atreju, Atreju, Atreju…’ e qui è avvenuto l’inciampo con la lingua e ho detto una parolaccia. Era una reiterazione, era una parolaccia che io non uso mai, è scappata come una specie di scioglilingua avvelenato, come due vocali che sono andate di traverso, come qualcosa che si è inceppato”. L’inciampo con la lingua: avete capito bene. L’inciampo con la lingua: robe da pazzi.

Ma non è tutto. Tentando di salvare la faccia – senza successo – Ceccarelli ha persino osato dire che la vicenda è stata ingigantita: “Non era una battuta, era uno slittamento di vocali e mi spiace che si possa pensare che io, dopo 50 anni che scrivo, abbia potuto offendere in maniera così volgare la presidente del Consiglio, le donne di destra, l’intero genere femminile”. Uno slittamento di vocali: ma Ceccarelli pensa di poterci prendere per fessi? Va bene, è il più grande intellettuale del globo terracqueo, ma davvero pensa di prenderci in giro?  Non sarebbe stato più semplice chiedere scusa e chiudere la bocca? Anche se a dire il vero, conoscendo la gente di sinistra, è già tanto che non si è vantato della stupidaggine proferita.

Ceccarelli risulta più imbarazzante nel porgere le scuse che nell’insultare. Ma del resto non siamo sorpresi. La sinistra è l’emblema delle contraddizioni: è la sinistra che scende in piazza per le stupidaggini e sta in silenzio quando accade qualcosa di grave; è la sinistra che rivendica i diritti delle donne ma poi le insulta senza vergognarsi; è la sinistra che fa la morale e poi dimentica le regole basilari dell’educazione. Se un intellettuale di destra si fosse rivolto con quei termini a una manifestazione del Pd o alla Schlein, cosa sarebbe successo? Manifestazioni, cortei, interrogazioni parlamentari, editoriali su Repubblica, l’allarme fascismo. Invece la sparata di Ceccarelli, di una bassezza indescrivibile, è come se non fosse mai esistita.

“Il potere dei più buoni” cantava Giorgio Gaber e la realtà lo conferma. La più grande lezione è stata data proprio dalla Meloni: “Un presunto intellettuale che si riduce così non è più lucido, io invece credo di essere ancora abbastanza lucida”. In un solo colpo ha stroncato la tracotanza della penna di Repubblica e in generale le manie di grandezza dell’uomo di sinistra, che pensa di poter guardare gli altri dall’alto al basso senza un valido motivo. Resta il doppiopesismo, quello sì, ma si può anche sorvolare. L’importante è potersi guardare allo specchio senza provare ribrezzo.

Franco Lodige, 6 dicembre 2024

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