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Autolesionismo Covid: tamponi inutili falsano il Giro d’Italia

La maglia rosa, Remco Evenepoel, costretto a lasciare la corsa dopo un controllo di routine

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Dopo quello che sta succedendo al Giro d’Italia, la seconda corsa a tappe più importante del mondo, penso che non basti il più prestigioso scienziato della medicina per liberarci dall’ossessione autodistrutta del Covid-19. Qui ci vuole un esorcista di formidabile talento. Oramai siamo al cospetto di un virus talmente demoniaco in grado, a sentire la stampa nazionale, di entrare a gamba tesa sulla citata corsa rosa. Almeno così sottolinea Daniele Tirinnanzi in un lungo commento, che sembra scritto agli albori del terrore virale, pubblicato su Tuttosport.

Per entrare direttamente in argomento, è sufficiente riportare la prima parte di un servizio radiofonico trasmesso la mattina del 15 maggio da GR 1 Sport: “L’ombra del Covid offusca la corsa rosa. La riempie di tensione, come un pesante sudario che tutto copre. Sabato era toccato a Ganna (il nostro più forte cronomen, vincitore di molti ori tra mondiali e olimpiadi n.d.r.) a dover tornare a casa per la positività. Ieri sera, alle 22.30, la notizia che nessuno avrebbe voluto ricevere: anche Remco Evenepoel, la nuova maglia rosa, il campione del mondo, il vincitore della crono di Cesena, il golden boy del ciclismo mondiale e la stella del Giro deve abbandonare per Covid.”

Deve abbandonare per Covid, quando l’organizzazione della nostra italica “gran boucle”, considerata la gara a tappe più dura in assoluto, aveva oculatamente provveduto a togliere qualsiasi, demenziale protocollo anti-Covid, lasciando alle singole squadre la scelta o meno di far correre gli atleti eventualmente positivi al tampone? Ma mi faccia il piacere, direbbe il grande Totò. Qui siamo di fronte ad un preoccupante delirio collettivo, oramai di carattere internazionale, che proprio in quanto tale sta dando luogo a tutta una serie di inconcepibili decisioni, come quella di mandare a casa atleti sanissimi semplicemente positivi ad un virus ubiquitario, che nulla, ma proprio nulla hanno a che vedere con la realtà più banale.

Stiamo parlando di scelte che definire auto-lesionistiche è poco, dal momento che nel caso in oggetto, quello del giovane campione belga, costeranno alla propria equipe una montagna di quattrini. Infatti, oltre alle perdite determinate dall’inverosimile ritiro di un atleta asintomatico, bisogna aggiungere i grandi investimenti che la Soudal Quick-Step aveva messo in campo per consentire ad Evenepoel di preparare in altura il Giro d’Italia, insieme ad una squadra selezionata col bilancino. Tutto svanito nel nulla per colpa di un virus banale per i sani ed endemico oramai da molto tempo e che continua ad essere raffigurato come un demonio da gran parte della nostra informazione.

La stessa squadra belga ha ha poi spiegato che il corridore ha svolto un test di routine come da protocollo interno al team. Un test di routine ancora più assurdo se consideriamo che sono passati quasi tre anni e mezzo dall’arrivo del coronavirus in Europa, il quale si continua ad eseguire su una platea di giovani e giovanissimi, i ciclisti di alto livello, nessuno dei quali ha mai rischiato un capello neppure durante la diffusione delle forme più aggressive del Sars-Cov-2.

Una cosa altrettanto deprimente, oltre a quanto riportato sopra, è che nessun giornale o giornaletto nazionale abbia avuto la capacità e/o il coraggio di sottolineare l’incongruenza di questi sempre più numerosi ritiri al Giro d’Italia, rispetto alla citata abolizione in toto di ogni protocollo e alla dichiarazione di fine pandemia decretata ob torto collo dai geni dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Ancora una volta dunque, in merito a questo ennesimo prolungamento di una follia sanitaria di cui non si intravede la fine, mi vedo costretto a rivendermi un famoso appello, concepito in ben altri contesti di Vladimir Majakovskji, il cantore della rivoluzione d’ottobre: “Cittadini, questo è il primo giorno del diluvio operaio, accorriamo a salvare questo mondo sconvolto!”. Nel nostro caso sconvolto da una forma di follia collettiva che non sembra avere precedenti, tanto per intensità che per durata, nell’epoca moderna.

Claudio Romiti, 15 maggio 2023

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