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Brigatisti in Francia, qualcuno ci spieghi perché l’Italia ha fallito

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La storia si ripete. Nella sua gravità lascia con la bocca amara e delude, mortifica i familiari delle vittime, ma finisce anche per alimentare sospetti. In questa storia dei brigatisti e lottacontinuisti italiani riparati all’estero e di cui la Francia continua a negarci l’estradizione, dopo decenni e decenni, troppi elementi non tornano. Qualcuno bara al gioco. Anche in Italia. Ci si indigna, si protesta, si solidarizza coi familiari delle vittime innocenti, ma poi non si fa nulla che raggiunga l’obiettivo di riportare a casa coloro che sono stati giudicati colpevoli da regolare processo e in uno Stato democratico e certamente non “vendicativo” con i propri oppositori quale è il nostro.

L’unico ritornato a casa è stato Cesare Battisti, probabilmente, è dato pensare, per una fortunata convergenza di interessi che ha messo nell’angolo quella sinistra profonda e nascosta che è riuscita a condizionare diversi governi e anche i nostri per tanti anni (in Italia c’era il Conte 1 quando fu espulso dalla Bolivia ed estradato). Certo, so che per parlare bisognerebbe aspettare la pubblicazione delle motivazioni della sentenza con cui l’estradizione è stata negata a tutti e dieci i terroristi per cui era stata richiesta. E so anche che formalmente la decisione dei giudici è avvenuta in indipendenza da quella del potere politico, che questa volta, dichiarata finita la cosiddetta “dottrina Mitterand”, aveva dato un anno fa il lasciapassare a che la Camera penale parigina riprendesse in mano il caso. Ma contano i fatti, e soprattutto qui il Diritto c’entra fino a un certo punto, ormai. La questione è di Stato e va oltre la sacrosanta indipendenza dei giudici che nessuno più di noi vuole tutelare.

Perché i terroristi non vengono consegnati all’Italia? E che c’entra la Convenzione europea dei diritti umani che qualcuno ha chiamato in causa? E, cara ministra Cartabia, come si può rispettare la sentenza di una magistratura quando in gioco, ripeto, c’è non il Diritto, ma la ragion di Stato, cioè la necessità inderogabile che uno Stato democratico risolva i suoi problemi in sospeso con chi voleva abbatterlo? Perché non si concede all’Italia quello che viene concesso nelle stesse ore persino ad un Erdogan nonostante che in quel caso sia un dittatore a imporre condizioni e terroristi siano definiti i curdi che da lui vogliono liberarsi? È l’Italia che non ha potere contrattuale o c’è qualcosa d’altro? E si può firmare un trattato di collaborazione con uno Stato vicino, come abbiamo fatto con la solita enfasi con quello del Quirinale, sfoggiando con la Francia una stretta collaborazione in sede internazionale, e permettere poi di essere trattati così in un caso che chiama in causa davvero la nostra sovranità nazionale?

Credo che solo Draghi possa dare una risposta a queste domande: rendersi conto delle contraddizioni e mettere con chiarezza le carte in tavola coi francesi. Qui non si tratta delle pure importanti competizioni commerciali e rivalità fra due Paesi, che pure ci hanno visto molto scettici sulla presunta “amicizia” francese nei nostri confronti. C’è qualcosa di più sostanziale in gioco. E probabilmente, come dicevo, tanti bari con le carte truccate. Non possiamo uscircene glissando, o con le solite inefficaci frasi di circostanza. Che poi i terroristi siano ormai vecchi e alcuni di loro si dicano pentiti, è questione del tutto diversa e irrilevante in questo caso.

Corrado Ocone, 30 giugno 2022

 

 

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