Ballottaggio Francia, il colpo basso della Meloni a Le Pen

La corsa all’Eliseo frammenta il centrodestra diviso tra Macron e Le Pen in vista del secondo turno del 24 aprile

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Il ballottaggio per l’Eliseo tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen era stato previsto dai sondaggi, che attestavano un equilibrio fra i due contendenti mentre le urne hanno sancito una forbice di 4 punti in favore del presidente uscente. Le elezioni presidenziali francesi hanno decretato il crepuscolo di due storie politiche che per anni sono state indiscusse protagoniste sullo scenario d’Oltralpe: la destra gollista dei Républicains di Valérie Pécresse che ha raccolto intorno al 5% e gli eredi di Mitterand del Partito socialista con Anne Hidalgo che sfiora un misero 2%. La sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon ottiene il 21%, mentre delude le aspettative il sovranista Éric Zemmour, candidato di Reconquéte!, con  circa il 7%.

Gli scenari sul ballottaggio

Il dato su cui riflettere è rappresentato dal voto antisistema, aggregando i consensi della Le Pen, Mélenchon e Zemmour, che oltrepassa la soglia del 50%. Questa massa di voti anti-establishment al ballottaggio è destinata a biforcarsi in destinazioni politiche alternative, ma esprime comunque un brusio profondo di ribellione. Neanche le accuse di collateralismo filo-putiniano sono riuscite a frenare l’ascesa delle proposte più radicali che si sono soffermate sui temi prioritari dell’inflazione, dei salari e dell’erosione del potere d’acquisto, parlando alla Francia profonda delle periferie impoverite. Dalle dichiarazioni a caldo dei capi-partito pare che su Macron dovrebbero convergere la gran parte dei consensi esclusi dal ballottaggio, sempre che gli elettori siano gestibili da chi, dopo mesi di scontro elettorale, si dichiara disponibile a stingersi nel suo bersaglio politico. La linea di frattura non è più la classica dicotomia destra/sinistra, essendo subentrati altri fattori di polarizzazione prodotti dalla globalizzazione.

Le Pen demonizzata ma più affidabile

Le coppie rivali sono altre (inclusi/esclusi, centro/periferia) e appartengono alla fase post-ideologica, che consente di plasmare la proposta politica senza vincolarla alle eredità del passato. Nel 2017 Macron ebbe l’intuito di formulare una piattaforma politica che ibridava i contenuti riformisti con la cultura dell’ordine pubblico e della proiezione nazionale in politica estera. Seppe intercettare il decadimento dei partiti tradizionali, innestando su quel declino un progetto non convenzionale e maturando negli anni un profilo di centro-destra liberale che gli ha consentito di assimilare il bacino elettorale dei gollisti. Il flop di Zemmour, che si è distinto per gli eccessivi toni identitari e per la ricerca ossessiva della provocazione, come quella di osteggiare il sostegno agli ucraini in fuga dalla guerra, conferma l’esaurimento della sbornia nazional-populista e la centralità delle istanze sociali.

Tanto che la Le Pen è riuscita, con la radicale ricalibratura del suo messaggio tarato sul contrasto alle disparità sociali e territoriali, a farsi percepire come più affidabile, neutralizzando la campagna demonizzante dei suoi avversari.

La presa di distanza della Meloni

Analizzando i riflessi del voto francese sulle dinamiche politiche italiane non si può fare a meno di evidenziarne l’effetto frammentante nel centrodestra con Matteo Salvini che si congratula per il risultato della Le Pen (“Felici del tuo successo e orgogliosi della tua amicizia”), Giorgia Meloni che non si concede al panegirico sovranista, anzi fa serpeggiare una certa estraneità al duello d’Oltralpe (“Nessun candidato al secondo turno rappresenta il partito dei Conservatori di cui faccio parte”) e Silvio Berlusconi che propende per la figura moderata di Macron. La reazione differenziata del centrodestra conferma le specificità plurali della coalizione che non vanno equivocate come tenta di fare la sinistra, strumentalizzando ed enfatizzando divisioni più apparenti che sostanziali.

Inoltre, non si possono omettere le diversificate appartenenze alle famiglie politiche europee: i leghisti schierati con la Le Pen nel gruppo Identità e Democrazia, la destra meloniana che guida i Conservatori dell’Ecr e i forzisti posizionati nel Ppe, che è alleato con i liberali dell’Alde di cui è parte il movimento di Macron. La realtà è che la Lega, FdI e Forza Italia si sono dimostrate compatte sulla linea atlantista nel condannare l’aggressione russa e nel posizionarsi in difesa della popolazione assediata. Così come l’unità si è palesata nella contestazione alla delega fiscale per avversare qualsiasi ipotesi di aumento delle tasse. I distinguo sul voto francese sono espressione di una salutare pluralità che, tuttavia, non pregiudica la solidità della coalizione che è vincolata  ai valori di fondo della cultura occidentale.

Andrea Amata, 12 aprile 2022

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