Che i live action modifichino qualcosina rispetto alle versioni animate dei classici Disney non è certo una novità. E forse appare pure necessario. Però una cosa è cambiare qualche battuta qua e là, rivedere un pochino la trama, rivisitare alcune espressioni; un’altra è farsi dettare le correzioni dalla dittatura del politicamente corretto. Di cui Disney è diventata una sorta di eccellenza in materia.
A maggio sarà nelle sale cinematografiche il film La Sirenetta. La storia la conoscete: Ariel, una sirena, è affascinata dal mondo degli umani e dai suoi utensili. Si innamora di un comune mortale, vende la propria voce pur di diventare umana e vissero tutti felici e contenti dopo un paio di peripezie. Semplice. E meraviglioso, almeno nella sua versione originale. Come meravigliose sono le musiche e le canzoni contenute all’interno del cartone animato. Ecco. Peccato che in una intervista a Vanity Fair il compositore Alan Menken abbia annunciato di aver modificato alcuni testi dei brani contenuti nel live action. “Ci sono stati alcuni cambi di parole in Kiss the Girl (“Baciala”, ndr) – ha detto – perché le persone sono diventate molto suscettibili sull’idea che il principe Eric in qualche modo forzasse Ariel” a darle un bacio.
Capito la follia? Nella versione animata si sente Sebastian il granchio cantare: “Non servono le parole sai, allora baciala”. Secondo Alan Menken, esegeta dell’ideologia woke in salsa MeToo, il fatto che il Principe Eric si avvicini per provare a scoccare un bacio ad Ariel avrebbe sollevato un caso (ma de che?) perché prima di allungare le labbra non avrebbe chiesto il consenso della Sirenetta. Posto che lei era al momento muta a impossibilitata a parlare, il cartone animato su questo punto in realtà è chiaro: la prima a tentare l’approccio è lei, non lui, che appare più che restio a concedersi alla bella sirena.
L’altro brano ad aver subito una censura è quello cantato da Ursula, la piovra maligna, dal titolo “Povera anima sola”. Nel testo originale la si sente dire che “ai “maschi la conversazione non fa effetto / Il gentleman la evita se può / Si innamorano però / Di colei che sa tacer”. Secondo Menken farebbe intendere “che le ragazze non dovrebbero parlare a sproposito”, sebbene pure lui capisca che si tratta di un tentativo di Ursula di manipolare Ariel. Il dramma è questo: se neppure ai cattivi è permesso essere maligni, allora siamo vicini alla fine della cinematografia. E delle storie in generale: non siamo più in grado di sopportare ruoli negativi perché temiamo che possano offendere questo o quell’altro. Ma così rischiamo l’assuefazione ad un mondo che non esiste.
Non bastavano dunque gli avvertimenti di Disney+ sui contenuti con “rappresentazioni negative o offese di persone e culture” appioppati all’inizio di classici Disney come Dumbo, Fantasia, Peter Pan e Gli Aristogatti. Non bastava sparpagliare qua e là attori e attrici nere (anche Ariel lo è). Non bastava aver boicottato le splendide storie di Don Rosa su Paperon De Paperoni perché non rispecchiano i valori inclusivi della Disney. Non bastavano le scempiaggini di chi considera il bacio salvifico del principe alla Bella Addormentata come un abuso. Adesso, in nome del femminismo, neppure avvicinarsi per posare le labbra sarà più permesso.
Immaginatevi la scena: siete su una barca in mezzo al lago, la luna è piena, da qualche parte sembra quasi sentire una canzone romantica. Lei vi guarda con occhi innamorati, si avvicina piano piano come a invitarvi a fare finalmente il grande passo che dà inizio a tutte le storie d’amore, siete a mezzo centimetro di distanza, il cuore di entrambi batte a mille… ma voi fermate tutto affermando: “Mia cara, mi dai il permesso di darti un bacio? Vuoi firmare qui il modulo per la privacy e il consenso informato?”. Magari poi andrà tutto bene. Le femministe saranno contente. Le paladine del MeToo pure. Ma fa decisamente schifo.